Clamidia, quella malattia a trasmissione sessuale che colpisce soprattutto le donne

Prurito o bruciore intimo, perdite particolari, dolore al basso ventre? Potrebbe trattarsi di clamidia, ma non sempre il nostro corpo prova dei sintomi riconoscibili. Vediamo allora di conoscere meglio questa infezione per scoprire come curarla.

Una delle malattie a trasmissione sessuale più note e diffuse è la clamidia, un’infezione che si presenta spesso senza sintomi, o con fastidi leggeri, ma che non deve essere trascurata. Nonostante la sua diffusione, infatti, non tutti sanno bene di cosa si tratta, come si contrae e i rischi di questa infezione. Vediamo insieme come riconoscerla e quali sono i trattamenti possibili, per evitare che insorgano complicanze, anche in gravidanza.

Cos’è la clamidia?

La clamidia è un’infezione di origine batterica causata da un microrganismo chiamato Chlamydia trachomatis, un parassita intracellulare obbligato. La clamidia è una malattia sessualmente trasmissibile, poiché il contagio avviene prevalentemente attraverso rapporti sessuali. Non si manifesta con particolari sintomi, che rimangono lievi, ma, se non trattata nel modo corretto, può provocare gravi conseguenze specialmente all’apparato riproduttivo femminile.

L’infezione colpisce infatti soprattutto le donne giovani e sessualmente attive, ma può essere contratta anche dagli uomini. La clamidia può essere pericolosa perché, come stima l’Istituto Superiore di Sanità, il 10-40% delle donne a cui non viene curata l’infezione da clamidia sviluppa la malattia infiammatoria pelvica (PID), causa di infertilità. Negli uomini, anche se non ancora medicalmente accertata, negli ultimi anni diversi studi sembrano confermare una correlazione tra infezione e sterilità.

I sintomi della clamidia

La clamidia è definita un’infezione a trasmissione sessuale silenziosa perché si manifesta nella maggior parte dei casi in maniera asintomatica, o con la presenza di sintomi leggeri che passano quasi inosservati. Tuttavia, esistono casi in cui compaiono, dopo un periodo di incubazione dal rapporto non protetto, dei segnali più o meno fastidiosi, che fungono da campanello d’allarme.
I sintomi più comuni sono:

  • prurito intimo;
  • dolore durante la minzione;
  • bruciore durante i rapporti;
  • dolore al basso ventre;
  • ingrossamento dei linfonodi inguinali;
  • perdite vaginali e uretrali;
  • comparsa di piccole chiazze rosse in rilievo sui genitali maschili e femminili;
  • febbre.

La trasmissione può avvenire durante un qualsiasi rapporto sessuale, e se la clamidia viene contratta durante un rapporto anale, può causare anche dolore alla zona rettale. È necessario rivolgersi al ginecologo o al proprio medico in qualunque caso si avvertano sintomi inusuali, per poter trattare in modo tempestivo l’infezione.

Clamidia: come si contrae e la diagnosi

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Fonte: Web

La trasmissione della clamidia può avvenire sostanzialmente in due modalità. La più comune e diffusa è attraverso un rapporto sessuale non protetto che può essere vaginale, orale o anale. In questo caso l’incubazione è di circa 7-10 giorni, dopodiché possono manifestarsi in forma più o meno lieve i sintomi precedentemente descritti. Il secondo tipo di contagio è durante il parto: una donna infetta, che ha contratto l’infezione prima o durante la gravidanza, può trasmetterla al neonato attraverso il suo passaggio nel canale vaginale.

La diagnosi della clamidia è importante per evitare complicazioni e viene effettuata solitamente attraverso due tipologie di semplici esami in laboratorio: un tampone cervicale o vaginale nelle donne, oppure uretrale o anale in entrambi i sessi e un campione delle urine. Oggi esistono test per l’analisi molto rapidi e con specificità che arriva quasi al 100%. Può capitare che la diagnosi sia più complicata e non si riesca a rilevare da questi esami, e di conseguenza si ricorre a una laparoscopia. Se il soggetto risulta positivo all’infezione da clamidia, è necessario che anche tutti i suoi partner sessuali a rischio effettuino il test.

Clamidia: cura e terapia

Se diagnosticata tempestivamente, la terapia per l’infezione della clamidia consiste nell’assunzione di un antibiotico. Quello più utilizzato dai medici è a base di azitromicina, con cui si curano solitamente le infezioni a livello genitale. In gravidanza invece la scelta ricade su antibiotici compatibili, primo fra tutti l’eritromicina. In tutti i casi il trattamento ha una durata di 5-7 giorni e deve essere somministrata non solo al paziente ma anche al partner sessuale.

Con alcuni accorgimenti è possibile inoltre prevenire il contagio del batterio: come accade per la maggior parte delle malattie sessualmente trasmissibili, il mezzo più efficace, anche se non protegge al 100%, è l’utilizzo di preservativi, specialmente quando si cambia partner sessuale. Per le donne che si trovano nel periodo fertile e di maggior attività sessuale, viene consigliato uno screening periodico.

Clamidia in gravidanza

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Fonte: iStock

Abbiamo detto che la clamidia può essere contratta anche in gravidanza, portando rischi per la madre e il feto. In gravidanza è ancora più difficile riconoscerla, poiché durante la gestazione è normale avere perdite di diverso tipo. La clamidia in gravidanza può determinare un aumento del rischio di aborto precoce, la rottura prematura delle membrane e di conseguenza un parto prematuro.

I rischi nel neonato durante il parto, attraverso quello che viene chiamato contagio verticale, sono infiammazioni all’apparato respiratorio, agli occhi e alle orecchie. Per quanto riguarda la madre, invece, la clamidia in gravidanza può causare endometrite post-partum, un’infezione all’endometrio che provoca malessere e febbre.

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