È stato messo a punto a Chicago un nuovo approccio per gli uomini gay e bisessuali con cancro alla prostata, in grado di tutelare queste persone dalle discriminazioni che spesso si verificano in ambito sanitario nei loro confronti.

A rivelarlo è il New York Times, che ha intervistato il dottor Channa Amarasekera, direttore del programma di Urologia maschile gay e bisessuale alla Northwestern Medicine di Chicago e autore del piano di cura urologica per i non eterosessuali. Si tratta di un campo di studio emergente ma estremamente rilevante per la medicina odierna, dato il  crescente numero di pazienti gay o bisessuali con cancro alla prostata.

“È molto importante rassicurare questi pazienti che il nuovo approccio garantisce un’assistenza medica migliore e più attenta ai loro bisogni fisici ed emotivi”, ha affermato il dottor Amarasekera. “Quando non si fanno le domande giuste o non si riferiscono nel dettaglio ai pazienti i potenziali effetti collaterali del trattamento che li riguarda, non si permette loro di prendere una decisione informata e consapevole”.

Jane Ussher, professoressa alla Western Sydney University School of Medicine in Australia che studia da 20 anni gli effetti del cancro alla prostata negli uomini gay, ha dichiarato al New York Times che la rimozione della prostata, con la parziale disfunzione erettile e la rilevante perdita dell’eiaculato possono rappresentare un grosso problema per gli uomini, cosa che gay e bisessuali hanno iniziato a lamentare.

“I pazienti gay e bisessuali riportano una preoccupazione significativamente maggiore per la perdita dell’eiaculato rispetto agli uomini eterosessuali”, ha affermato per esempio Ussher. “L’eiaculato visibile è erotizzato nel sesso tra uomini e aumenta considerevolmente la soddisfazione in entrambi i partner”.

Il dottor Amarasekera ha intervistato pazienti gay che nel complesso hanno affermato che la loro soddisfazione sessuale non è stata adeguatamente presa in considerazione durante il trattamento per il cancro alla prostata, pensiero condiviso anche dai pazienti eterosessuali. Sarebbe auspicabile, quindi, una maggiore attenzione alle complicanze psicologiche derivanti dalle disfunzioni sessuali che possono insorgere a seguito del trattamento del cancro alla prostata, siano i pazienti gay o eterosessuali.

Più che un approccio specifico in base all’orientamento, quindi, servirebbe che questa metodologia sia applicata a prescindere, in quanto le pratiche e le preferenze per la soddisfazione sessuale non sono standardizzate in categorie stagne “etero” o “gay”. È però anche certo che la medicina ha da sempre avuto molti problemi nel riconoscere e soddisfare le esigenze delle minoranze.

“Storicamente, il sistema medico ha sempre rispettato la regola del ‘non chiedere e non dire’, e questo è stato problematico”, ha detto il dottor Amarasekera. “Fortunatamente, sta avvenendo un cambiamento da questo punto di vista. I pazienti sono sempre più aperti su chi sono, non lo nascondono”.

Il problema, secondo gli esperti del settore, è che la ricerca sul cancro alla prostata negli uomini gay e bisessuali è ancora tristemente inadeguata.

“La maggior parte della ricerca sulla salute dei gay e dei bisessuali si è concentrata negli anni solo sulla cura dell’HIV, perché questo era il loro più grande killer”, ha detto Simon Rosser, professore di epidemiologia e salute della comunità presso l’Università del Minnesota, che ha condotto uno studio nel 2017 su uomini gay e bisessuali con cancro alla prostata.

“Solo ora che la generazione maggiormente colpita dall’AIDS è invecchiata e ha avuto problemi di salute come il cancro alla prostata, gli specialisti stanno iniziando ad avere pazienti dichiaratamente gay. Il problema è che non si sono formati su come trattare questo tipo di pazienti e su come offrire loro l’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno”, ha aggiunto il dottor Rosser.

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