Cos'è la battered woman syndrome, la sindrome della donna maltrattata
Quando si è ripetutamente vittime di abusi, si può verificare la battered woman syndrome: ecco di che cosa si tratta e i consigli per uscire dal circolo vizioso.
Quando si è ripetutamente vittime di abusi, si può verificare la battered woman syndrome: ecco di che cosa si tratta e i consigli per uscire dal circolo vizioso.
A volte, i casi di cronaca di rimandano alla cosiddetta sindrome della donna maltrattata – ossia la battered woman syndrome. Si tratta di un fenomeno conseguente agli abusi famigliari ricevuti da una donna, che apparentemente incassa i colpi duri ricevuti, ma in realtà è pronta a esplodere come una bomba a orologeria, anche facendo del male o uccidendo il suo carnefice.
Una delle ragioni per cui se ne parla è il fatto che in molti Paesi – anche tra i più moderni a livello di diritti umani – ancora non esiste una legislazione ad hoc che tuteli le donne da misure punitive e non le avvii invece a misure riabilitative e psicoterapiche.
Il termine – nato negli anni ’70 grazie alla psicoterapeuta Leonore Walker – ha iniziato a farsi strada negli anni ’90, a fronte di diversi casi di omicidio nel Regno Unito: diverse donne avevano ucciso il partner violento, come risposta a un abuso accumulato nel tempo. Come riporta Medical News Today, si voleva descrivere un modello di comportamento relativo a una persona che subisce abusi reiterati e che al tempo stesso cerca di sopravviverne.
La sindrome della donna maltrattata venne inizialmente ascritta a un sottotipo di disturbo post-traumatico da stress, e slegata da una precisa demografia di genere. Eppure i numeri parlano chiaro, tanto che secondo la National Coalition Against Domestic Violence, una donna su 4 e un uomo su 9 negli Stati Uniti subiscono violenze da parte del partner. E il 15% di tutti i crimini violenti coinvolge il partner.
L’abuso del partner può assumere molte forme. Tra le principali le molestie sessuali e lo stupro, lo stalking, la violenza fisica con conseguenti danni tangibili, il controllo coercitivo, la violenza economica. Il modus operandi della persona violenta si verifica in cicli: dapprima costruisce la tensione innescando piccoli conflitti quotidiani, mostrandosi trascurata o arrabbiata per giustificare se stessa, poi avviene l’abuso vero e proprio, quindi c’è la fase del rimorso, reale o apparente, in cui il partner violento ricostruisce la fiducia della persona abusata.
È chiaramente un circolo vizioso: alla fine la persona abusata perdona e torna a cadere nella trappola del suo carnefice che ricomincia il ciclo da capo.
La sindrome della donna maltrattata è una vera e propria condizione psicologica: la situazione di chi vive con un partner violento non è certo di felicità o sicurezza. I maschilisti dicono: e allora perché queste donne non se ne vanno, perché non lasciano il partner violento? Non è semplice: queste donne hanno paura, paura di non essere tutelate, paura di essere uccise, e a volte sono convinte di essere la causa dell’abuso, a causa proprio dei retaggi maschilisti.
Tra i sintomi della battered woman syndrome ci sono ansia e depressione, il fatto di sentirsi indifesa o imbarazzata per eventuali giudizi. Queste persone vivono nella negazione e sono innamorate della persona che sta abusando di loro, spesso sono imprigionate anche in retaggi morali o religiosi e non sono a conoscenza di qualcuno cui chiedere aiuto. Amici e famiglia in molti casi sono lontani, perché il partner violento ha già lavorato per alienare la donna da loro.
Si possono verificare anche disturbi del sonno, come incubi ricorrenti o insonnia, le donne abusate sono inoltre taciturne su quello che riguarda la loro relazione – in particolare sul lato degli abusi – provano rabbia, tristezza, disperazione e senso di inutilità, hanno attacchi di panico o flashback dell’abuso. Gli effetti di quest’ultimo sono evidenti sul piano fisico: ossa rotte, perdita di denti, lividi e ferite varie sono un campanello d’allarme che non va trascurato.
In molti casi non si può lavorare sulla prevenzione. Il mondo della psichiatria è diviso su questo punto: se da un lato c’è chi consiglia la terapia cognitivo-comportamentale di coppia, dall’altro c’è chi la sconsiglia perché potrebbe aumentare i rischi per il partner che sta subendo l’abuso.
Se sai di essere in una relazione abusiva e sei decisa a mettere fine a tutto, è bene che tu compia in segreto alcuni passi. Cerca un supporto legale o rivolgiti a uno dei tanti Centri Antiviolenza sul territorio italiano, prova a raccogliere e risparmiare denaro per quanto ti è possibile (ma evita di rischiare se è un fattore che può far scoprire i tuoi piani al partner violento), cerca di recuperare i rapporti con chi ti voleva bene e ti è stato alienato (genitori, fratelli, amici).
Durante le terapie per il recupero ci si concentrerà sul modo in cui l’abuso ha avuto un impatto su di te, soprattutto sul fronte dell’autostima. Dovrai affrontare la psicoterapia per la valutazione delle conseguenze emotive. Potrebbero esserti prescritti dei farmaci contro ansia e depressione o insonnia. Sul piano fisico dovrai affrontare le cure di routine per rimettere in sesto anche il tuo corpo oltre che la tua mente.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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