"Quando mi hanno detto: suo figlio ha la sindrome dello spettro autistico"

È così che è iniziato il nostro viaggio nell’autismo, quello di Francesco soprattutto, quello in cui, da mamma, lo accompagno. Ho pensato che scriverne potesse aiutarmi a mettere ordine nei miei pensieri, a trovare delle persone che, come me, hanno vissuto o stanno vivendo quest’esperienza.

Siete sedute nell’ufficio della neuropsichiatra della vostra Asl. È la seconda volta che la incontrate. Con lei ci sono due esperte, che in realtà per voi e per vostro figlio sono due sconosciute. Non si sono neppure presentate. Fanno una visita a lui molto superficiale, mentre ha la febbre e quella mattina il pediatra «l’ha punto» per eseguire un esame del sangue alla ricerca di infezioni batteriche. È ben oltre l’ora di pranzo, lui è stanchissimo. È allora che arriva come una coltellata:

Iniziamo a chiamare le cose con il loro nome. Suo figlio ha la sindrome dello spettro autistico.

Cadete dalle nuvole. Perché l’aveva già ventilato una neuropsichiatra in precedenza e aveva passato la palla a questa nuova. Perché nel frattempo avete letto, vi siete documentate, ne avete parlato con l’amica musicoterapeuta o con la psicologa che fa al bambino esercizi logopedici e terapia cognitivo-comportamentale.
Cadete dalle nuvole. Perché sindrome dello spettro autistico significa tutto e non significa niente.
Significa dei sintomi che voi riuscite a ravvisare in tantissime persone che sono intorno a voi.

È così che è iniziato il nostro viaggio nell’autismo, quello di Francesco soprattutto, quello in cui, da mamma, lo accompagno. Ho pensato che scriverne potesse aiutarmi a mettere ordine nei miei pensieri, a trovare delle persone che, come me, hanno vissuto o stanno vivendo quest’esperienza. All’inizio non capivo ancora se mio figlio fosse davvero autistico e cosa questo significasse.

A due anni e mezzo il pediatra ha capito che dovevamo fare dei test perché parlava pochissimo. A scuola, all’inizio, è stato un dramma, inoltre in seguito ci siamo trasferiti in un’altra città.
Francesco ha affrontato i test prima, ora affronta le terapie, in cui dimostra di essere un bambino intelligente.
Troppo intelligente mi dicono, come se questo fosse una colpa.

L’iter è iniziato a settembre 2018, quando il pediatra ci ha preso il primo appuntamento con una neuropsichiatra. Vivo in una provincia d’Italia in cui ci sono pochissimi neuropsichiatri infantili a fronte di migliaia di pazienti. Ho contattato un centro specializzato e pubblico per prenotare una visita, ma non si sono neppure degnati di rispondermi se risultasse o no una mia prenotazione. È in questi casi che mi ritrovo a dare di matto. Mi sento abbandonata da quelle istituzioni, da quello Stato da cui ho sempre pensato sarei stata tutelata.

Eppure mi ritrovo a battagliare per l’istruzione e la salute dei figli.

Questa è stata una delle parti peggiori. Avevo e ho una serie di domande, pratiche, tangibili, ma che restano senza risposte. Siamo all’assurdo perché la domanda è in molti casi semplice: in quale ospedale eseguono questi esami?

Oppure: quant’è lunga la lista d’attesa?
E infine: esistono dati effettivi sulla sindrome dello spettro autistico che non riguardino la discrezionalità di un singolo medico? Mentre mi facevo queste domande, nessuno si è degnato di rispondermi. Non il pediatra, fagocitato dalle visite. Non alla Asl, dove al Centro Unico per le Prenotazioni dicevano di non sapere nulla. O che determinate visite ed esami si possono fare solo a pagamento.

Ho pianto per due giorni quando ho sentito per la prima volta il termine autismo associato a mio figlio.
Non perché io abbia paura di un’etichetta. Anzi non mi spaventa usare queste parole, parlarne con gli amici, anche se magari non tutti comprenderanno.
Ho paura del futuro.

Mio figlio potrà avere un giorno una vita normale? Potrà studiare se lo vuole, lavorare? Potrà guidare l’automobile o la motocicletta? Potrà avere tanti amici? Potrà innamorarsi? Potrà essere indipendente quando io non ci sarò più? C’è solo una cosa di cui sono certa in questo momento: amo il mio bimbo dolce e questo nessuno me lo potrà mai togliere. A differenza di tanti suoi coetanei presunti autistici, Francesco presenta un sorriso contestualizzato. E quando lui ride, il mio cuore fa altrettanto.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!
  • Mio figlio è un re