“Quanto sei bello, Francesco.”

Sono le parole di Sofia, quando lo guarda negli occhi. Lui la abbraccia, le bacia le mani. Non sempre ce la fa a sostenere il suo sguardo, come non sostiene il mio o quello degli altri (anche se facciamo un sacco di esercizi per il mantenimento del contatto visivo, perché la caratteristica è molto comune nell’autismo).

Francesco ha una passione per le bambine: loro lo fanno giocare, lo trattano bene. Nel mondo dei maschietti non è sempre facile inserirsi. Lui ci prova a giocare a pallone con loro, a saltare sul tappeto elastico, ma loro sono sempre più veloci, e anche se cerca di inserirsi Francesco ha una specie di pudore. Con le femmine è diverso: condividono i peluche, lo coinvolgono con i puzzle. E quando giocano a nascondino, le femmine lo prendono per mano e corrono insieme a lui.

Nelle scorse settimane Francesco si è avvicinato a un vecchio telefono che il mio compagno tiene nell’ingresso come ricordo di suo padre. Ha preso la cornetta, ha finto di comporre un numero. E poi:

Ciao Sofia, come stai? Qui tutto bene.

Nel periodo di auto-isolamento a volte abbiamo fatto delle videochiamate con Sofia. Tanto che una volta gli ho fatto vedere un video che la mamma di Sofia aveva pubblicato sui social e Francesco ha iniziato a parlare con il video, credendo fosse una chiamata. Certe volte provo a immaginare come sarà il futuro. Ho visto questo film meraviglioso che si intitola Se ti abbraccio non avere paura, che parla di un giovane con autismo, Andrea che con il papà fa un viaggio da Castelfranco Veneto al deserto del Marocco. Nel film, il padre si chiede come sarebbe la vita di Andrea se avesse un amico.

Io mi chiedo se Francesco e Sofia resteranno amici per tutta la vita. Sarebbe davvero un grande conforto pensare che ci sarà qualcuno che gli sarà sempre vicino, anche quando noi non ci potremo essere. Ma forse questo è un pensiero che tutti i genitori fanno quando vedono i figli crescere e immaginano come saranno circondati da amici.

Ho paura che non sarà facile, mano a mano che Francesco cresce. Se lui e Sofia cresceranno insieme, può darsi che lei comprenda più facilmente. Ma troverà altri amici, troverà altro sostegno? Francesco e Sofia si conoscono da poco meno di un anno. Si sono subito trovati simpatici. Durante l’auto-isolamento, Sofia ha perfino chiesto se Francesco potesse andare a casa sua per fare la lezione di danza in videoconferenza insieme a lei. All’inizio, quando si sono conosciuti, Francesco parlava pochissimo, un centinaio di parole singole al massimo, e allora Sofia mi ha chiesto:

Non parla. Perché non parla? È piccolo? No, è grande, e allora perché non parla?

Mi si è spezzato il cuore in quel momento. Mi sono resa conto di quanto il mio bimbo, senza il linguaggio, sarebbe stato incompreso di fronte a tutti gli altri, al di fuori della famiglia. Ora le cose sono un po’ cambiate, anche se i discorsi non sono certo lunghi e complessi. Però riesce a comunicare con Sofia, non solo attraverso i baci e le carezze. E mi chiedo se questo cambierà le cose anche con i maschietti, se la comunicazione non sia la chiave per permettere agli altri di amarlo come lo amo io (be’, sicuramente non proprio così, ma comunque di volergli bene, di essergli amici).

I genitori sognano molte cose per i loro figli. Sognano l’università, il lavoro che faranno da grandi, il loro matrimonio. Sognano i viaggi, le storie d’amore. Anche io sogno tutto questo. Ma alla fine mi emoziono per una serie di cose che forse per gli altri sono insignificanti. Come quando Francesco mi dice a sorpresa i numeri in inglese da 1 a 10. O quando i suoi scarabocchi prendono un po’ d’ordine e appaiono quasi come un disegno compiuto. E finisco per chiedermi se i miei sogni non siano sciocchi, se la nostra necessità non sia invece vivere appieno questo presente, aiutare Francesco a crescere. E poi si vedrà.

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