Anger Management: come apprendere la gestione della rabbia e i segnali da non sottovalutare

Ira e aggressività potrebbero deteriorare la nostra qualità della vita: allora si parla di Anger Management o gestione della rabbia. Da cosa dipende il fenomeno e in cosa consiste il percorso terapeutico.

Avete mai sentito parlare di Anger Management, ovvero gestione della rabbia? Si tratta di un percorso terapeutico che mira a comprendere le molteplici cause dietro ai problemi di ira. Questi problemi vanno opportunamente individuati: la rabbia esiste, è un’emozione che non possiamo cancellare, ma ci sono delle situazioni in cui la rabbia diventa un problema con cui fare i conti.

Quando la rabbia diventa un problema

Come per tutte le problematiche psicologiche anche questa diventa un’istanza da affrontare nel momento in cui presenta ricadute negative sulla nostra vita di coppia o di famiglia, nelle nostre relazioni sociali, nel contesto lavorativo. O, più in generale, nel complesso della qualità della vita. Non si tratta quindi semplicemente di un momento di ira e frustrazione, ma di atteggiamenti, sentimenti e pensieri rabbiosi che durano nel tempo e che producono delle conseguenze. Una situazione, in altre parole, in cui si parla di Anger Issues, e in un secondo momento di Anger Management ossia gestione della rabbia.

Le cause e i segnali di Anger Issues

La definizione di Anger Issues è data dalla psicologa e psicoterapeuta Bianca Rapini sul sito di Santagostino:

L’espressione anger issues in psicologia si riferisce alla condizione in cui la persona ha difficoltà a gestire e controllare la rabbia in modo sano e adeguato.

Tutti e tutte possiamo provare rabbia – che è un’emozione che atavicamente rappresenta una risposta evolutiva all’istinto di fuga o lotta – ma è il modo in cui incanaliamo ed esprimiamo la rabbia che può diventare ragione di approfondimento. Sempre Santagostino ma anche PrioryGroup spiegano quali possano essere i campanelli d’allarme per le Anger Issues, ovvero:

  • scatti di ira intensi;
  • perdita di controllo;
  • impulsività;
  • aggressività esteriore o interiore, ovvero episodi di autolesionismo;
  • episodi di paranoia o di estrema insicurezza nei confronti delle persone vicine;
  • manie di controllo verso persone e cose che non dipendono da noi;
  • eccessi nelle lamentazione o nell’autocritica;
  • mal di testa;
  • palpitazione cardiaca;
  • eccessiva sudorazione;
  • ansia e attacchi di panico.

L’ansia può essere sia una red flag che la causa, e alle cause possono essere aggiunti diversi altri disturbi mentali, come la depressione, il disturbo esplosivo intermittente, il disturbo oppositivo-provocatorio. Tra le cause però si segnalano anche esperienze traumatiche passate, modelli negativi di apprendimento emotivo o disfunzioni neuropsicologiche. La diagnosi avviene attraverso questionari e test, che servono al terapeuta per capire l’intensità della rabbia, lo stato delle Anger Issues, il retroterra e l’istinto alla reazione rabbiosa di una persona.

Cos’è l’Anger Management/gestione della rabbia e come funziona

Dopo la diagnosi, si passa all’Anger Management, il cui significato è spiegato dalla stessa Rapini:

Il termine Anger Mmanagement si riferisce a un particolare tipo di intervento psicologico che si concentra sulla gestione e il controllo della rabbia. L’obiettivo principale dell’anger management è quello di aiutare le persone a riconoscere i segnali fisici e mentali della rabbia, in prima battuta, e ad apprendere quindi delle tecniche di regolazione emotiva.

Ci sono diverse tecniche usate per l’Anger Management o gestione della rabbia. Tra esse la più conosciuta è probabilmente la terapia cognitivo-comportamentale, ma c’è anche chi utilizza la mindfulness a questo scopo. In generale però il protocollo più diffuso è quello sviluppato nel 1997 da Di Giuseppe, Brondolo e Tafrate, i quali nel paper dal titolo Exposure-based treatment for anger problems: Focus on the feeling spiegano come “l’esposizione e la prevenzione della risposta possono essere efficacemente integrate con altri approcci cognitivo-comportamentali nel trattamento dei problemi di rabbia”.

Questo protocollo si basa moltissimo sulle azioni del terapeuta, impegnato o impegnata fin dal primo momento a stabilire l’empatia sulla persona che si è rivolta a lui o lei, validare le sue emozioni, identificare e valutare gli stimoli scatenanti, nonché gli schemi attraverso cui può essere messa in atto una ristrutturazione cognitiva. Fanno parte del protocollo azioni più tecniche, ma anche altre più comprensibili anche ai non addetti ai lavori, come esercizi di rilassamento, ascolto attivo e assertività.

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