Non tutti possiamo definirci grandi amanti della musica, eppure diamo per scontato che ognuno di noi sia in grado di distinguere un brano di Mozart da un assolo di chitarra rock, di apprezzare almeno i grandi maestri e grandi classici di ogni epoca o di godersi un concerto.

Eppure, per qualcuno non è così semplice. Per chi soffre di amusia, infatti, anche comprendere la musica è impossibile, al punto che ascoltarla può trasformarsi da un piacere a un fastidio.

Amusia: significato e definizione

Il termine amusia deriva dal greco ἀ-μουσία [a-musìa], ovvero mancanza di armonia, è viene utilizzato per descrivere una

forma di sordità psichica, consistente nella perdita della capacità di riconoscere il valore dei suoni musicali.

Questa patologia non ha niente a che vedere con le persone stonate: queste, infatti, non riescono ad emettere correttamente le note, spesso più per mancanza di tecnica che per vera e propria incapacità, mentre gli amusici non riescono né a comprendere né a eseguire la musica, che in alcuni casi può essere percepita addirittura come sgradevole.

Le cause dell’amusia

Si stima che circa il 4% della popolazione si affetto a vari livelli da questo disturbo, che non è legato a un problema di udito – gli amusici, infatti, riescono a sentire correttamente i suoni, pur senza riuscire a distinguere le varie tipologie di musica – ma a problemi di origine cerebrale o degli organi uditivi.

Questi possono essere già presenti alla nascita (e quindi congeniti, dovuti a fattori genetici) o acquisiti in seguito, come conseguenza – ad esempio – di traumi cerebrali a carico del lobo frontale o temporale, oppure della corteccia uditiva.

Sono stati fatti numerosi studi per capire a cosa sia legata l’amusia congenita: il problema sembra essere legato ad un deficit funzionale del sistema fronto-temporale destro che presenta una riduzione della sostanza bianca a livello del fascicolo arcuato destro. Le persone con questa caratteristica non riescono a elaborare l’altezza dei suoni – in particolare se inferiori a due semitoni – e, quindi, non solo non riescono a comprendere se qualcuno sia intonato o meno, ma hanno difficoltà nel riconoscere e cantare una melodia – anche familiare – se non aiutandosi con le parole.

Tipologie di amusia

Come abbiamo visto, l’amusia può essere congenita o acquisita: nel secondo caso, si tratta di una patologia non presente alla nascita che provoca difficoltà nel comprendere, eseguire ed apprezzare la musica.

Per questo, a sua volta l’amusia acquisita può essere distinta in:

  • Amusia espressiva: indica la perdita della capacità di esprimersi musicalmente;
  • Amusia recettiva: indica la perdita della capacità di ricordare e riconoscere le melodie.

In alcuni casi, quindi, le persone riescono ancora a percepire la musica, ma non sono più in grado di cantare o suonare; nell’altro, non riescono più a riconoscere le melodie e, nei casi estremi, possono addirittura non riuscire a sentirle o a percepirle come irritarti invece che come piacevoli.

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Le conseguenze dell’amusia

Io, per esempio, ho bisogno di concentrarmi molto per far emergere la musica dal rumore di fondo. Non canto, non suono, non ballo. Ci sono canzoni che per qualche ragione mi colpiscono, ma non potrei mai canticchiarle: per questo ricordo le parole come se fossero poesie.

La filosofa Ilaria Gaspari ha racconto a Il Messaggero cosa significa essere amusici, ponendo lo sguardo su cosa rappresenti questa patologia per chi ne soffre e su cosa voglia dire vivere una vita senza musica, mentre tutti gli altri sentono cose che tu non riesci a sentire:

Per molti anni, naturalmente, ho ignorato di essere amusica: ignoravo che ci fosse un nome da dare al senso di inadeguatezza che mi prendeva quando c’era di mezzo la musica. Perché la storia della mia amusia in fondo racconta, soprattutto, quanto sia importante la musica nell’esperienza di vita di tutti – anche di chi non riesce a sentirla come gli altri.

Gesti semplici come tenere il ritmo applaudendo, suonare uno strumento a scuola, cantare nel coro o ballare sono piccoli grandi ostacoli per chi è amusico: basta pensare che Oliver Sacks racconta che Che Guevara, affetto da amusia come Sigmund Freud e l’ex presidente USA Ulysses Grant, una volta si sia lanciato in un tango mentre in sala si suonava una samba.

Le conseguenze dell’amusia, però, possono essere anche più gravi e, come per gli altri disturbi dell’apprendimento, possono influire negativamente sull’apprendimento e sulle abilità sociali, come segnala Giuseppe Toto in un articolo dedicato proprio all’amusia e alla necessità di richiamare l’attenzione su questo deficit per poter individuare strumenti diagnostici e strategie riabilitative:

Secondo una visione tecnicistica ed utilitaristica, le abilità musicali sono considerate non indispensabili alla conduzione di attività quotidiane o inferiori rispetto a capacità cognitive basilari come il parlare o lo scrivere. Ne consegue che, nella gerarchia dei disturbi, sono considerati peggiori quelli che invalidano le funzioni cognitive primarie rispetto ad abilità meno spendibili nella vita quotidiana. Tale visione, tuttavia, può essere messa in discussione adottando una prospettiva meno medicalizzata e più olistica. Ad esempio, in uno studio del 2008, Milovanov et al. dimostrano come un migliore apprendimento nelle lingue straniere presagisca una maggiore attitudine musicale nei bambini di scuola elementare. La stessa ricerca postula la possibilità, in corso di verifica sperimentale, che le competenze musicali e linguistiche siano in parte elaborate su meccanismi neurali condivisi.

L’amusia, però, potrebbe non essere una condizione definitiva, se trattato nell’infanzia: alcuni studi – tra cui quello di Schlaug risalente al 2015 – hanno infatti

documentato il completo recupero di questo deficit nei bambini, diversamente dagli adulti, se opportunamente e preventivamente diagnosticati e trattati.

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