Afantasia: se non sei capace di immaginare e sognare forse ce l'hai

Hai mai avuto difficoltà a immaginare qualcosa che ti venisse chiesto, non riesci a sognare? Forse soffri di afantasia, una condizione su cui la scienza sa ancora poco, che colpisce una piccola percentuale di popolazione.

Dagli studi emerge che circa il 3% della popolazione soffre di afantasia, una condizione che non permette di formare nella propria mente immagini visive. L’incapacità insomma di immaginare qualsiasi cosa, una sorta di cecità mentale.

Non è considerata una patologia, anche perché non si conoscono ancora le cause precise, e chi presenta afantasia riesce a condurre una vita pressoché normale. Tuttavia, quando ci si accorge di soffrirne può essere molto fastidiosa.

Vediamo di cosa si tratta e se esiste un rimedio all’afantasia.

Cos’è l’afantasia?

Il termine “afantasia” deriva dal greco a-phantasia, ovvero la mancanza di fantasia, intesa come la capacità del cervello di immaginare. È quindi l’incapacità di creare immagini visive mentali. Questo nome è stato coniato nel 2016 dallo psicologo e professore Adam Zeman all’Università di Exeter, nel testo riguardante l’afantasia congenita.

In realtà, già alla fine dell’800, l’intellettuale Francis Galton aveva fatto un esperimento tra i suoi conoscenti, arrivando a comprendere come la capacità di immaginazione visiva non fosse immediata e semplice per tutti. E che qualcuno addirittura ritenesse impossibile per la propria mente ricreare un’immagine.

Per secoli la scienza si è occupata poco dell’afantasia, tornata ad essere fonte di ricerca solamente qualche anno fa. Uno degli studi finora più completi è quello pubblicato su Scientific Reports, che ha rilevato sintomi che si manifestano in concomitanza con la mancanza di creare immagini visive. Le persone che presentano afantasia mostrano innanzitutto una ridotta capacità sensoriale, che sia olfattiva, uditiva, tattile e anche emozionale.

Inoltre, lo studio si è concentrato sulle capacità cognitive legate non solo all’immaginazione ma anche alla memoria. Le persone con afantasia non riescono a sognare o a ricordare i sogni, e se lo fanno, questi non sono nitidi e dettagliati, ma molto approssimativi. Questa difficoltà di memoria si ritrova anche nella vita reale: le persone che hanno afantasia hanno riportato una diminuzione nella capacità di ricordare eventi del passato, e l’incapacità di immaginare il futuro.

Le cause dell’afantasia

afantasia
Fonte: Web

Le cause dell’afantasia non sono oggi conosciute in maniera certa. Grazie ai test scientifici effettuati, e che continuano ad essere fatti, si può intuire quale parte del cervello è implicata nella presenza o meno di immaginazione. Prima di capire meglio i processi cerebrali coinvolti, è bene sapere che, sia da Zeman che dagli studiosi che l’hanno seguito, è emerso come l’afantasia abbia origini diverse. Esiste infatti l’afantasia congenita, che si presenta in una persona fin dalla nascita, quella connessa a patologie pregresse, oppure legata a interventi chirurgici.

Si è visto un legame dell’afantasia con altre condizioni neurologiche che riguardano la percezione e la sensorialità, come la sinestesia, ossia una difficoltà e confusione nella percezione degli stimoli, e la prosopagnosia. Si pensa quindi che la causa sia da ritrovarsi nel funzionamento dei circuiti cerebrali della corteccia frontale che riguardano la creatività e la memorizzazione. In particolare, le aree coinvolte quando si vede qualcosa e il cervello immagazzina la sua immagine, per poi andare a riprenderla al momento di ricordare.

Chi soffre di afantasia non riesce a sviluppare allo stesso modo questo processo, chi proprio non ne è capace e chi invece fa molta fatica.

Iperfantasia e afantasia

Così come esiste ed è riconosciuta l’afantasia, esistono persone che presentano invece iperfantasia. Si tratta della condizione opposta, ovvero una capacità superiore alla media di immaginare. Questa realtà può essere più o meno importante nella vita di una persona. Infatti, c’è chi semplicemente si rende conto di avere una grande abilità a creare immagini visive, a ricordare, a sognare. Chi ha iperfantasia spesso mostra anche segni di ipertimesia, la facoltà di ricordare ogni cosa.

Quando invece l’iperfantasia si presenta in gradi elevati, può portare alcuni problemi nella vita. Si parla in questi casi di Disturbo da Fantasia Compulsiva. Una patologia non ancora segnalata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), ma sempre più studiata, per essere compresa meglio. Chi ne soffre, non riesce a resistere all’impulso di perdersi tra i pensieri e l’immaginazione, in qualsiasi momento della giornata. Anche purtroppo quando dovrebbe invece concentrarsi.

Riuscire a sognare, immaginare una realtà alternativa è uno dei metodi che ha il cervello per allontanarsi dallo stress e dai problemi quotidiani per qualche minuto. È quindi utile come arma di difesa per il benessere di tutto il corpo. Ma in presenza di iperfantasia si rischia di arrivare a non differenziare la realtà dall’immaginazione, a essere costantemente distratti e con la testa fra le nuvole.

Esiste una cura per l’afantasia?

Come abbiamo detto, le ricerche sull’afantasia sono ancora in corso, la medicina e la scienza non hanno ancora trovato risposte nemmeno su eventuali cure. Non esistono infatti trattamenti per questa condizione, non ancora considerata una vera e propria malattia. Quanto più un’alterazione del cervello, che necessita ancora di molto studio prima di saperne di più. Essendo forse legato al sistema di memoria, studiare tecniche di memorizzazione potrebbe aiutare a sviluppare meglio questa parte del cervello, ma non esistono prove e studi scientifici a riguardo.

Nella maggior parte dei casi, chi soffre di afantasia se ne accorge in età adulta, e non la ritiene una mancanza o fonte di sofferenza particolare. C’è chi invece dichiara di sentire che manca qualcosa, trova fastidiosa e limitante la propria incapacità di immaginare, come fanno le altre persone.

Sicuramente, la curiosità sul funzionamento del cervello e sui particolari sintomi di questa condizione, fanno sì che gli studi sull’afantasia continueranno, e si potrà magari arrivare a metodi che aiutino a sviluppare l’immaginazione.

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