Nel 2020 alcuni ricercatori hanno dimostrato che una singola mutazione in un gene chiamato UBA1 potrebbe causare una malattia infiammatoria precedentemente sconosciuta, che hanno chiamato Vexas.

Vexas è l’acronimo di “vacuoles, E1 enzyme, X-linked, autoinflammatory, somatic”, alcune delle caratteristiche chiave della malattia (vacuoli, enzima E1, ereditarietà X-linked, autoinfiammatorio, somatico). Il primo studio sulla Vexas è stato pubblicato sul The New England Journal of Medicine, la rivista medica più prestigiosa degli Stati Uniti, ma inizialmente non ha fatto preoccupare eccessivamente i medici. Molti credevano, infatti, che si trattasse di una malattia rara.

Di recente, però, uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association ha rivelato che i casi di Vexas potrebbero non essere poi così rari. Passando al setaccio un database genetico della Pennsylvania, i ricercatori hanno trovato 11 persone affetti da questa malattia, pari a un tasso di circa 1 su 4.000 negli uomini sopra i 50 anni.

Se i dati fossero confermati su un campione più largo, ciò renderebbe la Vexas più comune della SLA. Questa malattia presenta gli stessi sintomi di molte altre patologie: febbre alta, infiammazione diffusa, affaticamento intenso. Per capire se ne erano affetti, i pazienti sono stati isolati in diverse categorie diagnostiche. Si è quindi giunti alla conclusione che i pazienti affetti da Vexas erano stati precedentemente classificati come affetti da condizioni come vasculite, psoriasi e persino leucemia.

Come il cancro, la Vexas è causata da quella che gli scienziati chiamano “mutazione somatica”, una mutazione genetica che si sviluppa nel corpo di una determinata persona. Poiché le mutazioni somatiche compaiono solitamente tardi nella vita e colpiscono solo una frazione delle cellule di una persona, è difficile per gli studiosi identificarle.

Passi avanti in questo senso sono stati fatti da David Beck, un assistente professore di medicina alla New York University, che ha identificato un processo cellulare noto come ubiquitilazione, in cui le proteine ​​sono marcate con un’altra proteina chiamata ubiquitina. Si tratta di un processo cellulare fondamentale con conseguenze ad ampio raggio. Ricerche precedenti hanno dimostrato che i problemi di ubiquitilazione possono causare malattie infiammatorie.

Tuttavia, anche in questo caso è tutt’altro che semplice identificare una persona affetta da Vexas. I sintomi, infatti, sono così variegati che giungere a una corretta diagnosi è davvero difficile. In questo momento, l’unica cura per la Vexas è un trapianto di midollo osseo, una procedura che comporta rischi elevati.

La buona notizia è che il compito di scoprire le malattie genetiche sta solo diventando più facile man mano che il sequenziamento genico diventa sempre più economico ed efficiente. E la scoperta del Vexas è un segnale importante che la ricerca di mutazioni genetiche comuni tra persone con un’ampia varietà di sintomi diversi è una strategia fruttuosa.

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