In un periodo storico caratterizzato da numerose polemiche riguardo omosessualità e transessualità, ecco arrivare un’innovazione farmaceutica destinata a far parlare per lungo tempo. Si tratta di un farmaco creato per la cura del tumore al seno e alla prostata ma che, se utilizzato in maniera differente, può inibire la pubertà in bambini che presentano disforia di genere.

Il 25 febbraio scorso l’Agenzia Italiana del Farmaco ha permesso gli aumenti della sua prescrizione e la sua rimborsabilità; sarà quindi a carico della Sanità Nazionale. Il farmaco, chiamato comunemente triptorelina, per via dell’omonima molecola in grado di agire sul sistema endocrino e di bloccare la pubertà, è stato approvato dal Comitato Nazionale per la Bioetica in un documento ufficiale, dove comunque si consiglia un approccio prudente, la prescrizione solo in caso di fallimento di tutti gli altri interventi, consenso libero e informazione completa di chi decide di utilizzarlo.

La sua utilità, oltre che su un piano fisico, si riversa anche sul piano psicologico. La disforia di genere consiste nel non riconoscimento del proprio genere sessuale di nascita, condizione che causa sofferenza e disagio soprattutto nel periodo dell’adolescenza, momento in cui il corpo cambia prendendo una direzione non desiderata. Come riporta il DSM, giunto alla sua quinta edizione, la disforia di genere non è una malattia mentale perché non riguarda l’identità della persona, ma il suo umore. Comporta, però, un’elevata sofferenza e la possibilità di sviluppare malattie come la depressione, ansia e disturbi dell’emotività. Questo non perché la transessualità sia di per sé correlata alle altre malattie ma principalmente a causa della pressione sociale e della discriminazione.

La triptorelina, dunque, servirebbe per consentire ai preadolescenti di prendere il tempo necessario per riflettere su se stessi e decidere il proprio percorso di vita, senza veder cambiare il proprio corpo in maniera indesiderata. Inibisce la crescita del seno e ferma lo sviluppo delle mestruazioni nel corpo femminile ed evita l’abbassamento della voce, la crescita dei peli e lo sviluppo testicolare nel corpo maschile. Il trattamento inoltre è reversibile, quindi se interrotto tutto comincia a svilupparsi. Non si tratta, quindi, di un medicinale legato al cambio di sesso. La sua prescrizione, inoltre, è consentita solo in casi selezionati, che seguono le linee internazionali stabilite, secondo una procedura complessa.

Le polemiche, trattandosi di un farmaco riservato ai minorenni, sono arrivate velocemente da parte della destra conservatrice, delle associazioni cattoliche e del senatore leghista Simone Pillon. Polemiche correlate da false informazioni sull’uso del farmaco utilizzato per “bombardare i bambini” come detto da Pillon, che ha paragonato questa pratica a quelle naziste.

Non esiste che in nome del gender i bambini vengano bombardati con farmaci inibitori di testosterone studiati per il tumore alla prostata, con gravissimi effetti collaterali, bloccando il naturale ciclo della pubertà e con l’impossibilità, poi, di poter tornare indietro. Neppure i nazisti del dott. Mengele erano arrivati a tanto.

Affermazioni forti che, probabilmente, non fanno che incrementare il disagio di chi questa condizione la vive quotidianamente, creando un clima che aggrava la già complessa vita delle persone transessuali. Nessuno vuole “in nome del gender”(ideologia inesistente) bombardare bambini con la triptorelina ma solo limitare la sofferenza del vivere in un corpo che non riconosce, permettendo la libertà di scelta su come condurre la propria vita e su chi ci si sente di essere, senza che siano altri a farlo. Chi vorrebbe vedere il proprio figlio o figlia soffrire?

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