Il medico slow è quello che ascolta il paziente, che lo coinvolge nelle decisioni da prendere, che lo incoraggia a fare domande per capire meglio, che stacca il cellulare per dedicargli il suo tempo. Questo perché come spiega Giorgio Bert, uno dei soci fondatori di Slow Medicine: “La conoscenza è prima di tutto conoscenza di sé, dei propri pregiudizi, della proprie convinzioni, delle proprie presunte certezze. Il medico slow conosce, o si sforza di conoscere, innanzi tutto se stesso”.

Non solo conoscenza scientifica insomma (ovviamente necessaria), ma anche attenzione al paziente in quanto persona, perché: “La tecnica da sola, per quanto raffinata e sofisticata, è fast; la tecnica accoppiata alla conoscenza di sé e al rispetto della persona e della sua irripetibile complessità è slow“.

Cosa si intende per slow medicine?

Slow Medicine è un’idea, è una rete di persone che condividono valori e principi che si possono sintetizzare in 3 parole: sobrietà, rispetto e giustizia. I soci fondatori, tutti provenienti da esperienze diverse e diverse competenze all’interno del sistema sanitario, hanno sviluppato un pensiero e una ricerca su questo sistema, dal punto di vista organizzativo, strutturale, metodologico, economico, comunicativo. Tutti aspetti essenziali da tenere in considerazione, per garantire un servizio sanitario di qualità per i cittadini.

Nella rete ciascuno contribuisce con il proprio pensiero ed è una rete in continuo movimento, che coinvolge medici, associazioni di professionisti, cittadini, associazioni di pazienti e di familiari. Lo si può considerare un laboratorio di progettazione di buone pratiche di aiuto e di cura.

Per definizione, infatti, Slow Medicine è proprio “una rete di idee in movimento, che si avvale della prospettiva sistemica, del counseling, della medicina narrativa, dei principi del design, dell’educazione degli adulti e degli strumenti per la qualità per attivare momenti di confronto, partecipazione e progettazione collaborativi fra operatori e cittadini interessati alla propria salute, e per realizzare in concreto una modalità di cura più sobria, più rispettosa, più giusta”.

Valori e principi della slow medicine

slow medicine
Fonte: iStock

Il principio teorizzato dalla slow medicine è un modello di salute sobrio, rispettoso e giusto.

Ma che vuol dire medicina sobria? Significa agire con moderazione, gradualità e essenzialità, utilizzando senza sprechi le risorse disponibili, rispettando l’ambiente e salvaguardando l’ecosistema.

E che vuol dire medicina giusta? La Slow Medicine promuove la prevenzione, la tutela della salute e la somministrazione di cure appropriate e adeguate al paziente e alle circostanze. Ovviamente, una medicina giusta è anche quella a cui possono accedere tutti, senza distinzioni, favorendo lo scambio di informazioni tra professionisti e garantendo l’accesso ai servizi socio-sanitari senza disuguaglianze.

Una medicina rispettosa, infine, è quella che accoglie e tiene in considerazione i valori, le preferenze e gli orientamenti del paziente, incoraggiando il dialogo con il medico e una comunicazione onesta e attenta tra i due.

Nel manifesto della Slow Medicine si leggono tre principi fondamentali, che si accompagnano a questi tre valori sopra citati e che li spiegano meglio:

  • fare di più non vuol dire fare meglio;
  • cure appropriate e di buona qualità per tutti;
  • valori, aspettative e desideri delle persone sono diversi e inviolabili.

Slow medicine: pareri contrari

Ivan Cavicchi, docente all’Università Tor Vergata di Roma, esperto di politiche sanitarie e Filosofia della medicina, ha posto alcuni dubbi in merito al progetto Slow Medicine e all’iniziativa Choosing Wisely.

Non è convinto dell’assoluta positività di questa “medicina amministrata“, infatti ha scritto su Quotidiano Sanità: “Occhio a come viene usata Choosing Wisely, perché se fosse usata male, cioè come una versione morbida di medicina amministrata, potrebbe essere con il consenso di tutti il cavallo di Troia per ridimensionare niente di meno che i capisaldi della medicina ippocratica. Per cui garantiamo bene i suoi modi di essere dicendo a chiare lettere che l’autonomia medica non è amministrabile ma qualificabile”.

Choosing Wisely, l’iniziativa di Slow Medicine

Slow Medicine, sulla scia di quanto già in fatto negli USA dopo la proposta del 2010 di Howard Brody sul New England Journal of Medicine, ha lanciato il progettoFare di più non significa fare meglio – Choosing Wisely Italy“. L’obiettivo del progetto è di favorire il dialogo dei medici e degli altri professionisti della salute con i pazienti e i cittadini in materia di trattamenti, procedure, esami diagnostici. Questo per la condivisione e in nome di una corretta e appropriata informazione che possa portare a scelte responsabili, che mettano sempre e solo il paziente al centro, con le sue reali necessità specifiche. E in nome di un abbattimento degli sprechi.

L’OMS, infatti, ha rilevato che una percentuale della spesa sanitaria compresa tra il 20% e il 40% è dovuta a uno spreco delle risorse. Nello specifico italiano, per esempio, è stato evidenziato un utilizzo molto più alto rispetto agli altri Paesi di tecnologie complesse in cardiologia (pace-maker, defibrillatori), facendo emergere dubbi sulla loro reale indicazione clinica. E poi ci sono i parti cesarei: quasi 40% del totale dei parti, in Italia, una delle percentuali più alte del mondo. Anche il consumo procapite di antibiotici è in Italia uno dei più alti tra i Paesi OCSE.

E tutto questo è davvero sempre indispensabile e necessario?

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