Sindrome Italia: cos'è il male nero di tante badanti che si suicidano

La chiamano la "malattia delle badanti". Perché la sindrome Italia è un problema reale, che affligge moltissime donne straniere, pronte a lasciare il proprio paese per venire a lavorare nel nostro, sacrificando anche figli e famiglia. Fino a quando la mancanza e i sensi di colpa diventano schiaccianti.

La chiamano sindrome Italia, perché proprio nel nostro paese ha origine, ed è la malattia, silenziosa ma letale, che affligge badanti e baby sitter, le quali scelgono di venire a lavorare nella penisola, spesso lasciando figli e famiglia nella terra d’origine.

Una situazione di isolamento, accentuata dal complesso di colpa con cui convivono, dovuto al fatto di occuparsi di persone anziane o bambini avendo “abbandonato” i loro genitori o figli nel paese da cui provengono, che non di rado trova l’epilogo peggiore nel suicidio.

È una depressione fortissima, quella che colpisce le donne, soprattutto rumene e ucraine, che arrivano in Italia per lavorare come badanti, personale domestico, tate, un malessere in costante crescita che dipende proprio dalla consapevolezza di essere sole, e di aver lasciato da soli i figli, costretti a una comunicazione con la madre solo via Skype, quando si è abbastanza fortunati, oppure solo via telefono.

1,6 milioni le badanti attive oggi in Italia, riporta il Censis, per la maggior parte rumene, ucraine, moldave; lasciano i paesi nativi per necessità, certamente anche per garantire un’esistenza serena ai familiari lasciati, ma l’allontanamento forzato genera, nel tempo, un “effetto sradicamento“, che si fa sentire pericolosamente soprattutto al rientro a casa, quando le lavoratrici incontrano non poche difficoltà per reinserirsi nel contesto sociale.

La depressione di cui soffrono le badanti è simile alla sindrome del burn-out di chi opera nei servizi sociali, soprattutto quando la cura viene delegata a loro al 100%” spiega Raffaella Maioni, responsabile nazionale di Acli Colf, sul sito di ADRI (Associazione Donne Rumene in Italia) “A questo si aggiunge la lontananza della famiglia. Quando tornano a casa queste lavoratrici fanno fatica a inserirsi di nuovo nel contesto sociale, perché spesso vengono considerate come madri che hanno abbandonato i figli, malgrado i sacrifici fatti per dare loro un futuro“.

Proprio in quel momento insorge la sindrome Italia, caratterizzata da una ” forma di depressione molto profonda e rischiosa che può portare anche al suicidio: colpisce solitamente le donne al ritorno nel loro Paese, quando non ritrovano più il loro posto in famiglia“, dice Silvia Dumitrache, presidente ADRI.

Insomma, il paradosso di queste centinaia di donne affette dal malessere è che, allontanatesi sacrificando la famiglia per assicurare un avvenire privo di problemi economici, finiscono proprio con il perderla. Ma c’è un ulteriore aspetto, se possibile ancora peggiore: si tratta dei cosiddetti orfani bianchi, ovvero proprio i figli che rimangono nei paesi d’origine, lontani dalle madri.

Fonte: web

350 mila gli orfani bianchi, secondo i dati Unicef riportati da ADRI, nella sola Romania: ci si riferisce con questo termine ai bambini che hanno uno o entrambi i genitori all’estero per lavoro, quelli definiti anche left behind, che si potrebbe tradurre, in maniera piuttosto impietosa, come “lasciati alle spalle”. 5 milioni, il 75% dei bambini romeni, si trova in una situazione del genere, e molti, moltissimi, soffrono terribilmente la nostalgia. ADRI, attraverso Silvia Dumitrache, ha lanciato nell’estate 2017 il progetto Te iubeste mama (La mamma ti vuole bene), che utilizza Skype e la rete delle biblioteche rumene per mettere in contatto le mamme badanti con i figli a casa. Un progetto sviluppato in Romania in cinque biblioteche regionali, nonostante la scarsità di finanziamenti e fondi a disposizione, un’idea senz’altro ottima per attenuare la mancanza, ma purtroppo non sufficiente. Perché l’aspetto più grave, nella sindrome Italia, è che indirettamente colpisce proprio anche gli orfani bianchi: anche se non esistono dati ufficiali, si stima che ogni anno sia circa 40 i ragazzi rumeni che si tolgono la vita proprio perché non riescono a sopportare il distacco dalla madre, e la sua lontananza.

Se a questa terribile realtà aggiungiamo spesso anche le condizioni di lavoro cui moltissime badanti in Italia sono sottoposte, fra lavori sottopagati, sfruttamenti neppure troppo velati, atteggiamenti irrispettosi e discriminazioni, possiamo costruire un profilo diverso, sotto un’altra prospettiva, di queste donne. Lasciano genitori anziani e figli per prendersi cura dei genitori e dei figli di altre persone, dovendo accontentarsi di sentirsi dire “Mamma ti voglio bene” solo attraverso una videochiamata. O, più spesso, “Mamma mi manchi“. E questa mancanza non solo fa male, a loro e ai loro bambini, ma spesso uccide.

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