Nessuno parla di sesso e riproduzione delle persone con sindrome di Down
Quasi nessuno parla della sessualità delle persone con sindrome di Down. Eppure, esigenze e bisogni sono gli stessi, e sarebbe importante cominciare a parlarne.
Quasi nessuno parla della sessualità delle persone con sindrome di Down. Eppure, esigenze e bisogni sono gli stessi, e sarebbe importante cominciare a parlarne.
Per fortuna le persone nate con sindrome di Down oggi non vivono più sotto un costante stigma culturale e vittime di pregiudizi; notevoli passi in avanti sono stati fatti per la loro inclusività dal punto di vista sociale, lavorativo, anche grazie all’opera di sensibilizzazione di iniziative come la Giornata mondiale della sindrome di Down, il 21 marzo, grazie alle quali può crescere l’informazione sulla trisomia 21.
Per rispondere ad alcune delle domande più banalmente frequenti fino a poco tempo fa: sì, le persone con sindrome di Down possono lavorare, essere autosufficienti e condurre una vita non diversa da quella di chiunque altro, indipendentemente dal fatto di essere nate con questa particolare disposizione cromosomica naturale, tenendo ovviamente presenti i vari gradi di disabilità intellettuale e fisica associati alla sindrome.
C’è però un aspetto che è un vero e proprio tabù, quello della sessualità.
Abbiamo capito che il sesso viene visto come qualcosa di estremamente lontano dalle persone con qualsiasi tipo di disabilità, in generale, nonostante la sessualità di queste ultime sia non solo ben presente, ma per nulla diversa rispetto a chi è definito “normodotato”. Proprio la grave, e ahinoi diffusa ignoranza sul tema del rapporto tra istinti/impulsi/bisogni sessuali e disabilità è alla base dell’assenza, per fare l’esempio del nostro Paese, di figure fondamentali come gli assistenti sessuali.
Per le persone con sindrome di Down le cose non sono ovviamente diverse: le esigenze sessuali sono le stesse, ma pochi lo sanno e affrontano il tema. Per capire come stanno le cose, facciamo un breve excursus che spiega cos’è nel dettaglio la sindrome e come le persone con trisomia 21 si approcciano al sesso, ma anche alla maternità.
Parliamo dell’anomalia autosomica più comune, che ha una frequenza di un caso su 800 nati vivi. Ogni anno, come si legge su Emedicine, nascono circa 6000 bambini con sindrome di Down, che a tutti gli effetti rappresenta un terzo di tutti gli handicap mentali moderati e gravi presenti nei bambini in età scolare.
La trisomia 21 può essere diagnosticata con screening prenatali come l’amniocentesi, il prelievo di sangue ombelicale percutaneo (PUBS), il prelievo dei villi coriali (CVS) e l’estrazione di cellule fetali, e si evidenzia con caratteristiche morfologiche nei bambini di età superiore all’anno. A incidere fortemente sulle probabilità di sviluppare la sindrome di Down l’età della madre, sintetizzabile come segue:
Più raramente la malattia può essere osservata in alcuni membri di una famiglia. Rispetto al sesso, il rapporto maschi-femmine è leggermente più alto (1,5:1) ma tendenzialmente simile.
Fatta questa premessa, cerchiamo ora di capire come si “compone” la fertilità delle persone con sindrome di Down
È sbagliato pensare che le donne con sindrome di Down siano incapaci di mettere al mondo dei figli: il 50% di loro è infatti fertile, e ha altrettante probabilità (il 50% appunto) di far nascere figli che abbiano la trisomia 21. Purtroppo è però molto alto anche il tasso di aborti spontanei riscontrati nelle donne con sindrome di Down. I maschi con trisomia 21 sono invece generalmente sterili, ad eccezione di quelli con mosaicismo.
Resta il fatto, come detto, che la vita sessuale delle persone con sindrome di Down o altre condizioni associate alla disabilità intellettiva sia tuttora un tabù, con pochi casi esaminati anche in letteratura. Tuttavia, piccoli progressi in questo senso esistono, come questo articolo che presenta un caso di matrimonio e riproduzione di una donna con trisomia 21 andati a buon fine. La donna presa in esame ha manifestato il menarca a 13 anni, e nel 2005 ha incontrato quello che poi sarebbe diventato suo marito. Due anni dopo il matrimonio la donna è rimasta incinta di un figlio maschio che non presentava la sindrome. Si legge nell’articolo che la donna
È in grado di prendersi cura dei bisogni del suo bambino, condividendo questa responsabilità con la propria madre, che è stata la principale responsabile della sua educazione diretta all’autonomia.
In un altro studio, pubblicato su PubMed, sono stati esaminati diversi parti di donne con sindrome di Down, trenta gravidanze di 26 madri con trisomia 21, per un totale di 10 bambini nati con sindrome di Down, 18 bambini (fra cui una coppia di gemelli) senza sindrome di Down e tre aborti spontanei. Fra i parti, anche quello di un bambino cromosomicamente e fenotipicamente nato senza sindrome da madre ventinovenne con trisomia 21, morto il giorno dopo il parto per prematurità.
Affinché il linguaggio, e di conseguenza il comportamento, sulle persone con la sindrome di Down possa farsi davvero inclusivo a 360° è fondamentale comprenderne esigenze e bisogni sotto ogni punto di vista, compreso quello sessuale. Per entrare nel mondo della sessualità delle persone con trisomia 21 abbiamo deciso di strutturare delle FAQ, mutuate da questo documento, proprio perché fondamentale smettere di pensare alle persone con sindrome di Down come asessuate.
In passato si era convinti del fatto che la disabilità intellettiva producesse una sorta di “infanzia permanente”; ma tutte le persone con sindrome di Down dimostrano di avere bisogno di intimità e impulsi sessuali, che devono essere riconosciuti dalle persone della loro famiglia o da chi si occupa di loro.
I bambini con sindrome di Down sperimentano la stessa sequenza di cambiamenti fisici e ormonali associati alla pubertà degli altri bambini della loro età. Tuttavia, spesso c’è un ritardo nello sviluppo della maturità sociale, dell’autocontrollo emotivo, della comunicazione sociale, del pensiero astratto e delle capacità di risoluzione dei problemi.
I cambiamenti emotivi caratteristici dell’adolescenza sono presenti anche nei pre-adolescenti e negli adolescenti con sindrome di Down e possono essere intensificati da fattori sociali. Qualsiasi adolescente che vive nella comunità, frequenta la scuola ed è esposto ai media sviluppa inevitabilmente una consapevolezza della sessualità. Gli adolescenti e i giovani adulti con sindrome di Down spesso esprimono interesse per l’uscire con qualcuno, il matrimonio e la genitorialità.
Affinché sia efficace l’educazione deve essere individualizzata e comprensibile, focalizzata non solo sugli aspetti riproduttivi fisici, ma anche con una forte attenzione al processo decisionale, alle norme culturali, alle pressioni dei coetanei, alle relazioni, alle abilità e alle opportunità sociali. Posizionare la sessualità nel contesto della vita comunitaria richiede lo sviluppo di valori personali e responsabilità degli adulti. Le persone con sindrome di Down devono comprendere i loro corpi, le loro emozioni, i loro comportamenti e le loro relazioni all’interno del loro ambiente sociale e culturale. Le informazioni sui rapporti sessuali, così come altre espressioni della sessualità adulta, inclusa la genitorialità, dovrebbero essere realistiche, e sottolineare l’importanza della responsabilità personale e degli standard comunitari per il comportamento degli adulti.
Una consapevolezza sessuale positiva può svilupparsi solo attraverso l’empowerment personale, l’autostima, la comprensione delle relazioni sociali e le capacità di interazione e comunicazione personali, fattori che influenzano il modo in cui vengono soddisfatte le esigenze di intimità.
Uomini e donne con sindrome di Down hanno la stessa predisposizione alle infezioni a trasmissione sessuale del resto della popolazione. L’uso del preservativo durante i rapporti sessuali è la forma di protezione più conosciuta contro l’AIDS, l’herpes e altre infezioni a trasmissione sessuale. L’educazione sessuale dovrebbe includere informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili e su come ridurre il rischio di trasmetterle.
È consigliabile che l’educazione sessuale, proprio come per ogni bambino, inizi nell’infanzia, rafforzandosi poi nel corso della vita. Le persone con sindrome di Down devono imparare quali sono i confini delle normali interazioni fisiche nella sfera sociale, così come le capacità di autoaffermazione per capire se è necessario chiedere aiuto. Scegliere persone fidate con cui discutere o a cui segnalare attività sospette sono aspetti importanti per prevenire gli abusi.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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