Tutti noi ci sentiamo stanchi dopo un’intensa giornata di lavoro, ma ci sono persone che avvertono perennemente la sensazione di stanchezza, non a caso soffrono proprio della sindrome da stanchezza cronica. Chi ne soffre a cause stanchezza estrema trova difficile dedicarsi alle normali attività che tutti svogliamo quotidianamente, come vestirsi, fare la doccia o mangiare. La stanchezza può aumentare in caso di esercizio fisico, oppure di un semplice sforzo mentale, ma al contrario non scompare se si riposa o si dorme.

I sintomi della stanchezza cronica possono comparire improvvisamente oppure svilupparsi lentamente, e in questo caso chi ne è affetto inizia a sentirsi progressivamente sempre più stanco nel giro di poche settimane o alcuni mesi. I pazienti in cui compare all’improvviso, invece, si sentono stanchissimi da un giorno all’altro.

Le cause della sindrome da stanchezza cronica

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Non sono ancora state accertate con precisione le cause della sindrome; in molte persone, ad esempio, si presenta dopo un’infezione, come un raffreddore o un’influenza intestinale, oppure dopo essere stati contagiati dal virus Epstein-Barr, lo stesso responsabile della mononucleosi infettiva. Lo stress può essere alla base della comparsa della sindrome, oppure un momento di particolare depressione, quali quelli seguiti, ad esempio, a un lutto o a un intervento chirurgico importante. Sono stati esaminati diversi fattori da cui il problema potrebbe dipendere, tra questi rientrano i disturbi del sistema immunitario, le alterazioni degli equilibri ormonali, i problemi psichiatrici, ma anche una componente di familiarità. Spesso anche terapie come la chemio possono causare una forte stanchezza.

Fra i fattori di rischio, c’è da dire che le donne hanno un rischio 4 volte superiore di contrarre la sindrome rispetto agli uomini, che la fascia d’età con la maggiore incidenza è quella che va dai 20 ai 40-50 anni, mentre minore è l’impatto sui bambini.
Il sovrappeso è considerato un importante fattore di rischio, così come stress psicologico, traumi infantili, presenza di malattie mentali o allergie.

I sintomi: come capire di avere la sindrome da stanchezza cronica

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Il sintomo principale della sindrome da stanchezza cronica è una stanchezza grave che dura 6 mesi o più, ma per poter parlare di sindrome si devono manifestare anche questi segnali, almeno in parte:

  • malessere per più di 24 ore dopo l’attività fisica.
  • dolore muscolare.
  • problemi di memoria.
  • mal di testa.
  • dolore a diverse articolazioni.
  • disturbi del sonno.
  • gola infiammata e dolorante.
  • dolore ai linfonodi.

I sintomi della sindrome possono essere continui oppure intermittenti, e inizialmente possono essere scambiati per quelli influenzali. Sintomi minori, ma pur sempre tipici della sindrome, possono essere:

  • Disturbi visivi.
  • Irritabilità, sbalzi d’umore, attacchi di panico, ansia.
  • Brividi e sudorazione notturna.
  • Febbre lieve o temperature corporea bassa.
  • Colon irritabile.
  • Allergie e intolleranze agli alimenti, agli odori, alle sostanze chimiche ai farmaci e ai suoni/rumori.
  • Intorpidimento, formicolio o bruciore al volto, alle mani o ai piedi
  • Difficoltà a sedersi o ad alzarsi velocemente, vertigini, problemi di equilibrio e svenimenti

La sindrome da stanchezza cronica può anche essere definita sindrome da fatica cronica o encefalomielite mialgica.

I rimedi alla sindrome da stanchezza cronica

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Attualmente non esiste una cura per la sindrome da stanchezza cronica, ma esistono dei rimedi per poter tenere sotto controllo il problema. Anzitutto, si può intervenire sullo stile di vita, cercando ad esempio di diminuire lo stress, migliorare l’approccio al sonno, andando a dormire e svegliandovi sempre alla medesima ora, evitare le attività che provocano la stanchezza o limitarle. Il ricorso ai farmaci, invece, rappresenta un semplice palliativo, con cui contrastare soprattutto – è il caso degli analgesici – il dolore alla testa, ai muscoli e alle articolazioni. Alcuni tengono sotto controllo il problema con agopuntura, ipnosi, yoga o chiropratica, ma in ogni caso, prima di iniziare qualunque terapia, è fondamentale sentire il parere del proprio medico.

Come si convive con la malattia? Abbiamo raccolto le storie di persone che vivono quotidianamente con la sindrome da stanchezza cronica.

Le storie di chi convive con la sindrome da stanchezza cronica

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Sul sito stanchezzacronica.it sono raccolte le testimonianze di 5 persone che affrontano ogni giorno la stanchezza cronica. Ecco come ne parlano.

Franco

Franco, un industriale di Milano con una vita professionalmente molto movimentata e di successo, ha sofferto per una gastroenterite seguita a un pasto a base di pesce, durante l’ultimo viaggio in Australia. Nel viaggio di ritorno aveva trova un’insolita difficoltà a riadattarsi alla vita di tutti i giorni, giustificata però dalla differenza del fuso orario e dal piccolo incidente alimentare.

Ma la cosa è andata peggiorando: una grande spossatezza si è impadronita di lui lentamente, impedendogli anche di riprendere le sue attività manageriali, benché il suo medico imputasse la colpa al rientro dal viaggio.

Erano sopraggiunte difficoltà nella concentrazione, una certa perdita della memoria, difficoltà nel sonno con frequenti risvegli notturni e poi alle volte sonnolenza durante la giornata, qualche dolore muscolare e soprattutto una estrema affaticabilità anche dopo piccoli sforzi fisici. […] Era comparsa da qualche tempo una febbricola sui 37.2-37.5 che lo disturbava e lo faceva sentire come se avesse l’influenza“.

Dopo aver consultato persino un famoso oncologo per scongiurare il rischio di un cancro, e aver seguito una cura antidepressiva suggerita dal medico, per caso Franco ha letto un articolo che affrontava il problema della sindrome da stanchezza cronica. Si è rivolto al Centro di riferimento Oncologico di Aviano, dove l’Unità CFS ha subito pensato si trattasse proprio della sindrome. Dopo alcune ulteriori indagini, in particolare virologiche e immunologiche, la diagnosi è stata confermata. Nel suo caso è emersa anche una lieve iperattività del sistema immunitario, con “qualche alterazione pur aspecifica di certe sottopopolazioni linfocitarie, le cosiddette cellule natural killer”. Franco ha iniziato una terapia con magnesio, carnicina e vitamina B12 ad alte dosi che dopo qualche mese gli hanno portato un leggero miglioramento, ma senza risolvere definitivamente il problema.
Franco non si sente di viaggiare e lo stress di brevi attività di lavoro – ora si limita alle consulenze – gli è intollerabile. A causa della sindrome, anche la relazione con la sua compagna si è conclusa. Gli è stato anche detto che non è escluso che vi sia una correlazione tra la malattia e l’infezione intestinale contratta in Australia.

Luisella

A cambiare la vita di questa donna in carriera di Torino è stata un’epatite. Dopo quell’episodio infettivo, documentato da alcuni esami del fegato alterati, pur senza che fosse stato riscontrato il virus dell’epatite, Luisella non si era più ripresa e inizialmente tutto era stato imputato proprio a quel problema. A distanza di sei mesi, però, i valori del fegato erano negativi, così come una biopsia epatica e gli anticorpi contro i virus A, B, C e D. Nonostante ciò, Luisella non migliorava, e anzi aveva iniziato ad avvertire difficoltà nella contrazione, perdita della memoria, confusione mentale, difficoltà nel sonno, dolori muscolari, mal di gola, sintomi che le impedivano di continuare a lavorare. Le fu diagnosticata la sindrome da stanchezza cronica, cosa che l’ha spinta a cambiare le proprie abitudini di vita. Le è stato consigliato di non sottoporsi a stress intensi, di moderare l’attività di lavoro, e di creare intervalli di riposo assoluto, sia fisico che psichico, durante la giornata e anche durante il mese. Ora Luisella è ritornata nella sua banca, ma fa le cose con molta calma, perché la sua salute conta più della carriera.

Giulia

Giulia ha dovuto lasciare la scuola a soli 10 anni, non essendo riuscita a riprendersi da una influenza, complicata da una broncopolmonite, che l’aveva colpita un anno prima.
Fino a quell’influenza Giulia era stata tra le migliori della classe, sempre pronta a praticare sport. Ma dopo quella influenza non si era più ripresa, non voleva più giocare, non riusciva più a dormire la notte, aveva sempre un po’ di febbre e non riusciva a studiare. Inoltre dimenticava subito tutto quello che le veniva detto. Gli esami ai quali era stata sottoposta in diverse occasioni rivelarono solo un titolo elevato di anticorpi contro un virus, l’Epstein-Barr, il quale fu però interpretato come un probabile episodio di mononucleosi. Nei linfociti di Giulia era inoltre presente il virus HHV-6 o Herpes virus umano di tipo 6.
La sua sindrome da stanchezza cronica, una volta diagnosticata, durò, senza migliorare, per diversi mesi, con gravi difficoltà soprattutto scolastiche e relazionali. La mamma, che aveva portato a scuola il certificato medico che attestava che la bimba fosse malata, non venne creduta.
Ora Giulia, con l’aiuto dei farmaci, è sulla via della guarigione, ha ripreso ad andare a scuola con profitto, anche se le insegnanti continuano a pensare che abbia sofferto di un esaurimento nervoso.

Mirella

Mirella ha provato terapie per tre anni senza successo, e senza capire perché si sentisse come se fosse in perenne stato influenzale. La ragazza si trova in una situazione disperata, in cui dorme di giorno ed è sveglia di notte, e soltanto raramente ha qualche miglioramento che le permette di uscire e di condurre per breve tempo una vita accettabile. Non può neppure pensare di avere una relazione sentimentale, nonostante sia molto attraente.

La lettera di Giada

Giada De Ros, presidente della CFS Associazione Italiana, la prima in Italia a occuparsi dei pazienti di questa sindrome da stanchezza cronica, ha tenuto un discorso il 25 marzo 2014 al Ministero della Salute, in occasione della presentazione del documento di indirizzo Agneas, disponibile anche su YouTube. Questi sono alcuni stralci della sua testimonianza.

… è una fatica veramente opprimente, annichilente, ed è stato detto qualche volta una ‘fatica tossica’. E comunque, secondo me, anche quando la stanchezza non è di grandissima severità, una caratteristica è che comunque è una fatica sproporzionata al tipo di sforzo che si fa. Ed è una fatica che si fa fatica a recuperare. Però non è solo fatica, spesso è un fraintendimento comune, proprio per questo nome che in qualche modo è infausto, infelice, anche se in mancanza di alternative migliori ce lo teniamo, ma avere la CFS non significa essere tanto stanchi. Significa essere malati.
[…] Comunque diciamo che la CFS è una bomba atomica anche per altri aspetti. Intanto perché provoca tanta solitudine e isolamento. Qualcuno ci ha definito una comunità di eremiti. […] Si va a sottrazione di stimoli, con la CFS, per evitare un aggravamento dei sintomi, quindi l’isolamento sicuramente è una cosa molto pesante E spesso si creano distruzioni dei legami personali, familiari, amicali, perché la gente ha appunto difficoltà a relazionarsi avendo questo tipo di problema e molto spesso le persone perdono il lavoro o non riesco a continuare gli studi.

In qualche maniera c’è una distruzione di quello che sono i sogni e le aspettative delle persone.
Da questo punto di vista io penso che sia la vita che distrugge i sogni e le aspettative delle persone, non serve la CFS, il problema che la CFS aumenta è il fatto che le persone non riescono a costruire dei sogni alternativi, le persone stanno così male che qualunque cosa facciano le fa peggiorare, si trovano in una situazione tale da pensare o vedere la propria vita come quella di dover fare la vita di un soprammobile, fondamentalmente, e chiaramente non è una cosa facile con cui convivere.

Io mi sono ammalata 23 anni fa. Adesso ho 43 anni, allora ne avevo 20 ed ero all’inizio del secondo anno di Università di Giurisprudenza a Trento. All’inizio ho avuto degli episodi sporadici […] Mi è sembrato molto strano all’inizio, non capivo bene che cosa mi stesse succedendo. Nel giro di sei mesi, un anno mi sono trovata allettata 24 ore su 24, e avevo in certi casi bisogno di essere accompagnata in bagno, di essere imboccata per mangiare, perché non riuscivo nemmeno letteralmente a stare seduta; in realtà soffrivo anche di un sintomo che è molto comune con i pazienti di CFS, che è quello dell’intolleranza ortostatica per cui mi girava continuamente la testa, mi sentivo sempre svenire, per cui anche mia mamma doveva tirarmi su la testa oppure non riuscivo nemmeno a girare la testa di lato per mangiare.

Chiaramente si può immaginare, con tutte queste cose contemporaneamente, è stata una tortura, una vera agonia, e non uso questi termini con tanta leggerezza.

[…] Naturalmente sono dipendente dai miei, non solo da un punto di vista economico ma anche per spostarmi, perché non sono autonoma negli spostamenti e chiaramente anche per le cose di casa. Se ci sono da fare i piatti o il bucato, non è che magari non le faccia occasionalmente, ma su base costante è una cosa problematica, e quindi diciamo che sebbene all’interno dei miei limiti riesca a fare anche parecchie cose ormai, è anche vero però che, se sgarro da questi limiti, crollo e magari per una cretinata mi ritrovo a letto una settimana.

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