Un po’ di perfezionismo non fa male e, anzi, ci aiuta a raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo.

Quando però diventa patologico e guida 24 ore su 24 il nostro quotidiano diventa pericoloso, tanto da trasformare la propria vita (e quella degli altri) un inferno: può diventare invalidante, portare all’esclusione sociale e, secondo una ricerca, addirittura aumentare il rischio di suicidio.

Cosa significa essere perfezionisti?

Lo dice il nome stesso: i perfezionisti sono quelli che cercano sempre di raggiungere la perfezione, ovvero l’obiettivo più alto sia a livello personale che professionale.

Stabiliscono obiettivi impegnativi da raggiungere, hanno standard elevati e lavorano senza sosta per il loro successo; sono orientati ai risultati, desiderano la crescita, amano essere sfidati e risolvono bene i problemi.

Se ben dosate, le tendenze perfezioniste sono una forza, non una debolezza. In alcuni casi, però, questa ricerca della perfezione può assumere dei tratti patologici.

Il perfezionismo patologico

Il perfezionismo, di per sé, è un semplice tratto di personalità. Se portato agli estremi, però, può diventare dannoso. Non solo: sebbene non sia considerata una malattia mentale in sé, è un fattore comune in molti disturbi mentali, in particolare quelli basati su pensieri e comportamenti compulsivi, come il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e il disturbo ossessivo-compulsivo della personalità (OCPD).

Il perfezionismo patologico è caratterizzato per la sua tendenza ad essere estremo e inflessibile; arriva a condizionare totalmente la persona, che basa la sua autostima interamente sulla lotta costante e sul raggiungimento di standard perfezionisti implacabili.

Il perfezionismo può concentrarsi sull’aspetto, sul comportamento sociale o sulle prestazioni lavorative. In alcuni casi, è pervasivo in tutte le aree della vita, spesso a scapito delle relazioni, del lavoro e della salute.

Quando le persone soffrono di perfezionismo patologico, i loro pensieri sono spesso distorti. Ad esempio, possono vedere le cose solo in bianco e nero e, di conseguenza, pensare che se non hanno raggiunto un obiettivo sono un fallimento come persona. Spesso, i perfezionisti patologici si danno regole rigide e tendono a focalizzarsi su ciò che non hanno raggiunto rispetto a ciò che hanno.

Cosa nasconde il perfezionismo?

Il perfezionismo è guidato principalmente da pressioni interne, come il desiderio di evitare il fallimento o il giudizio. Probabilmente c’è anche una componente sociale, perché, come riporta Psychology Today, le tendenze perfezionistiche sono aumentate sostanzialmente tra i giovani negli ultimi 30 anni, indipendentemente dal genere o dalla cultura. Si pensa che una maggiore concorrenza accademica e professionale svolga un ruolo, insieme alla presenza pervasiva dei social media e ai dannosi confronti sociali che suscita.

Molto spesso questi pensieri ed emozioni rimangono ben nascosti all’interno della psiche del perfezionista che invece agli altri sembra organizzato, efficiente, sicuro di sé. In realtà, il perfezionista non si piace, pensa sempre di non essere all’altezza, di non fare mai abbastanza e di essere quindi una nullità e di non potersi permettere di far vedere che ha fallito.

I rischi del perfezionismo

La situazione di continua insoddisfazione del perfezionista può sfociare in disturbi alimentari come anoressia o bulimia oppure portare a delle dipendenza da alcol o droghe e generalmente il perfezionismo è portatore di disagi psicologici e sociali come ansia, depressione, attacchi di panico, rabbia, aggressività.

Quando l’infelicità raggiunge livelli insopportabili possono sopraggiungere episodi di autolesionismo che possono portare anche al suicidio. Da anni ci sono studi sempre più approfonditi riguardo il legame tra suicidio e perfezionismo e Gordon Flett, professore di psicologia presso la York University, sottolinea da sempre questa correlazione in molti dei suoi progetti, tra cui il libro Perfectionism – A Relational Approach to Conceptualization, Assessment, and Treatment scritto insieme a Paul L. Hewitt e Samuel F. Mikai.

Dalle sue ricerche emerge che il bisogno smodato di essere sempre i migliori danneggia la salute mentale e fisica e chi è perfezionista potrebbe avere maggiori rischi di togliersi la vita:

I dati mostrano legami stretti tra perfezionismo e disperazione; si dovrebbe valutare l’importanza di un approccio ad personam che riconosca il rischio maggiore per i perfezionisti, loro tendono a provare disperazione, dolore psicologico, stress per la propria vita e una forma di perfezionismo emotivo che limita la volontà a rivelare impulsi suicidi e le intenzioni.

Dai test analizzati dalla York University emerge che ci sono delle categorie professionali maggiormente a rischio di perfezionismo, e sono architetti, medici, avvocati la cui professione richiede interventi e progetti di estrema precisione.

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