La morte apparente è un argomento che si nutre di poca letteratura medica e molta cultura popolare. Si alimenta di storie non sempre rilevanti dal punto di vista clinico e documentate scientificamente. Sono racconti che riguardano per lo più individui sepolti vivi e persone ‘risorte’ in sala operatoria o direttamente nella bara.

Come Lazzaro, il quale, secondo i Vangeli, resuscitò quattro giorni dopo la sepoltura. Da qui l’espressione ‘sindrome di Lazzaro‘. Viene riferita a quelle persone il cui cuore avrebbe ripreso a battere spontaneamente dopo le manovre di rianimazione e dopo la dichiarazione ufficiale di morte. Se ne parlò ufficialmente per la prima volta nel 1993, in seguito al caso di un 75enne che ‘resuscitò’ a rianimazione ultimata.

Ma a volte si legge anche di gente che si risveglia durante il funerale. Fece il giro del mondo nel 2014 la storia dell’allora 79enne Walter Williams: dichiarato morto perché il suo pacemaker aveva smesso di funzionare e trasportato alle pompe funebri per l’imbalsamazione, riprese a respirare e a scalciare dal sacco in cui era riposto.

Storie come questa, certo infarcite di dettagli al limite del credibile, alimentano la cosiddetta tafofobia. Si tratta della paura di essere sepolti vivi ed è una forma estrema di claustrofobia derivante dalla paura di un’errata constatazione di morte con conseguente risveglio nella bara. Ne soffriva lo scrittore russo Gogol.

Ma si può realmente parlare in medicina di ‘resurrezione’? Esistono casi scientificamente documentati di morte apparente?

Morte apparente o sindrome di Lazzaro: il fenomeno biologico

Descrivere il fenomeno da un punto di vista scientifico non è facile e la letteratura ufficiale procede molto cautamente. Quali potrebbero essere i motivi alla base della morte apparente?

Una correlazione potrebbe venire direttamente dalla rianimazione: la ventilazione eccessiva del paziente potrebbe far aumentare la pressione nei polmoni e diminuire l’afflusso di sangue al cuore. Quest’ultimo, in crisi, andrebbe in arresto cardiaco. Solo con la cessazione della rianimazione la pressione nei polmoni tornerebbe a un livello normale così come la circolazione, rimettendo il muscolo in moto molto lentamente.

Altra ipotesi potrebbe essere (proprio per i motivi sopra descritti) un tardivo arrivo dei farmaci al cuore e dunque anche un loro funzionamento a scoppio ritardato.

Quanto può durare la morte apparente?

morte apparente
Fonte: web

Nel 2007 un medico anestesista particolarmente interessato all’argomento ha condotto una ricerca pubblicata sul Journal of the Royal Society of Medicine su alcuni casi di morte apparente. Per la precisione ne ha presi in esame 38, tutti quelli documentati nella letteratura medica. Di questi, tredici pazienti avevano un infarto del miocardio, 8 avevano una malattia ostruttiva delle vie aeree e le altre diagnosi erano varie: rottura dell’arteria polmonare, emorragia gastrointestinale, insufficienza renale, trauma, overdose.

Di questi più della metà è morta comunque poco dopo l’episodio di morte apparente, nel corso della degenza ospedaliera. Quattordici persone, invece, sono tornate a casa vive e vegete, dimesse senza gravi conseguenze neurologiche. Non avevano alcun legame tra loro circa la patologia, la durata della rianimazione o il tempo trascorso in stato di morte apparente.

Lo studio evidenza comunque che la maggior parte dei casi di recupero di circolazione spontanea e quindi del battito cardiaco presi in esame sono avvenuti nell’arco dei 10 minuti seguenti il termine della rianimazione cardio-polmonare, e solo in un caso in letteratura il recupero della funzionalità cardio-circolatoria è avvenuta quando il paziente era già in obitorio.

4 casi di morte apparente

Adam Hoffmann nel 2016 ha raccontato sulla rivista dello Smithsonian (il prestigioso istituto di ricerca finanziato dal governo degli Stati Uniti) alcuni casi di morte apparente documentati nella letteratura scientifica. Scrive Hoffmann:

“La morte non è un evento, è un processo. Avviene gradualmente mentre i tuoi organi iniziano a spegnersi. E così a meno che tu non sia assolutamente certo, non dovresti certificare la morte”.

La sua teoria, infatti, è monitorare i pazienti per almeno 15 minuti dopo la sospensione delle attività di rianimazione, prima di dichiararne ufficialmente il decesso.

1. Noelia Serna

Il caso Noelia Serna, 45enne colombiana malata di sclerosi multipla, risale al 2010. La donna, dichiarata clinicamente morta dai medici dopo 10 ore attaccata a un respiratore artificiale, iniziò a muoversi proprio mentre veniva preparata per la sepoltura. Fu riportata in ospedale, dove entrò nuovamente in coma per morire poco tempo dopo.

I medici commentarono che il cuore della donna in realtà non aveva mai smesso di battere, nemmeno dopo l’infarto fulminante. Il battito cardiaco e il respiro, secondo il neurochirurgo Juan Mendoza Vega, erano scesi a livelli impercettibili: Noelia non era resuscitata, perché in realtà non era mai morta.

2. Grazia Bruno

Quella della signora Grazia Bruno è una storia strana: un  caso di apparente…morte apparente! Alcuni anni fa, infatti, i figli si opposero per circa dieci giorni alla sepoltura della madre: avevano paura che la donna potesse risvegliarsi nella tomba.

Per procedere dovette arrivare un’ordinanza del sindaco di Palermo che ordinava la tumulazione, visto che l’elettrocardiogramma non evidenziava segni di vita sulla 68enne.

3. Brighton Zanthe Dama

Panico e sconcerto ai funerali di Brighton Zanthe Dama, 34 anni dello Zimbabwe. Il ragazzo, morto in seguito a una lunga malattia, mosse le gambe e si risvegliò proprio quando era già sistemato nella bara e familiari e amici erano impegnati nella processione funebre.

Dopo due giorni di ospedale Zanthe ritornò a casa in buona salute.

4. Watson Franklin Mandujano Doroteo

Anche Watson Franklin Mandujano Doroteo, 24enne peruviano, ricominciò a muoversi durante il suo funerale, mentre era nella bara. Il giovane, soccorso immediatamente sul posto, in effetti respirava e fu trasportato in ospedale.

Come nella maggior parte dei casi simili, anche lui fu dichiarato definitivamente morto (stavolta davvero) poche ore dopo.

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