"L'endometriosi è una rovinafamiglie, ma non ho intenzione di lasciarla vincere"

Michela ha vissuto per anni fra diagnosi sbagliate e dolori lancinanti. Oggi il suo "nemico" ha un nome: endometriosi. E, anche se è durissima vivere con la malattia, lei non ha intenzione di farsi abbattere, e anzi lavora per migliorare la consapevolezza delle altre donne.

L’endometriosi è una malattia che solo da qualche anno a questa parte ha avuto la giusta risonanza, perché per troppo tempo è passato in sordina, “nascosta” da altre problematiche di carattere ginecologico.

Eppure, diverse ricerche affermano che, tra le pazienti con problematiche di sterilità, l’incidenza dell’endometriosi è di circa il 50%. 

Insomma, in metà dei casi di infertilità femminile, la causa è da ricercarsi proprio in questa malattia, per cui si ha un accumulo anomalo di cellule endometriali fuori dall’utero, che determina una forte infiammazione cronica dannosa per l’apparato femminile, con dolori e sofferenze intestinali.

Non esistono dati certi sulle donne che soffrono di endometriosi in Italia, anche se dal 2017, proprio in virtù della maggiore consapevolezza sulla malattia, è stato istituito un Registro Nazionale dell’Endometriosi, proprio allo scopo di quantificare correttamente il fenomeno, tuttavia si stima che siano circa 3 milioni coloro che lottano con il problema, ossia dal 2 al 10% della popolazione femminile.

Fra loro c’è Michela, ragazza veneta che da quasi vent’anni fa i conti con l’endometriosi. Abbiamo voluto conoscere la sua storia dopo aver letto alcuni suoi post sui social, ed essere rimasti colpiti dal modo in cui lei affronta la malattia.

A noi, quando la intervistiamo, si descrive così:

Sono Michela e ho 33 anni. Ho iniziato a star male a 13 anni con i primi dolori del ciclo mestruale, ma secondo i medici non avevo nulla, era tutto nella mia testa, dovevo abituarmi a sopportare, e così ho dovuto convincermi che era tutto normale. Non ho avuto un’adolescenza come le mie coetanee, vivevo chiusa in casa piegata dai dolori ed imbottita di antidolorifici, per gli insegnanti ero una studentessa nullafacente con una bella immaginazione per saltare i compiti e le interrogazioni, o l’ora di ginnastica.. Mi ricordo le innumerevoli corse in ospedale senza avere una diagnosi o quando mi dimettevano con una sbagliata, a 15 anni sono stata operata di appendicite perché pensavano fosse quello il mio problema ma non era cosi.

Per anni Michela ha fatto fuori e dentro dagli ospedali in cerca di una risposta a quelli che, ogni volta, venivano minimizzati come “dolori da ciclo”; i suoi sintomi però sembravano proprio dire tutt’altro, dato che lei aveva difficoltà ad andare in bagno, soprattutto durante il ciclo, e poi sciatalgia, dismenorrea, emorragie, dolore pelvico cronico, dispareunia. Insomma, niente a che vedere con i crampi che quasi tutte accusiamo durante le mestruazioni.

Così, a un controllo nel 2011, Michela chiede per la prima volta se potesse trattarsi di endometriosi, e lo fa solo perché è proprio lei a fare una ricerca su Internet per documentarsi. I dottori che la seguono fanno spallucce, si limitano a dire che il collega esperto che si è occupato di lei se ne sarebbe sicuramente accorto.

Peccato che, nel gennaio 2012, la nuova diagnosi parli estremamente chiaro:

endometriosi profonda 4 stadio del setto retto vaginale.

Da allora Michela ha subito 5 interventi:

Nel 2012 un intervento di pulizia dove mi tolsero un ovaio, nel 2014 salpigectomia bilaterale, shaving intestinale (ma mi lasciarono due noduli infiltrati), sutura della vagina, mi misero gli stents bilaterale. Da questo intervento, però, ne uscii devastata: con danni permanenti ai nervi e senza più le funzionalità vescicale e rettale (dovevo fare almeno 5 cateteri al giorno e lassativi potenti ogni 3-4 giorni per andare in bagno). Nel 2015 ho subito una resezione intestinale con stomia (tolta dopo 3 mesi), neurolisi, ovaio destro, vescica, ureteri, rene destro, vagina, Douglas, legamenti utero sacrali, pelvi congelata. Da allora sono pulita dall’endometriosi. A gennaio 2016 per tutto questo mi hanno riconosciuto un’invalidità del 75%. A novembre 2018 ho impiantato il neuromodulatore sacrale provvisorio con la speranza di recuperare almeno una parziale funzionalità vescicale e rettale, ma non ho ancora avuto nessun miglioramento.Se dovesse funzionare mi metteranno quello definitivo. Anche se la mia vita è cambiata notevolmente non ho mollato, ho continuato a lottare e a sorridere.

Michela ha anche raccontato molti dei suoi interventi sul suo profilo Instagram.

Le chiediamo se secondo lei di endometriosi in Italia si parli a sufficienza, ma i dati che ci snocciola sono davvero impietosi.

Per avere una diagnosi ci vogliono almeno dai 5 ai 9 anni, e non esiste una cura: gravidanza, menopausa, interventi, isterectomia, terapie ormonali, dieta non lo sono! Sono solo degli ottimi palliativi per alleviare i sintomi… Non si sanno ancora le cause. Per questo è importante parlarne, informare. E soprattutto indirizzare chi ne è affetta, o anche solo chi ha un sospetto, in un centro specializzato, così da poter essere seguite nel modo migliore e da un’ equipe multidisciplinare: il ginecologo è la figura più importante, ma la presenza di altri specialisti (un urologo, un gastroenterologo, un terapista del dolore) è necessaria.

Il 12 gennaio 2017 sono stati approvati dal Servizio Sanitario Nazionale i nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza ) nei quali l’endometriosi, ai suoi stadi più gravi (3 e 4) è stata finalmente inserita. L’ esenzione 063 comprende: visita, eco transvaginale, eco transrettale, eco addome e clisma opaco, da ripetere ogni 6 mesi.

È poco – dice Michela – ma si tratta di una gran vittoria dopo anni di lotte, ovviamente, è solo un primo passo, un inizio. L’obiettivo delle associazioni e delle donne affette è quello di far rientrare anche il 1° e 2° stadio, e che vengano aggiunti più esami necessari per la diagnosi e anche i farmaci. Non è giusto che l’esenzione sia garantita solo agli stadi più gravi, dato che qualsiasi tipo di endometriosi può peggiorare velocemente, e quindi è necessario che ogni donna affetta venga monitorata con gli esami necessari per far sì che non si aggravi. Detto ciò, c’è ancora molto da fare!

L’endometriosi sembra ancora essere una malattia “sottovalutata”, perché?

L’endometriosi è una malattia subdola dalle mille sfaccettature e complessa. Ed è sottovalutata non solo dalle stesse donne, ma anche dai medici. Il ritardo della diagnosi e la non conoscenza della malattia provoca grossi problemi. C’è ancora troppa ignoranza a riguardo ed è grave quando è un medico a non conoscere la malattia, perché i danni che può creare sono enormi. Il mio specialista di endometriosi ai convegni dice sempre questo: ‘l’endometriosi è come un tumore. Si tratta di una patologia benigna ma viene trattata come un cancro. Bisogna vedere questa malattia con occhi diversi. Chi vi dice che si guarisce vi prende in giro. La paziente deve uscire dalla sala operatoria senza endometriosi: deve mantenere le funzionalità viscerali, riproduttiva e della pelvi’.

Proprio perché chi non ne soffre spesso non sa neppure di cosa stiamo parlando, chiediamo a Michela di descriverci l’endometriosi da donne che la vive quotidianamente.

L’endometriosi è una malattia invisibile agli occhi. Ma bisogna ricordare che ciò che non si vede non significa che non esiste! Ti divora dentro, ti cambia e ti succhia l’energia vitale. È una rovinafamiglie che ti fa spendere soldi in quantità elevate, ti condiziona pesantemente la vita, destabilizza gli equilibri di coppia e logora la serenità nostra e di chi ci sta accanto. Questa malattia può arrivare a causare dolori così intensi e violenti da costringerti a letto imbottita di farmaci equivalenti alla morfina. È come se ti spezzasse la vita, e la cosa più brutta è che dato che è poco conosciuta dagli altri, nessuno crede che si viva di dolore cronico. Invece, purtroppo, ti cambia la vita e bisogna accettare che non si possono più fare le cose che facevi prima.

Per fortuna, qualcosa nel nostro paese si sta muovendo per sensibilizzare sempre più persone sulla malattia: marzo è diventato il “mese di consapevolezza dell’endometriosi”, e proprio Michela ci racconta che sono previsti molti eventi,  tra cui anche la sesta edizione della marcia mondiale contro l’endometriosi, che proprio lei organizza insieme a Mary, Daniela, Arianna, Laura e Roberta.

La marcia si terrà a Roma il 30 marzo, e in contemporanea in più di 50 capitali del mondo.

L’obiettivo è quello di far riconoscere i diritti delle donne malate. Per rimanere aggiornate sull’evento potete iscrivervi al gruppo Endometriosi Team Italy marciamo su Roma e alla pagina Endomarch Team Italy.

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