La funzione nascosta della clitoride oltre all'orgasmo

Relegata a semplice appendice del sistema riproduttivo femminile, la clitoride rappresenta invece un aspetto molto più complesso e interessante che meriterebbe maggiore attenzione, anche nell'ottica di una nuova concezione della sessualità femminile, libera dalla mentalità patriarcale a cui da sempre è stata confinata.

Sentendo nominare il termine clitoride, la maggior parte delle persone saprà sommariamente di cosa si tratta ma non avrà idea di cosa si sta parlando da un punto di vista anatomico. Questo perché da sempre alla clitoride non è stata dedicata la giusta attenzione: la stessa letteratura medica al giorno d’oggi risulta carente riguardo a studi e pubblicazioni ad essa dedicate. A questa mancanza di ricerca e di studio, fa eco anche una mancanza di conoscenza di quella che è invece una parte essenziale del sistema riproduttivo femminile, relegata a semplice appendice della vagina.

Dietro allo scarso interesse scientifico della clitoride vi è senza dubbio la sua relegazione ad organo deputato all’orgasmo femminile, ma vi è di più: il fatto che, solo apparentemente, non abbia alcun ruolo nel meccanismo della riproduzione può essere tra le cause alla base di questo disinteresse da parte della scienza medica, anch’essa influenzata dalla cultura di stampo patriarcale che ha da sempre concepito il sesso femminile subordinato a quello maschile, e da esso dipendente.

Le mancanze della scienza e le prime conquiste

Ancora oggi, dunque, nei confronti di questo tema regnano reticenza, vergogna e disinteresse prima di tutto da parte degli stessi accademici e scienziati che dovrebbero considerarlo materia di studio e approfondimento. A sostenerlo è una figura autorevole, Caroline de Costa, professoressa di ostetricia e ginecologia alla James Cook University di Douglas, in Australia, che così si esprime al riguardo.

Non se ne parla. Vado alle conferenze, vado ai workshop, dirigo la rivista, leggo altre riviste. Leggo sempre i giornali e non trovo mai riferimenti alla clitoride.

Un parere condiviso anche da Helen O’Connell, urologa di fama mondiale e la prima in assoluto a fare una ricostruzione fedele dell’anatomia della clitoride e delle vie nervose da cui questa è composta. La pubblicazione vede la luce nel 1998 e arriva dopo anni di studio che hanno portato la O’Connell a prendere consapevolezza della enorme diversità con cui la scienza si approcciava ai due differenti sistemi riproduttivi, quello maschile e quello femminile.

Durante gli anni dell’Università, la O’Connell potè infatti constatare come i libri di testo di anatomia riportassero ampi disegni anatomici del pene e relegassero invece la clitoride a semplice nota a piè di pagina, raffigurandola come una semplice protuberanza. Non solo, quando si specializzò in urologia e si approcciò alla chirurgia di rimozione della prostata, dove si prestava attenzione a non danneggiare i nervi che si collegavano al tessuto erettile del pene, sulla base di studi che furono condotti negli anni Settanta, si accorse che questo tipo di lavoro non era stato fatto per tracciare i nervi della clitoride. Questo la spinse a studiarne l’anatomia.

Dopo la pubblicazione del 1998, dove l’urologa è riuscita a ricostruirne la struttura anatomica compresa delle terminazione nervose, fino a quel momento ignorate, un nuovo studio del 2005 le ha permesso di esaminare la clitoride sotto risonanza magnetica e di arrivare ad averne una piena conoscenza. Questa la descrizione che ne fa la O’Connell e che suona come una vera rivoluzione culturale:

Non era solo un piccolo nocciolo di tessuto erettile, descritto in alcuni testi come “povero omologo” del pene. Si trattava invece di una forma, con il glande ricco di nervi che non era altro che la sporgenza esterna di un organo che si estendeva sotto l’osso pubico e si avvolgeva intorno all’apertura vaginale, con bulbi che si ingrossavano quando si eccitavano. Sembrava un’orchidea. Era bellissima.

L’obiettivo della O’Connell era fare in modo che l’anatomia femminile venisse considerata allo stesso modo di quella maschile. Ma per fare questo, e per studiare, cioè, degnamente la clitoride, era necessario superare un pregiudizio sociale nei confronti delle donne che godono della propria sessualità, svincolandole dal ruolo riproduttivo. Per questo, lo studio della clitoride, e la sua legittimazione sul piano scientifico rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale, che mette in discussione la concezione maschilista della subordinazione sessuale della donna all’uomo.

Al tempo stesso però, alcuni studi scientifici, già avanzati negli anni Settanta ma mai davvero riconosciuti, hanno dimostrato che la clitoride non sia solo deputata all’orgasmo femminile, ma che abbia anche un ruolo centrale nella riproduzione, come sostenuto ad esempio nello studio pubblicato sul Clinical Anatomy.

Secondo quest’ultimo infatti, la clitoride attiverebbe una serie di effetti positivi sul meccanismo riproduttivo, tra cui il miglioramento del flusso sanguigno vaginale, un aumento della lubrificazione e dell’ossigeno e un’alterazione della posizione della cervice, aspetto che rallenterebbe gli spermatozoi e ne migliorerebbe la motilità, agevolando il processo.

Se da un lato quindi, alla clitoride veniva riservata poca attenzione proprio per la sua relegazione a organo deputato al piacere femminile, dall’altro, un atteggiamento anti-patriarcale, giustamente maturato negli anni, avrebbe implicitamente impedito di riconoscerne l’importanza ai fini riproduttivi e di considerarlo un sottoprodotto al servizio della specie.

Eppure, una cosa non dovrebbe escludere l’altra: il riconoscimento del ruolo attivo della clitoride nella riproduzione non toglie nulla all’importanza che questo organo riveste per l’affermazione del piacere e della sessualità femminile.

Il falso mito del punto G

Per comprendere la questione della subordinazione sessuale della donna, citata in precedenza, è bene fare prima una breve dissertazione sulle caratteristiche della clitoride: quest’ultima, contrariamente a quanto si è abituati a pensare, non rappresenta solo un’appendice della vagina. La maggior parte della clitoride si trova infatti all’interno del corpo della donna, e quello che si vede all’esterno è solo un piccolo tratto. All’interno dell’apparato femminile la clitoride può arrivare a 10 centimetri di grandezza e rappresenta un organo ricco di terminazioni nervose che, se stimolato, può portare la donna all’orgasmo.

È ancora una volta la O’Connell a fare interessanti scoperte nel 2016. Sulla base di una serie di macroscopiche dissezioni anatomiche, scoprì che non vi era taccia di tessuto erettile nella parete vaginale, ma che l’unica parte erettile risiedeva nella clitoride, portando a sostenere che il punto G, di fatto, non esisteva o che, meglio, fosse solo il bulbo ingrossato di una clitoride eccitata e sentita attraverso la parete vaginale.

Queste considerazioni farebbero traballare secoli di sessismo che hanno da sempre visto la sessualità femminile come dipendente da quella maschile, per alludere, in senso lato, alla subordinazione del ruolo della donna. Alle stesse conclusioni giungeva, nel 1970, l’attivista statunitense Anne Koedt che, nel saggio Il mito dell’orgasmo vaginale – ripreso poi anche nel libro di Carla Lonzi del 1971, La donna vaginale e la donna clitoridea – confutava la tesi della crescita della donna e dei due due orgasmi, clitorideo e femminile, sostenuta da Freud. Secondo il padre della psicanalisi infatti, il secondo tipo di orgasmo, a differenza del primo, può essere raggiunto solo con la penetrazione e alluderebbe così nuovamente alla dipendenza della donna dalla procreazione e dal piacere maschile.

Ne deriva quindi che l’orgasmo clitorideo viene a rappresentare una grave minaccia per gli uomini, ossia diventare sessualmente superflui e riconoscere implicitamente l’indipendenza femminile.

Eppure, secondo quanto sostiene anche la ricercatrice Odile Fillod, comprendere il ruolo chiave della clitoride e conoscerne nel dettaglio l’anatomia, risulta essenziale affinché le donne possano liberarsi dal senso di vergogna o dal pensiero di essere anormali se il rapporto di penetrazione risulta per loro insoddisfacente, aspetto che sarebbe invece facilmente spiegabile con la mancanza di un tessuto erettile nella parete vaginale, come spiegato dagli studi della O’Connell.

Il contributo dell’arte e dei movimenti femministi

Anche in questo caso, i movimenti artistici di stampo femminista possono fare la differenza. Al di fuori degli ambienti medici e accademici, le ricerche e le scoperte condotte dalla O’Connell sono state accolte con entusiasmo, soprattutto da alcune artiste che hanno messo al centro della loro indagine ed espressione artistica la nuova rivoluzione culturale messa in atto dalla piena acquisizione dell’anatomia della clitoride.

In particolare, l’artista Sophia Wallace ha creato una campagna sulla cliteracy, da lei così definita, che ha contribuito a diffondere tra le donne l’anatomia della clitoride, ai più sconosciuta. Le sua installazioni che riproducono la reale forma della clitoride possono fare molto, e forse di più dei libri di anatomia, dove ancora oggi, alla clitoride non viene dedicato il giusto spazio.

Accanto alla Wallace, segnaliamo anche l’importante contributo dell’artista australiana Alli Sebastian Wolf, che nel 2017 ha realizzato una clitoride d’oro in scala 100-1, chiamato Glitoris. Queste le parole con cui l’artista spiega il motivo della sua scelta:

Avevo circa vent’anni quando ho visto com’era fatta la clitoride ed ero un po’ stupita da quanto fosse meravigliosa, e in secondo luogo mi sono detta: com’è possibile che non ce l’abbiano davvero mai mostrato o insegnato? Quando sapevo bene prima della pubertà che cosa fossero le tube di Falloppio e che forma avesse l’utero. Cosa che, sapete, è molto meno importante per la mia vita quotidiana.

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