Fra i disturbi alimentari non rientra solo l’anoressia, ma anche la bulimia nervosa o il disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED); tutti problemi che possono causare situazioni gravissime in chi ne soffre, arrivando spesso persino alla morte. Il caso di Isabelle Caro, morta di anoressia a meno di 30 anni, è diventato emblematico per far comprendere quanto davvero si parli di condizioni non sottovalutabili.

Come spesso facciamo, anche stavolta abbiamo deciso di lasciare spazio alle vostre voci, per raccontarci cosa significhi davvero vivere con un disturbo alimentare. Per questo, pubblichiamo la storia di Giorgia Bellini, una ragazza di Perugia che si è ammalata di bulimia a soli 14 anni e, con grande forza di volontà e determinazione, lentamente è riuscita a uscire dall’incubo, fondando anche un blog, Reborn, e scrivendo un e-book omonimo, dove parla della sua esperienza.

Giorgia ci ha scritto poche righe che ci hanno colpito, per questo le abbiamo chiesto di entrare più nel dettaglio, scrivendo per noi la sua storia, in modo che potesse rappresentare una testimonianza viva e reale per chiunque.

“Personalmente a oggi ancora non ho ben capito cosa mi abbia spinto ad ammalarmi.
Se mi chiedete quand’è la prima volta che ho vomitato non so rispondervi. È incredibile.
Ma una cosa è certa: i genitori al mondo d’oggi devono impegnarsi il più possibile a trasmetterci amore.

Fin da piccola sono sempre stata riempita di cose materiali, di oggetti, di telefoni sempre al top ma quello di cui avevo bisogno era un genitore con cui parlare, un genitore attento ai miei problemi adolescenziali, un genitore che si prendesse cura di me, un genitore che dedicasse parte del suo tempo a me.
Con questo non voglio assolutamente dire che sia colpa dei miei genitori, mai dirò questo… Però in alcuni casi avrei preferito un loro atteggiamento più attento e soprattutto avere due persone che non nascondono il problema che il figlio ha, ma che insieme a lui cercano in tutti i modi di affrontare e combattere la malattia. Convincersi che il figlio sta bene è uno degli errori più gravi che possono commettere.

Abbiamo bisogno di genitori coraggiosi, che sappiano guardare senza paura e con occhi disincantati la realtà.

Mi sono fatta una promessa con me stessa: ‘sarò l’adulto che avrei voluto quando ero piccola’. E questo farò.

Sono sempre stata una persona molto sensibile e fin da piccola ho sempre dato peso al giudizio degli altri, forse troppo. Se a scuola ero la più brava mi sentivo accettata dagli altri, se un ragazzo si interessava a me mi sentivo bella, altrimenti tutto crollava. Vivevo una continua competizione con chiunque, maschi o femmine, adulti o coetanei… Dovevo essere sempre perfetta, più di tutti in tutto.

Le mie insicurezze e il mio essere poco forte in questo mondo così crudele e ingiusto mi hanno fatto ammalare. I cattivi giudizi e i commenti dei miei coetanei, perché magari ero la più brava della classe o perché magari un ragazzo mi apprezzava, mi hanno fatto ammalare. Una carezza, un bacio non dato, un ‘come stai’ mancati da parte dei genitori mi hanno fatto ammalare. La solitudine, le poche amicizie e il nessuno con cui sfogarmi mi hanno fatto ammalare.

Degli anni della malattia ho pochi ricordi. Ho iniziato a 12 anni a fare una dieta togliendo i carboidrati e i cibi cosiddetti ‘fobici’ per me, ovvero dolci, pasta, pizza e tutto quello che associavo come ‘grasso’.
Inizialmente ero felice e soddisfatta della dieta che stavo facendo perché iniziavo a perdere chili. Mi trovavo in quella fase della malattia chiamata ‘luna di miele’ dove all’inizio il disturbo ti fa sentire bene e dove tutto intorno a te sembra perfetto. Ti senti invincibile, ma è in questa fase che iniziano i guai, perché si hanno tutti gli effetti negativi sul fisico.

Poi arrivano i cambiamenti di carattere e gli effetti collaterali negativi.
I DCA (disturbi del comportamento alimentare) ti uccidono dentro senza nemmeno accorgerti.
Passavo le giornate a dormire o ad abbuffarmi. Digiuni e abbuffate. Poi i sensi di colpa e il vomito autoindotto. A forza di vomitare, tutti i giorni anche più volte al giorno, mi ero trasformata non sono mentalmente, ma anche fisicamente. Gambe piene di cellulite, il viso gonfio, i capillari rotti e i denti corrosi di acido a causa del vomito.
Letteralmente avevo smesso di vivere.

Provai anche per due volte a togliermi la vita, ingerendo tantissime medicine. Due lavande gastriche, due ricoveri in ospedale per togliere il veleno del paracetamolo. 
La mia era una richiesta d’aiuto. Possibile che nessuno lo capiva? Possibile che dovevo non esistere più per far vedere che invece esistevo?
Io stavo male. Dovevo guarire“.

Dopo diversi anni passati in quella condizione, è proprio Giorgia, grazie all’aiuto dei nonni, che sceglie la sua strada; sceglie di vivere. Chiede aiuto al centro di Todi Palazzo Francisci, una struttura che cura i DCA, dove viene ricoverata per quattro mesi.

Ad oggi, dopo due anni dal ricovero presso la struttura posso finalmente dire ‘Sto bene’.
Le difficoltà a volte ci sono, non potrò mai dimenticare quello che ho passato, non è stato semplice e non è semplice combattere un sintomo che si è radicato dentro di me per ben otto anni, non riesco a dimenticare a volte tutto il dolore che mi sono provocata.
Però ora ho tutti gli strumenti necessari per prevenire e sconfiggere i brutti pensieri sul cibo e sul corpo.
Ho imparato a godermi ogni momento della giornata, ho imparato a dedicare del tempo solo alle cose che piacciono a me senza pensare al giudizio degli altri.

Il mio rapporto con il cibo è cambiato completamente. Ho una corretta alimentazione basata sull’assunzione di tutti i nutrienti che servono per vivere e, visto che sono golosa, anche di qualche dolcetto. Ma questo oggi non compromette la mia salute mentale e fisica.
Mi sono resa conto che il cibo nasconde una miriade di cose e serve solamente per mascherare ogni problema. Il cibo è stato il più semplice e l’ultimo stadio da curare.

Mi ripresento, come ho fatto all’inizio della storia.

Mi chiamo Giorgia, sono fiera di me e vi giuro che dai disturbi del comportamento alimentare si può guarire.
Ragazze a ragazzi , genitori e familiari, non sarà semplice, ci saranno lacrime, dolore, ci vorrà tanta pazienza e servirà un’infinita forza ma ce la potete fare. Ce la farete. Si può sconfiggere questo mostro.
Ricordatevi che la vostra vita vale più di ogni cosa.

Chiedete aiuto, circondatevi di persone che vi amano. Non riempite con il cibo i vostri vuoti.
E soprattutto, amatevi“.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!
  • Le interviste di RDD