L’anoressia e la bulimia sono disordini alimentari sempre più diffusi in tutto il mondo. Secondo l’ANAD, l’associazione americana che si occupa di anoressia nervosa e altri disturbi correlati, fino a 70 milioni di persone di ogni età e sesso soffrono di qualche forma di disturbo legato all’alimentazione. In un libro fotografico pubblicato alla fine del 2017, I want to disappear (voglio scomparire), l’artista Mafalda Rakoš ha raccontato in immagini la vita di alcune persone che hanno sofferto o ancora soffrono di questi problemi.
“Dire che si tratta di un problema globale mette in secondo piano un fatto importante. Ci sono infatti dati che evidenziano il fatto che le giovani donne che vivono in Occidente abbiano il rischio maggiore di sviluppare tali disturbi alimentari”, ha raccontato la fotografa sul suo sito. “In più, ci sono dati che provano come l’occidentalizzazione aumenti ancora di più il rischio. Nello specifico, una maggiore attenzione al proprio corpo, ideali di bellezza non realistici e la tendenza a cercare di migliorarsi, facendo diete ed esercitandosi, sono solo alcune (ma di sicuro non le sole) ragioni per chi i giovani si sentono insicuri di se stessi e del proprio aspetto. Queste tendenze sono maggiormente presenti nei paesi sviluppati”.
Il progetto I want to disappear mette in luce le storie di donne e di ragazze che hanno voluto condividere le loro esperienze di anoressia e bulimia. E, così come le vite di chi ha sperimentato disordini alimentari, le foto di Mafalda Rakoš riescono a cogliere le sfumature di giorni passati a lottare contro i propri demoni personali. Per questo la fotografa non si è limitata a scattare, ma ha anche realizzato interviste e raccolto disegni, sculture e scritti realizzati dalle protagoniste del libro.
“Esperti del campo, come sociologi, psicologi e terapisti, sono d’accordo sul fatto che non si tratti solo di dinamiche sociali, ma anche di esperienze individuali e familiari. Inoltre, questo argomento viene spesso trattato in maniera semplicistica. Viene utilizzato dai media come un concetto astratto e non come una malattia seria. Per colpa del tabù che riguarda questo argomento, spesso non si procede nemmeno con visite specialistiche”.
“Mia figlia mangiava solo mele e salatini, allora ho cominciato ad andare ogni mattina alla stazione di benzina per comprare dei piccoli panini tondi. Anche quando siamo andati in vacanza quella era la mia più grande preoccupazione: se non li avessi trovati mia figlia sarebbe morta di fame”, ha raccontato una mamma alla fotografa.
I want to disappear non è rivolto solo a chi è interessato alla fotografia contemporanea, ma anche a chi vuole scoprire un nuovo punto di vista sui disordini alimentari e soprattutto a chi ne soffre e sta cercando di trovare un modo per parlarne, proprio come è successo per molte delle partecipanti al progetto. Le foto hanno infatti rappresentato l’occasione per uscire allo scoperto e mostrarsi al mondo, per dare un’immagine realistica di quello che significa convivere con anoressia o bulimia.
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
“Non sapevo quando avrei smesso di perdere peso”, ha raccontato Barbara.
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
Vienna, 2015. Carolina soffre di anoressia e bulimia da 5 anni. Nonostante sia già stata ricoverata diverse volte, e per lunghi periodi, non è ancora vicina alla guarigione. “Per me è come una dipendenza. A dire il vero non mi interessa il mio aspetto, ma il rituale di purificazione… Sento che mi aiuta in qualche modo a lottare contro tutte queste cose che mi girano intorno”.
Una delle foto di Mafalda Rakoš
“Per me, questa foto mostra l’ambivalenza del cibo e del mangiare in generale. Penso che i coltelli siano molto brutali. Ogni volta che mangio un pezzo di pane o qualcosa del genere per me è come combattere”, ha detto una delle ragazze che ha partecipato al progetto.
La testimonianza di una delle ragazze fotografate
Questa composizione è stata realizzata da Ulrike, una giovane donna che abita a Vienna e soffre di bulimia e anoressia. La sua storia è lunga e complicata, tanto che secondo lei i problemi alimentari risalgono persino ai nonni. “Nella mia famiglia il rapporto col cibo è stato sempre vissuto male. Mi sono sentita grassa sin da piccola”. Per questo, fin da bambina ha alternato fasi in cui mangiava tantissimo a fasi di digiuno. La foto la ritrae da bambina, mentre il foglio è il registro delle sue pesate.
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
Vienna, 2015. “Questa foto, in cui sono di fronte al bagno, è speciale per me, anche se prima non ci pensavo…”, ha raccontato Ulrike, che ora sta meglio. “Mi fa pensare a quante volte sono passata da qui… La cosa interessante è che pensavo di sorridere di più quando mi fotografavi, ma penso che chi la guarda possa capire come mi sentivo. Sembravo chiusa in me stessa… e spesso mi sento ancora così. Evito il contatto con gli altri e sono così occupata da me stessa e dal cibo, tutto il tempo…”
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
R., Vienna, 2013. R. soffre di anoressia da due anni. In questa foto mostra il cerotto applicato dopo l’ultimo prelievo di sangue. “Mia mamma mi ha fatto tornare dal medico… Di nuovo”, racconta.
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
J. Vienna, 2015. J. è una giovane studentessa e ha sofferto di bulimia per 6 anni, ma oggi sta bene. Non ha però smesso di frequentare un gruppo di sostegno per chi soffre di disordini alimentari. Ascoltare le sue parole piene di ottimismo aiuta anche le altre ragazze che ancora oggi lottano contro i disturbi alimentari. Per loro J. è una fonte di ispirazione.
Una testimonianza di una delle ragazze fotografate
Vienna, 2014. Nella foto, il calendario di una ragazza che segnava i giorni in cui era riuscita a vomitare, liberandosi del cibo introdotto nel suo corpo, e la foto scattata in un ospedale.
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
V., Vienna, 2015. “Non importava come apparivo allo specchio e il fatto che le persone mi dicessero che ero magra: non ci credevo. Avevo la sensazione di non potermi fidare della mia percezione”.
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
S., Vienna, 2014. Come ricorda sua madre, S. ha sofferto di anoressia quando aveva 14 anni. “Mia figlia mangiava solo mele e salatini, allora ho cominciato ad andare ogni mattina alla stazione di benzina per comprare dei piccoli panini tondi. Anche quando siamo andati in vacanza quella era la mia più grande preoccupazione: se non li avessi trovati mia figlia sarebbe morta di fame”.
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
S., Cologne, 2015.
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
“All’inizio mi sentivo grande, quando ho iniziato a perdere peso. Ero forte, avevo energia, ero sana come un pesce. Ma poiché sono sempre stata magra, sono diventata rapidamente sottopeso e improvvisamente ho cominciato a sentirmi veramente stanca troppo velocemente. Non avevo l’energia per fare più niente”, ha detto Barbara
Una delle foto di Mafalda Rakoš
“Il bagno è ancora oggi un posto in cui prendo del tempo per me stessa”, ha detto una delle ragazze
Il libro di Mafalda Rakoš
Una delle ragazze fotografate da Mafalda Rakoš
Vienna, 2015. Carolina ha deciso che le bruciature sul suo ventre sono un simbolo della sua esperienza. “Ho sempre freddo… Sempre… Ecco perché non dormo mai senza una borsa dell’acqua calda. A volte è troppo calda, però, e mi lascia questi segni…”
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