Come difendersi se a molestare è il ginecologo: cosa è normale e cosa no

Come difendersi se a molestare è il ginecologo: cosa è normale e cosa no
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Alle donne oggi viene spesso e volentieri insegnato a difendersi dalle molestie, a limitare al minimo le situazioni di pericolo, ma cosa accade se l’orco si nasconde proprio nelle persone di cui dovremmo fidarci, o che siamo obbligate a frequentare per qualche ragione?

Infatti, non è raro che gli autori di abusi sessuali, se non di vere e proprie violenze, siano appunto le persone che si conoscono: amici, conoscenti, ma talvolta anche professionisti con cui veniamo in contatto per vari motivi. Da questa lista, i dottori non sono esclusi.

Certo non è semplice prefigurarsi l’idea di un medico che abusi delle proprie pazienti, approfittando della posizione professionale e della fiducia che, inevitabilmente, la sua figura ispira nelle persone, che si affidano totalmente nelle sue mani e non sempre sono in grado di distinguere gli atteggiamenti leciti da quelli assolutamente inappropriati. Se pensiamo, ad esempio, al caso di Larry Nassar, stimato medico della nazionale olimpica di ginnastica statunitense, finito in galera per aver molestato sessualmente moltissime atlete – fra cui la campionessa Simone Biles – si comprende però meglio quanto questi casi siano tutt’altro che rari, e soprattutto quanto sia facile, per un medico, abusare del proprio ruolo per avventurarsi in atti illeciti.

Pensiamo poi a cosa succede se l’abusatore è il ginecologo, ovvero l’uomo che, per ovvie ragioni, è in contatto con la parte più intima di ciascuna donna. Se già mettersi a nudo è spesso fonte di vergogna per molte di noi, al punto che non sono poche le donne che preferiscono rivolgersi a ginecologhe, evitando gli uomini per ragioni di pudore o imbarazzo, pensiamo a cosa può provare una ragazza che, durante la visita, venga messa a disagio dal medico con dei commenti inopportuni, ad esempio, o con gesti di cui si dubita dell’effettiva necessità.

Cosmopolitan ha raccontato la storia di Daniella Mohazab proprio per gettare luce su una situazione che troppo spesso resta sotto traccia, chiusa tra l’imbarazzo delle vittime di parlare dell’accaduto, magari anche per la paura di non essere credute, e l’indifferenza del medico che non si preoccupa dei danni psicologici che il suo comportamento può causare (oltre, naturalmente, alle conseguenze legali del suo agire).

Daniella ha avuto questa pessima esperienza con il ginecologo George Tyndall, stimato medico che collaborava anche con la University of Southern California (USC), la stessa che lei, all’epoca diciannovenne, frequentava.

Durante la visita, il dottore non ha lasciato la stanza mentre lei si cambiava timidamente, e all’inizio del controllo vero e proprio ha inserito due dita, non guantate, nella vagina di Daniella, tastando per quella che alla ragazza è sembrata un’eternità. Si è fermato solo per aggiungere il lubrificante.

Daniella era alla prima esperienza con una visita interna, e ha dato per scontato che la procedura che stava seguendo Tyndall fosse corretta; lui le spiegava che la stava preparando per un esame approfondito sulle infezioni vaginali, e che quello era un modo per far entrare il tampone in vagina agilmente, senza che le procurasse lesioni. Intimidita dall’esperienza dell’uomo, e rassicurata dal fatto che lavorasse alla sua università, lei lo ha lasciato fare, nonostante fosse rimasta perplessa già all’inizio del loro incontro, quando Tyndall le aveva detto che le donne filippine come lei erano intelligenti e brave a letto, aggiungendo anche che era carina.

Solo due anni dopo, nel maggio 2018, Daniella ha capito che quella visita non era sembrata strana solo a lei; la ragazza ha ricevuto un’e-mail dalla USC,  in cui si leggeva che il dottor Tyndall era stato accusato di comportamento inappropriato ed era stato licenziato. Ora è una delle oltre 100 donne che hanno fatto causa a lui e all’Università per molestie sessuali, anche se il medico nega qualsiasi illecito.

Fra le accusatrici di Tyndall, però, figurano, ad esempio, una donna – identificata solo come Jane Doe – che già nel 1991 aveva segnalato che il medico aveva scattato foto intime dei suoi genitali, e un’altra, nel 1993, a cui Tyndall avrebbe mostrato la foto di una donna asiatica poco vestita, chiedendole se avrebbe preso in considerazione l’idea di fare una cosa del genere. Secondo latimes.com, nel magazzino di Tyndall la polizia, nel giugno scorso, avrebbe trovato decine di video e fotografie pornografiche, alcune delle quali ritraevano lo stesso dottore durante un rapporto sessuale, e altre che immortalavano le pazienti nude. Leonard Levine, l’avvocato difensore del ginecologo, ha spiegato che quelle foto erano state scattate con il consenso delle pazienti, e che non sono mai state mostrate a nessuno.

Certamente la posizione del medico è, per usare un eufemismo, piuttosto critica; ma, al di là degli aspetti tecnico-legali, questa testimonianza aiuta davvero a comprendere cosa possa subire una donna che si trova in una situazione del genere, e quali implicazioni un’esperienza simile possa avere sulla sua vita. Per questo, come in ogni altro caso di abuso, prendere coscienza della violenza che si sta subendo e parlarne è la cosa fondamentale. Mettendo da parte imbarazzi, vergogne, e fregandosene della posizione di prestigio che ha la persona che ci ha fatto tutto questo.