“Avevo solo 40 giorni di vita quando mi è stata diagnosticata la fibrosi cistica. All’epoca non si faceva lo screening neonatale per la fibrosi cistica a tutti i bimbi, come invece avviene adesso, ma da alcune complicanze alla nascita hanno capito che qualcosa non andava e dopo i test è arrivata la diagnosi“.
Comincia così il racconto di Giulia, mamma di due gemelle che da tutta una vita convive con un’ospite scomoda che però, per lei, rappresenta la sua normalità.
Normale, ci racconta Giulia, è la sua quotidianità fatta di medicine e terapie, l’andirivieni dagli ospedali; tanto che, appena bambina, così si immaginava la vita di tutti, non sapendo dell’eccezionalità della sua.
Del resto, quando nasci con una malattia, così come con una disabilità, non riesci a figurarti un mondo differente da quello in cui vivi tu, e paradossalmente non hai neppure la necessità di “abituarti” a quel tipo di vita; perché sai già come viverla, e per te è quello il tuo concetto di “normalità”:
Giulia, con la sua fibrosi cistica, di cui racconta anche su Instagram, ha vissuto un’esistenza il più possibile normale; si è sposata, è diventata mamma, insomma non ha voluto che questo fagotto ingombrante datole in dono con la nascita le compromettesse la possibilità di realizzare dei sogni, di provare delle esperienze… Di vivere, semplicemente.
Oggi Giulia definisce la sua vita “in sospeso”
“Sono ormai nella fase più grave della malattia, da due anni vivo attaccata a una bombola di ossigeno e sono in lista di trapianto bipolmonare, questo vuol dire che attendo da un momento all’altro una chiamata che mi avvisi che hanno trovato degli organi compatibili con me per ‘correre’ ad affrontare un intervento di più di 10 ore che mi permetterà di continuare a vivere e di riconquistare un po’ di libertà. Oggi fatico a fare anche le cose più semplici, sono spesso ricoverata in ospedale e dipendente dalle flebo, ma confido in quella chiamata e nel fatto che potrò provare finalmente cosa vuol dire respirare a pieni polmoni“.
Le sue parole rendono davvero bene l’idea di cosa significhi vivere da sempre con una malattia come la fibrosi cistica, che spesso è sottovalutata, considerata “poco grave” o, più semplicemente, ignorata da chi, direttamente o meno, non l’ha vissuta.
La fibrosi cistica è una malattia subdola, perché da fuori spesso non si vede ma dentro ti distrugge.
“È una patologia degenerativa che altera le secrezioni degli organi, impedendone il normale funzionamento e danneggiandoli progressivamente. In particolare i polmoni sono soggetti a continue infezioni che li portano a deteriorarsi e a toglierti letteralmente l’aria, ma vengono colpiti anche pancreas, fegato, intestino, ghiandole del sudore, con conseguenti problemi di digestione, nutrizione, diabete, disidratazione.
A oggi l’età media di un malato di fibrosi cistica è di poco più di 40 anni. Ma la ricerca sta facendo passi da gigante, anche grazie alla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica la cura è vicina, e sono certa che per chi oggi è ancora piccolo la speranza di guarire dalla fibrosi cistica sia concreta.
Io la vedo come una parte di me con cui faccio a gomitate da una vita, a volte prende un po’ più il sopravvento lei, altre volte riesco a dare qualche stoccata io…
“Sostenendo la ricerca però sono certa che arriveremo a sconfiggerla finalmente. Non per me, ma per chi verrà dopo senz’altro“.
Certo Giulia oggi sembra una persona positiva e molto ottimista, ma c’è stato un periodo in cui ha temuto, soprattutto di poter “trasmettere” la malattia alle sue bambine. Prima di averle, suo marito, Paolo, si è sottoposto ai test genetici per escludere che fosse portatore sano.
Non avrei mai rischiato di poter trasmettere la fibrosi cistica a loro. È importante che si sappia che una persona su 25 è portatrice, spesso inconsapevole, di questa malattia, che poi così rara non è e che l’unico modo per saperlo è fare il test genetico prima di una eventuale gravidanza.
A questo si aggiungono naturalmente i momenti di paura, quelli in cui si teme di non farcela.
“Ogni ricaduta è un grosso rischio, e quando arrivano a proporti il trapianto di polmoni è perché non ti resta più molto tempo da vivere… Quindi certo, c’è la paura e c’è lo sconforto, poi però ci si rialza e si continua a lottare.
Penso che nella vita non possiamo scegliere le carte che ci capitano, ma il modo in cui giocarcele sì… E quindi scelgo di vivere, ogni giorno. Non posso sprecare tempo a piangermi addosso, sopravvivere non mi basta, io voglio vivere, appieno, ogni attimo.
Inutile dire che la maternità sia per Giulia un valore aggiunto, un motivo in più per lottare e per ritenere la vita degna di essere vissuta.
“Essere mamma è un privilegio, enorme.
Ho lottato e rischiato per averle, perché con una patologia come la mia avere una gravidanza per di più gemellare è un grande rischio, ma le mie bambine sono la mia conquista più grande, il frutto di un amore immenso tra me e Paolo, che è riuscito a superare ogni limite.
Non amo definirmi malata, sono Giulia, sono una donna, sono una moglie innamorata e sono una mamma. E si ho anche una malattia grave, il che vuol dire che spesso devo essere ancora più multitasking di quanto siamo normalmente noi donne…
Perché ti ritrovi a metterti una flebo mentre racconti una favola, a fare areosol e terapie mentre allacci scarpe e vesti barbie, a preparare la colazione mentre ti inietti l’insulina, a nascondere la fatica e il dolore dietro a un sorriso, a dover spiegare le assenze dei ricoveri in ospedale…
Ma per il resto sono una mamma come tutte le altre, le amo alla follia, faccio il possibile per loro e ogni tanto mi tocca qualche sgridata! La cosa più importante per me è che loro siano serene, che non vivano la mia malattia con angoscia… C’è e ci conviviamo, oggi non posso fare tante cose ma ne inventiamo altre che vadano bene, una scampagnata diventa un pic nic sul tappeto del salotto, e va bene così. In casa nostra si ride tanto e ci si ama ancora di più, il resto, un passo alla volta, si affronta“.
Nella gallery trovare i post carichi di grinta e commozione di Giulia.
La firma per il trapianto di polmoni
“12.10.2017 La firma con cui ho scelto di continuare a lottare con le unghie e con i denti… La messa in lista per il trapianto di polmoni… Ho stretto la tua mano, tu, la mia forza e la mia vita, l’uomo che amo e che tanti anni fa ha scelto di lottare con me nonostante la consapevolezza che non sarebbe stato facile nè indolore…
Ma insieme siamo qualcosa di così meraviglioso che va oltre qualunque malattia e qualunque ostacolo… Ho stretto quella penna e in quella stretta c’eri tu, c’eravamo noi, le manine paffute delle nostre bimbe, la nostra vittoria più grande e la mia motivazione più forte, perché voglio e devo esserci accanto a voi, il più a lungo possibile, c’erano i miei genitori che mi hanno insegnato a volare alto nonostante la vita mi abbia dato delle ali scalcagnate, il mio fratellone che da sempre mi guarda le spalle, in quella stretta c’era tutta la nostra grande famiglia, tra legami di sangue e di cuore contraddistinti sempre e solo d’amore, c’erano gli amici, quelli veri, sinceri su cui possiamo contare ad occhi chiusi…
Ho stretto quella penna e c’ero io, e c’era lei, la malattia che ho cercato di tenere da parte per una vita perché temevo di mostrarmi fragile… Oggi c’ero io, che ho capito che ciò che credevo mi rendesse fragile in realtà è ciò che mi ha reso così forte… E allora eccola qui, la firma, perché anche stavolta non te la do vinta, io non mollo un cazzo.
In attesa del trapianto
Oggi Giulia è in attesa del trapianto di polmoni.
Quando arrivano a proporti il trapianto di polmoni è perché non ti resta più molto tempo da vivere… Ma io voglio farcela.
Dice.
Aiuta gli altri
Giulia sostiene moltissimo la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica.
Un nemico inesorabile
Un anno fa oggi firmavo i documenti per entrare in lista di trapianto bipolmonare.
Avevo immaginato la milionesima cena di sushi, Paolo che finge di lamentarsene, le nostre ragazze che la soia se la bevono direttamente e i pezzi del loro riso alla cantonese che spuntano ovunque per giorni… Avevo immaginato un brindisi, cin cin ridendo di come ti fissano Lisa e Alice da quando gli abbiamo insegnato che si brinda sempre guardandosi dritto negli occhi, abbracci per dirci che siamo stati bravi perché è stato un anno tosto, di attesa, di sospensione, di tanti tanti momenti difficili, ma il sorriso non l’abbiamo perso mai e siamo sempre un po’ scemi e un po’ matti nonostante tutto…E ancora un brindisi alla vita che ci riprenderemo e che abbiamo già immaginato e che è lì che ci aspetta… Su quella cima ancora da scalare ma per cui siamo pronti, per quanto lo si possa essere… Avremmo incrociato forte le dita tutti e quattro insieme, strizzato gli occhi e espresso un desiderio, solo e unico uguale per tutti… Avremmo festeggiato anche se non c’è nulla da festeggiare in un anniversario del genere ma che ci frega, noi troviamo un motivo per essere felici anche quando sembra non ce ne siano…
Forse il sushi ci sarà lo stesso stasera, ma da sola in un letto d’ospedale… La mano di Paolo non sarà stretta alla mia perché starà stringendo quella delle nostre ragazze e lui dovrà spiegargli per l’ennesima volta che la mamma starà lontano per qualche settimana… Ci saranno videochiamate e magoni trattenuti a stento… Perché per quanto resti positiva, per quanto la affronti a testa alta e con un risata sguaiata, per quanto una famiglia intera faccia fronte comune per combatterla, la fibrosi cistica è una malattia inesorabile e ad oggi non lascia scampo.
Una mamma il modo di correre lo trova sempre
Prima o poi smetteremo di collezionare foto in ospedale, è una promessa. Sono giornate un po’ difficili, io sempre ricoverata, una nuova patologia appena scoperta e una nuova terapia da iniziare (avevo giusto i reni ancora sani, non potevo mica lasciarli lì no?!), siamo sfiniti, tutti, avevamo fantasticato per questa estate viaggi e avventure insieme e invece siamo ancora legati a un filo dell’ossigeno e a uno del telefono, Lisa nel frattempo ha anche provato l’ebbrezza di una corsa al pronto soccorso e dei suoi primi 10 punti di sutura…
Per fortuna nel mio stesso ospedale, cosi ho potuto raggiungerla e starle accanto… Perché quando serve, una mamma il modo di arrivare lo trova sempre.. (vi lascio immaginare la scena di una pazza in pigiama e bombola dell’ossigeno che di sera tardi sbuca dal nulla nel pronto soccorso su una sedia a rotelle cercando la figlia. #normalimai). Ma non molliamo. Oggi fate un respiro anche per me e godetevi quello che avete, la vita è meravigliosa.
Non mi farò portare via il sorriso dalla fibrosi cistica
La fibrosi cistica cerca di portarti via qualcosa ogni giorno. Si è presa la mia capacità di respirare, lasciandomi con la sensazione costante di essere in apnea, di cercare di risalire in superficie per una boccata d’aria che non arriva mai… Si è presa la mia libertà, libertà di muovermi, di correre, spesso anche solo di camminare… Mi ha tolto il mio orgoglio testardo, la mia tanto amata indipendenza, a volte mi sembra si porti via anche la mia dignità…
Ma la voglia di vivere e il sorriso, quelli non potrà togliermeli mai…
Stai cercando di portarmi via tutto, ma io oggi me ne frego, prendo un motorino elettrico e inseguo le mie figlie per i corridoi di un museo!
La sua famiglia
Le sue gemelle, Lisa e Alice
Paolo, suo marito
- Le interviste di RDD
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