Il tema riguardante i bagni pubblici è sempre piuttosto spinoso. Nel nostro Paese, come in tanti altri, questo genere di servizi è spesso carente da tutti i punti di vista: ci sono pochi bagni a disposizione nelle aree più frequentate, e spesso sono in condizioni disastrose.

Che una riorganizzazione sia necessaria è fuori da ogni dubbio, ma in che modo andrebbe fatta? Secondo un recente studio britannico della Royal Society for Public Health (RSPH), la condizione primaria da rispettare riguarderebbe la proporzione tra i servizi pubblici per le donne e quelli per gli uomini.

Le donne hanno infatti bisogno di un numero maggiore di bagni, per cui è caldamente consigliato che al sesso femminile ne vengano assegnati il doppio rispetto a quelli previsti per gli uomini. Da cosa deriva questa differenza? I fattori da prendere in considerazione sono molti.

Ad esempio, spesso le donne indossano un abbigliamento più “complicato” – basti pensare ai collant e al tempo necessario per risistemarli correttamente! Per non parlare poi della famosa “posizione” da tenere per poter fare pipì in tutta sicurezza, quella posizione che le mamme ci insegnano da piccole e che ci accompagnerà per il resto della nostra vita.

Queste differenze, di stile e anatomiche, prevedono una maggior perdita di tempo all’interno dei bagni pubblici, rispetto alla rapidità con cui gli uomini possono esperire ai loro bisogni fisiologici. Ci sono poi le esigenze legate al ciclo mestruale: non solo una donna che ha bisogno di cambiarsi necessiterà di più tempo, ma andrà anche in bagno con una frequenza maggiore. Ecco perché qualche servizio pubblico in più per le donne sarebbe auspicabile.

Il problema, in realtà, non riguarda solamente il sesso femminile. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un rapido declino dei servizi pubblici, con sempre un maggior numero di bagni in condizioni pressoché impraticabili o direttamente fuori uso.

Tutto ciò va a discapito non solo delle donne, ma della collettività in generale. A farne le spese, poi, sono soprattutto coloro che hanno delle patologie che li portano a frequentare più spesso la toilette. Diabete, cistite, problemi renali, sindrome del colon irritabile: queste sono solo alcune delle condizioni che impongono frequentemente una visita al bagno – ma anche semplicemente una donna in gravidanza, che ha più spesso bisogno di urinare.

Le conseguenze di una riduzione dei servizi pubblici si fanno sentire: il report della RSPH riporta dati piuttosto importanti. Degli intervistati, il 43% ha dichiarato di non uscire di casa tanto quanto vorrebbe, proprio per evitare il disagio di dover cercare un bagno pubblico. E il 56% ha confessato di evitare di bere per non incorrere nell’esigenza di urinare, una pratica fortemente sconsigliata da qualunque medico, perché può portare rapidamente alla disidratazione.

In che cosa si traduce questa ricerca? Semplice: è necessario fare un investimento maggiore nelle infrastrutture urbane, puntando alla creazione di un sufficiente numero di servizi pubblici. Il rapporto tra bagni femminili e maschili non dovrebbe essere di 1:1, come accade di frequente, bensì sarebbe consigliabile approntare per le donne il doppio di toilette previste per gli uomini. E non dimentichiamo qualche bagno unisex, per rendere egualitario l’accesso ai servizi pubblici.

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