Cos’è il crash out e perché la GenZ più che andare in burnout sta "crollando"

Come affrontare il crash out: si tratta di un'evoluzione del burnout e riguarda principalmente la Generazione Z. I consigli per tutelare la propria salute mentale.

Una giornata tipo: ci svegliamo presto, ci prepariamo, corriamo al lavoro, pensiamo alle scadenze, infilandoci una breve pausa pranzo. Poi usciamo dal lavoro, ci immettiamo nel traffico, corriamo per cercare di soddisfare altri impegni. Forse c’è solo un’amica che ci aspetta per lo shopping, o forse i nostri figli hanno bisogno di aiuto per i compiti. Probabilmente c’è un cane da portare a passeggio. O dobbiamo correre in palestra. O magari ci sono genitori anziani di cui ci prendiamo cura. Corriamo, fino a che la giornata non finisce. In tutto questo ci piazziamo aggiornamenti social, controllo dell’e-mail, messaggini continui e telefonate. Ma a un certo punto questa routine, giorno dopo giorno, ci fa crollare: è arrivato il crash out.

Che cos’è il crash out

Come riporta Usa Today, “crash out” è definito dal Collins English Dictionary come “venir meno” ma con il tempo ha assunto un altro senso: “impazzire o fare qualcosa di stupido”. Secondo l’Urban Dictionary, la nuova accezione contempla anche: “mettersi consapevolmente in situazioni pericolose”. L’espressione si è fatta strada rapidamente nel linguaggio della Gen Z su TikTok.

Nella sostanza l’espressione, apparentemente mutuata dal linguaggio dell’informatica, vuol dire crashare, spegnersi mentalmente emotivamente e fisicamente, come scrive Change Is Here. È un po’ come quando sul nostro computer entra un virus oppure abbiamo aperto troppe app tutte insieme, e il computer vai in crash, si spegne, termina la sessione ex abrupto. E quando siamo noi stessi ad andare in crash, può voler dire che o siamo crollati sul letto o sul divano per la stanchezza oppure siamo talmente sovrastimolati e sopraffatti da andare in burnout. Oppure addirittura oltre il burnout.

Le cause del crash out

Le cause del fenomeno sono facilmente intuibili:

  • stanchezza digitale a causa di troppe notifiche e multitasking;
  • esaurimento emotivo legato al fatto di non trovare spazio per noi stessi o noi stesse;
  • problematiche di salute mentale come ansia e attacchi di panico;
  • troppa pressione sul posto di lavoro ma anche a casa.

Le parole del crollo

Non si tratta di semplice stanchezza, non si tratta “solo” del burnout (che pure è un aspetto da non sottovalutare assolutamente). È una situazione completamente nuova, che quindi richiede una parola nuova. Il crash out è un blocco del sistema, solo che questo sistema non è un computer, non è una macchina, è un essere umano. Non si tratta solo di spegnere le proprie capacità cognitive, ma di spegnere anche le proprie emozioni e i propri sensi: è un vero proprio crollo a 360 gradi, in cui non diventiamo altro che macchine che si rompono. Al tempo stesso è però positivo che esista una parola per descrivere questa situazione, perché se siamo in grado di dare un nome ai fenomeni, forse riusciamo a trovare un modo anche per trovare una soluzione.

Come fare quando avviene il crash out

Quando un computer va in crash, si prova a riaccenderlo. Nei casi più gravi lo si riporta a impostazioni di fabbrica oppure si contatta un tecnico. Ma cosa accade quando noi andiamo in crash? Come facciamo a uscirne? Le soluzioni almeno sulla carta potrebbero essere semplici, o quanto meno immediate da comprendere:

  • eliminiamo il senso di colpa. Non abbiamo responsabilità per il crash out, può darsi che abbiamo sottovalutato dei segnali, ma assolutamente non è colpa nostra. Non è un fallimento. Se non riusciamo a capirlo, è necessario ricorrere a un aiuto psicologico;
  • rallentiamo. Ritroviamo i nostri spazi attraverso i nostri tempi. Sì, è vero, tutto quello che dobbiamo fare in una giornata richiede forse tempi maggiori, e allora noi prendiamoceli, perché il diritto alla salute mentale non è negoziabile con nulla;
  • prendiamoci davvero i nostri spazi. Magari è solo una passeggiata in solitudine, ho il tempo per un buon caffè, ma troviamo il modo di fare ogni giorno una piccola cosa che ci piace;
  • entriamo in psicanalisi. Fa sempre bene, sia che siamo già crollati, sia che stia per succedere, e in tal caso forse potremmo anche evitarlo;
  • creiamo in casa e al lavoro dei luoghi di sicurezza psicologica, in cui possiamo comunicare il nostro malessere agli altri in libertà;
  • prendere l’abitudine a riposarsi, magari solo chiudendo gli occhi per cinque minuti senza guardare lo schermo.

Sull’Oprah Daily viene consigliato di investire in consapevolezza. Per cui se si avverte che il crollo sta per arrivare, magari ci si può concentrare su respiri profondi, oppure se si è soli cantare a squarciagola una canzone allegra come Walking On Sunshine, o ancora semplicemente un gridare a casa propria contro un cuscino. Riconoscere le nostre sensazioni ci permette anche di evitare di fare del male a noi stessi e agli altri.

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