Cos'è e a cosa serve il trapianto di microbiota fecale (che non cura l'autismo)

Ci possono essere delle ricerche in corso su trapianto di microbiota fecale e autismo, ma volontari e famiglie devono ottenere il consenso informato. Cosa sapere su una terapia che è autorizzata solo contro un batterio.

Un argomento di medicina di grande attualità è rappresentato dal trapianto di microbiota fecale. Si tratta di una prospettiva interessante, cui si ricorre in caso di una specifica infezione che a volte è recidivante, ma soprattutto è resistente agli antibiotici. C’è però un problema: un’informazione rielaborata tantissime volte che è diventata una fake news sulla “cura” dell’autismo. Quest’informazione riguarda la possibilità che questa terapia possa in futuro interessare le persone con autismo, per quanto riguarda i disturbi gastrointestinali riscontrati in alcuni individui con questa condizione.

Che cos’è il microbiota fecale

Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità, il microbiota fecale è ciò che chiamiamo comunemente flora intestinale, ovvero “l’insieme dei microrganismi che vivono nel tratto gastrointestinale e contribuiscono a mantenerlo sano e in equilibrio contrastando lo sviluppo di eventuali germi provenienti dall’esterno”. È composto per lo più da batteri e rappresenta una componente sana del nostro organismo quando è in equilibrio: quando questo equilibrio viene alterato (per via dell’alimentazione sregolata, infezioni o assunzione scorretta di antibiotici), sorgono problemi intestinali.

Come viene usato il trapianto di microbiota fecale

Si tratta di un trapianto tout court: la flora batterica sana di un paziente sano viene trapiantata, per via endoscopica, nell’intestino di una persona malata, nello specifico di qualcuno colpito in maniera ricorrente da un batterio chiamato Clostridium Difficile, che è resistente agli antibiotici (anzi questo tipo di farmaci può peggiorare la situazione con diverse recidive). Questo batterio provoca:

  • diarrea;
  • colite pseudomembranosa fulminante;
  • megacolon tossico;
  • perforazione intestinale.

In Italia, il trapianto di microbiota fecale è quindi autorizzato solo nelle cure contro questo batterio, ma scienziati e scienziate stanno cercando di capire le possibili applicazioni di questa terapia in caso di sindrome dell’intestino irritabile, oltre che in alcuni tumori, malattie autoimmuni e disordini neurodegenerativi. Il procedimento non è esente da rischi, come spiega su Instagram il dottor Simone Mammone, gastroenterologo di respiro internazionale, e questi rischi sono:

Infezioni anche gravi (es. batteri multiresistenti), febbre, complicanze da colonscopia o sedazione, effetti imprevedibili sul microbiota.

Perché non serve a “curare” l’autismo

Partiamo da un presupposto lessicale: l’autismo non si cura, perché non è una malattia ma una condizione, o se vogliamo una caratteristica che tante persone hanno, a volte anche senza saperlo. Spesso, secondo la mentalità comune (che è appunto comune, ma non per questo corretta), quando si parla di autismo in quanto diversa abilità tout court, ci si riferisce a un autismo a basso o medio funzionamento: purtroppo c’è tanta ignoranza diffusa e molti luoghi comuni sull’argomento.

A questo si deve aggiungere la confusione che spesso nell’opinione pubblica si fa strada in relazione ai sintomi dell’autismo: non esiste di fatto una vera e propria codifica di questi sintomi proprio perché in realtà si parla di disturbo dello spettro autistico, ovvero di un’ampia gamma di condizioni in qualche modo accomunate da una presunta causa probabilmente di origine genetica (gli studi sono ancora in corso, ma è verso quest’ipotesi che sono concentrati gli scienziati). Ma c’è di più: si è diffusa la falsa credenza che il trapianto di microbiota fecale possa “curare” alcuni sintomi dell’autismo. Tuttavia lo stesso Mammone ricorda che il trapianto di microbiota fecale

Non è autorizzato per l’autismo: fuori da studi clinici non si può fare.

Tra l’altro non esistono centri per l’autismo autorizzati per il trapianto: di fronte a informazioni di questo tipo, è fondamentale rivolgersi solo a medici e strutture accreditate (evitando miracolose vendite di capsule online), ma è possibile che persone con autismo (anche minorenni) vengano coinvolte in studi clinici per vagliare se questo trapianto possa alleviare il lato che potrebbe interessare l’apparato gastrointestinale in questa condizione: volontari o tutori legali devono essere a conoscenza dello scopo dello studio, di potenziali rischi e benefici tramite il consenso informato. Naturalmente, se per uno studio del genere vi chiedono di pagare, non si tratta di una struttura o di medici seri e accreditati, non c’è neppure bisogno di fare qualche piccolo controllo di rito, ma scappare a gambe levate.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!