Preoccuparsi delle sostanze nocive che vengono immesse nell’ambiente è qualcosa di decisamente fondato. Si tratta di un problema che corre lungo due filoni di conseguenze. Uno interessa l’ambiente, il futuro del pianeta, gli ecosistemi e la biodiversità. L’altro ha a che fare con i rischi per la salute di persone e animali, dato che queste sostanze nocive possono entrare nella catena alimentare.

Il processo con cui le tossine entrano nella catena alimentare e si accumulano nell’organismo prende il nome di bioaccumulo. A esso è associata anche la biomagnificazione, un processo differente, in cui le tossine aumentano la loro concentrazione all’interno della catena alimentare, come si legge su cimi.org.

Sebbene alcune tra le sostanze nocive siano state messe al bando anche da decenni, bioaccumulo e biomagnificazione hanno fatto sì che le tossine siano entrate e rimaste in ambienti naturali come gli oceani e gli esseri che li abitano. Esseri di cui in parte di nutriamo.

Bioaccumulo: cosa significa?

Bioaccumulo
Fonte: Pexels

Come accennato, il bioaccumulo è quel fenomeno in cui le tossine derivate da sostanze utilizzate nei processi industriali entrano nell’organismo umano attraverso la catena alimentare. Secondo Sciencing, sono diversi i modi in cui avviene questo ingresso, ovvero:

  • ingestione;
  • assorbimento attraverso la pelle;
  • inalazione;
  • assorbimento attraverso il suolo da parte delle piante.

In pratica, che si sia onnivori o che si abbia scelto una dieta vegan, non c’è modo di sfuggire al bioaccumulo, perché appunto la contaminazione interessa in primis le piante. Quindi che ci si nutra di verdure, ortaggi, cereali e legumi direttamente, o che si mangi carne di animali erbivori, il fenomeno interessa tutti (anche se in misura differente). Ma c’è anche dell’altro.

Facciamo un esempio che ci interessa particolarmente da vicino. Sappiamo che in Italia, in alcuni luoghi sono stati interrati rifiuti tossici per mano delle mafie. Secondo un luogo comune, solo i terreni che sono passati di proprietà risentono di questo problema, come se colpisse solo quegli appezzamenti dei quali non si conosce la “storia”.

Tuttavia le tossine entrano anche nel ciclo dell’acqua, essendo liposolubili, longeve e biologicamente attive, colpendo anche quei terreni coltivabili che non risentono di tale criminale interramento. Allo stesso modo, sia per sversamento diretto, sia per il ruolo nel ciclo dell’acqua, vengono colpiti da bioaccumulo anche i mari. E poi via, nella catena alimentare.

E poi non dimentichiamo la biomagnificazione. In ogni passaggio attraverso la catena alimentare, le tossine possono aumentare la loro concentrazione fino a 10 volte, per cui chi si nutre fondamentalmente di vegetali risente in misura minore del fenomeno rispetto a chi mangia anche carne e pesce.

Bioaccumulo e biomagnificazione, la differenza

Come chiarito in precedenza e come si legge su Pwrc, il bioaccumulo è l’accumulo delle tossine nei tessuti di un organismo, mentre la biomagnificazione è l’aumento della concentrazione delle tossine che sale via via negli esseri che sono più in alto nella catena alimentare.

Cimi.org chiarisce che il bioaccumulo parte dall’acqua di mare e quindi le tossine si annidano per prime nel fitoplancton. Di questo si nutrono gli organismi chiamati zooplancton (tra cui anche pesci edibili), e in essi la concentrazione di tossine aumenta. E attraverso i pesci commestibili le tossine biomagnificate ancora una volta entrano nell’organismo umano.

I pericoli del bioaccumulo

Bioaccumulo
Fonte: Pexels

Sciencing spiega che i bioaccumulatori sono immagazzinati nei tessuti adiposi e poi rilasciati nel flusso sanguigno quando gli animali producono energia: in questo modo vengono danneggiati organi e sistemi vitali. Inoltre sono rilasciati nei tessuti mammari, per cui le tossine vengono passate e biomagnificate nel latte materno.

In particolare, una delle sostanze più pericolose è il petrolio, il cui sversamento o contatto con l’acqua porta all’accumulo di idrocarburi associati all’insorgenza del cancro, in particolare grazie al consumo dei molluschi, che tendono ad accumulare tossine più di tutte le altre creature marine.

Anche l’inquinamento da metalli pesanti provoca fenomeni di bioaccumulo e biomagnificazione, che possono portare a malattie o condizioni che danneggiano il sistema nervoso, il fegato, i reni e il sistema circolatorio. In alcuni casi si possono verificare problemi anche sulla fertilità e sul sistema riproduttivo.

Oltre agli effetti sull’organismo di persone e animali, il bioaccumulo può danneggiare talmente molti esemplari di diverse specie, fino a portarne all’estinzione: per questo motivo, ad esempio, si teme per il futuro delle orche, che sono tra i cosiddetti grandi predatori.

Bioaccumulo e biomagnificazione: come difenderci

La prevenzione può essere d’aiuto, cercando di limitare utilizzo e produzione di materiali che liberino le loro tossine nell’ambiente. Tra i metodi di prevenzione AspiringYouths annovera:

  • impedire l’utilizzo di alcuni metalli pesanti come piombo, arsenico e mercurio;
  • limitare l’uso di prodotti nocivi come materiali idraulici in pvc, vernici al piombo, legno trattato con prodotti che contengono metalli pesanti.

In altre parole la prevenzione si basa su un concetto che conosciamo già. Il progresso dell’umanità ci ha portati a inquinare, ma ci serve una inversione della rotta, ricominciare a vivere in maniera più naturale. Si deve agire alla base del problema, perché una volta che le tossine sono nell’ambiente bioaccumulo e biomagnificazione fanno il loro corso e non possiamo far nulla, a quel punto, per impedirlo.

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