Dopo la tragica notizia della morte di Francesco, un bambino di appena sette anni deceduto il 27 maggio scorso all’ospedale Salesi di Ancona a causa di un’otite bilaterale curata con l’omeopatia piuttosto che con gli antibiotici, il dibattito sulle vie alternative all’allopatia, ovvero alla cura con i farmaci “tradizionali”, è tornato inevitabilmente a inasprirsi. E mentre c’è chi, nonostante tutto, ancora difende la terapia omeopatica come validissima soluzione non farmacologica, una voce del tutto inaspettata esce dal coro: è quella di Christian Boiron, direttore generale del Gruppo Boiron, fondato dal padre Jean assieme al gemello Henri, ossia il vero leader mondiale dei farmaci omeopatici, che vanta quasi quattromila dipendenti (di cui duecento in Italia) e un fatturato di 610 milioni di euro. Proprio lui, che dell’omeopatia dovrebbe essere il paladino, ci tiene invece a precisare alcuni importanti aspetti riguardo l’utilizzo delle cure omeopatiche, che – a dispetto di quanti potessero pensare il contrario, trattandosi dell’erede di un gruppo che dell’omeopatia ha fatto il proprio business – non escludono affatto il ricorso ai farmaci allopatici. Semmai i due elementi dovrebbero combinarsi insieme, dice Boiron in un’intervista rilasciata a Corriere.it, essere complementari, non alternativi.

Naturalmente sulla morte del piccolo Francesco è stata aperta un’indagine che nei prossimi mesi seguirà il suo sviluppo legale, probabilmente una parte dell’inchiesta potrebbe riguardare anche i genitori del bambino, che alcuni ritengono responsabili per quanto accaduto. Noi, però, di fronte alla morte di un bimbo non vogliamo esprimere giudizi, né addentrarci nelle questioni prettamente mediche o nelle implicazioni giuridiche della vicenda, ma semplicemente riportare il punto di vista di una persona estremamente coinvolta nella spinosa questione omeopatia vs farmaci tradizionali, che tuttavia sostiene chiaramente una posizione che non pone in antitesi i due elementi in gioco.

Partiamo da un assunto molto semplice ma fondamentale: il medico è e resta comunque cruciale nella decisione su come trattare una patologia; perciò, anche riguardo alla scelta del ricorso all’omeopatia, sostiene Boiron, quest’ultima deve essere vista come

Una specializzazione che dà strumenti in più per inquadrare e curare le malattie, in sinergia.

Non esistono aut-aut, quindi, l’omeopatia deve lavorare in combinazione con l’allopatia per ottenere risultati migliori. Boiron, per suffragare la sua posizione, illustra l’esempio del Cephyl, un farmaco prodotto per cinquant’anni dalla sua azienda, che aveva il principio attivo dell’aspirina combinato con componenti omeopatiche. L’Agenzia del farmaco francese chiese al Gruppo Boiron di fare una scelta netta tra uno l’altro elemento, e così fu scelto di ritirarlo. Ma Boiron si dimostra ancora oggi scettico rispetto alla posizione dell’Agenzia.

Secondo me non dovrebbe esserci una contrapposizione tra i due tipi di farmaco. L’integrazione può essere preziosa, come già avviene nella cura del cancro.

Già, che cosa pensa Boiron a proposito di quelli che sostengono di poter curare addirittura il cancro basandosi esclusivamente sulla terapia omeopatica?

No, assolutamente. Ma ci sono dei casi in cui il paziente ha problemi di tolleranza rispetto a certe cure, come la radioterapia, e i farmaci omeopatici lo possono aiutare a sopportarle. Sempre più spesso i medici stanno scegliendo di integrare la terapia convenzionale con la terapia omeopatica. L’obiettivo è comune: far guarire il malato e alleviargli le sofferenze.

Ma il vero punto di partenza fondamentale di Boiron è un altro e attiene al principio di soggettività rispetto alla ricezione di un farmaco, omeopatico e non, oltre che, naturalmente, alla gravità della patologia da trattare.

Esistono anzitutto le persone, che reagiscono tutte in modo diverso. È chiaro che per certe sintomatologie non gravi e frequenti preferisco raccomandare un farmaco omeopatico. Soprattutto con i bambini, vedo che si tende a esagerare con gli antibiotici, anche quando non sarebbero necessari.

Quello che sostiene Boiron, in sostanza, è il raggiungimento di un buon punto di equilibrio, che non implichi il ricorso in via esclusiva all’omeopatia ma neppure, d’altro canto, un abuso indiscriminato di farmaci, specie nei soggetti più giovani. Una posizione chiara e ben delineata, che si aggiunge alle tante voci (più o meno valide) che in queste ultime settimane stanno discutendo a proposito di un’altra questione delicatissima, quella delle vaccinazioni.

Se una persona muore dopo aver preso un farmaco allopatico – dice – nessuno dà la colpa alla cura. E purtroppo nel mondo ogni anno muoiono due milioni di persone per questo, nessuno dice niente.

Se qualcuno pensava che Boiron fosse uno strenuo sostenitore dell’omeopatia è lui stesso a smentirlo:

Do gli antibiotici anche ai miei figli, sono un farmacista. E ho scelto ogni volta la cura migliore per loro, come qualunque papà e nonno. Anche mia madre e mio padre erano farmacisti, da piccolo sono stato curato in modi diversi. Casa nostra era frequentata da medici tradizionali e medici omeopati. La cosa davvero importante è proprio questa: scegliere un buon medico, perché è suo il compito di fare la diagnosi giusta e dare la cura più adatta.

E il buon medico, sostiene Boiron, è proprio quello capace di dosare e usare perfettamente l’integrazione fra cure allopatiche, senza esagerare, e terapie omeopatiche, senza considerarle come via alternativa in toto alla medicina tradizionale. Un buon compromesso, insomma.

Voi che ne pensate?

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