"È giusto accettare la fragilità" Anna e l'Artrite Idiopatica Giovanile - INTERVISTA

Ad Anna è stata diagnosticata l'Artrite Idiopatica Giovanile a 3 anni. Oggi studia, si impegna, combatte per abbattere le discriminazioni, le barriere architettoniche e l'abilismo.

Sono diverse le malattie di cui si parla poco e, per questo, si pensa spesso che siano più rare di quanto in realtà siano. Fra queste rientra anche l’Artrite Idiopatica Giovanile, una malattia cronica caratterizzata da un’infiammazione persistente alle articolazioni, che si gonfiano, provocano dolore e limitano nei movimenti. Il termine “idiopatica” significa che non si conosce la causa esatta della malattia. L’AIG è una malattia relativamente rara, che colpisce circa 1-2 bambini su 1.000, e si chiama infatti giovanile proprio perché si manifesta prima dei 16 anni di età.

Per approfondire i temi della malattia abbiamo intervistato Anna Chiricosta, trentenne laureata in Scienze Cognitive a cui l’AIG è stata diagnosticata a soli 3 anni.

Raccontaci qualcosa in più sull’Artrite Idiopatica Giovanile: come i tuo genitori hanno scoperto che tu l’avessi, che tipo di incidenza ha, insomma, proviamo a fare informazione su questa malattia.

L’Artrite Idiopatica Giovanile è una patologia autoimmune, reumatica, cronica con prevalenza di 3-4/1 sulle donne, in Italia. Il termine ‘giovanile’ sta a indicare l’esordio della patologia in età infantile, adolescenziale o comunque prima dell’età adulta.
Io, ad esempio, avevo 3 anni, quando i miei genitori hanno deciso di farmi svolgere degli esami più approfonditi e farmi visitare da un* specialista a causa dei forti dolori articolari. Prima della diagnosi, ho passato, infatti, un anno con febbre altissima; forti dolori articolari; non riuscivo a camminare, a stare in piedi o semplicemente a tenere in mano una posata.
Oggi, ho 30 anni, vivo a Reggio Calabria e viaggio per curarmi. C’è da dire, però, che trent’anni fa circa la situazione era diversa: i centri specializzati in patologie reumatiche nei bambini erano pochi, mentre oggi la nostra penisola conta più di un centro specialistico in ogni regione.

È così che all’età di 3 anni iniziano per me e mia madre i viaggi per curarmi, prima a Genova e poi a Milano. Due anni dopo e due centri specialistici dopo era ormai certo avessi l’AIG e che avrei dovuto iniziare delle cure che mi avrebbero accompagnato per tutta la vita, con la speranza di non avere ricadute della patologia. Di ricadute ne ho avute tante e, a oggi, ho anche fatto degli interventi chirurgici per cercare di rendere i miei movimenti più fluidi.
Con l’aiuto della ricerca e della scoperta di nuovi farmaci, oggi sto meglio e mi sposto con le stampelle o la carrozzina“.

Com’è la tua quotidianità oggi da persona che ha l’Artrite Idiopatica Giovanile?

Non è facile vivere la propria quotidianità con una patologia reumatica e cronica. Nel corso degli anni, ho rinunciato a molte cose e so che rinuncerò a tanto altro ma questo mi ha resa più consapevole e a non dare più nulla per scontato: quando la mattina riesco ad alzarmi bene dal letto, a svolgere le mie commissioni, uscire con gl* amic* e viaggiare, ci faccio caso.
Ho promesso a me stessa di sfruttare i giorni in cui sto bene, facendo sempre una piccola cosa che mi rende felice e mi sono anche detta che quando sto male, invece, va bene sentirmi giù e prendermi i miei spazi. È giusto anche accettare di avere paura e sentirsi fragili“.

Parliamo di ispiration porn e abilismo, visto che quando si parla con una persona con disabilità spesso si finisce, seppur tavolta in maniera del tutto inconsapevole, per “praticarli”: ne sei mai stata vittima? Qual è il tuo pensiero a riguardo?

Purtroppo parlare di abilismo non è mai positivo. È un vero e proprio sistema discriminatorio, così come ce ne sono tanti, che vuole rimettere al proprio posto le persone con disabilità negli stereotipi cui la società ci ha da sempre confinati, delle volte cercando d’integrarci ma mai realmente a includerci.

Oggi le persone con disabilità combattono per farsi spazio, acquisire i propri diritti e, mai come negli ultimi anni, questa cosa sta avvenendo.
L’abilismo, purtroppo, non si manifesta solo da parte delle persone abili nei confronti delle persone con disabilità ma anche da parte delle stesse persone con disabilità, con l’abilismo interiorizzato.

L’abilismo interiorizzato non è una colpa, ma è semplicemente la conseguenza del vivere nella nostra società, dove la narrazione della disabilità è ancora fermamente centrata sugli aspetti assistenziali e poco sulle opportunità di crescita che se ne potrebbero trarre.

Tante volte sono stata vittima di abilismo e di inspiration porn. A chi, infatti, mi definisce un modello da seguire dico che, in realtà, mi sono adattata alle mie difficoltà che mi hanno reso più consapevole ma non migliore di tante altre persone.
Nella mia vita ho sbagliato e sbaglierò. Nessuno mi ha mai fornito un libretto d’istruzione da seguire e che posso regalare ad altri per superare con più facilità la malattia. Mi piace essere definita una guida da seguire ma per l’insieme di cose che sono e che ho conquistato nonostante limiti e difficoltà non perché ho una patologia.
Non basta vivere delle difficoltà o con una patologia per essere delle belle persone“.

Chiara è davvero una giovane donna molto impegnata, che sta scrivendo un libro, che definisce “una sorta di autobiografia romanzata che tratta la mia storia e quella di altre ragazze come me”, e attraverso una petizione ha cercato di attirare l’attenzione sulla presenza delle barriere architettoniche nella sua città, Reggio Calabria.

Approfondiamo i temi del libro, Anna: a che punto è?

“Il libro tratta tre storie che vanno a scavare in fondo, nell’animo. Sono tre storie che raccontano il dolore, la rivalsa, la paura, la preoccupazione e l’equilibrio.
Naturalmente, il libro affronta il vivere le proprie esperienze della vita con l’Artrite Idiopatica Giovanile ma non è un libro che tratta solo di malattia.
Leggendo il libro diventa facile identificarsi con una delle protagoniste, semplicemente perché ogni persona è una parte di loro, anche solo in una fase della propria vita.
Il libro è arrivato alla terza e ultima storia e adesso inizierà la ricerca di un editor* pront* a raccontare delle storie profonde ma forti e fragili allo stesso tempo. Io ce la sto mettendo tutta!”.

E della petizione, che ci puoi dire?

In generale, credo si faccia fatica rendere accessibili varie aree e mezzi urbani, perché, ancora oggi, la disabilità nelle persone è vista come una condizione fortemente invalidante, denormalizzante e medicalizzata.
La Convenzione delle Nazioni Unite e diverse istituzioni a carattere internazionale, ad esempio, stanno dimostrando come la disabilità sia fortemente influenzata dal contesto in cui si vive e che, quindi, rendere una realtà il più accessibile possibile porta, di conseguenza, anche le persone con disabilità ad essere più libere e autonome“.

Quali sono i prossimi obiettivi che ti sei posta?

“Tanti sogni e traguardi. Mi piacerebbe continuare a parlare d’inclusione e diritti delle persone con disabilità, scoprire luoghi che in passato non ho avuto la possibilità di visitare, continuare a scrivere e mi piacerebbe anche scardinare un altro tabù della nostra società, cioè sfilare in carrozzina. Chissà, le idee ci sono…

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