Vera Issel è una giovane violoncellista che ha scelto la musica molto tempo fa. Era solo una ragazzina quando, a 12 anni, ha iniziato a studiare seriamente il violino, per poi approdare in conservatorio poco più che 16enne. È parso subito chiaro a Vera che quella sarebbe stata la sua strada. Ma la sua storia con la musica ha più le sembianze di un romanzo intenso e struggente, destinato a vivere tormenti e ostacoli.

Vera, infatti, incontra piuttosto presto delle difficoltà a cui solo molti anni dopo darà un nome e che influenzeranno tutto il suo lungo percorso di musicista. È così che ci ha raccontato la sua storia:

Dopo neanche qualche mese dal mio ingresso in conservatorio, ho iniziato ad avere difficoltà nell’eseguire alcuni passaggi al violino: le dita della mano sinistra andavano per conto loro e avvertivo anche degli spasmi. Quando cercavo di appoggiare le dita sul violino, la mano si chiudeva a pugno e mi rendeva difficoltosa l’esecuzione dei brani. Solo molti anni dopo, ho capito che si trattava della distonia.

Quelli erano i primi segni della distonia focale del musicista, che ha colpito Vera alla mano sinistra e che le verrà diagnosticata solo in seguito. Si tratta di una patologia invalidante di tipo cognitivo inserita tra le cosiddette malattie rare – perché a oggi le cause sono ancora sconosciute –  che blocca l’arto colpito, creando irrigidimento muscolare, spasmi e in alcuni casi anche dolore.

Vera, però, per molto tempo resta senza una risposta. Cambia conservatorio, si approccia a diversi strumenti, ma la “diagnosi” degli insegnanti resta sempre la stessa: mancanza di talento.

La svolta arriva quando, a 22 anni, inizia a studiare la viola con una violista, l’allora prima viola del teatro regio di Torino.

È stata l’unica insegnante a capire che avevo un problema alla mano. Dopo anni in cui mi sentivo ripetere di continuo che non ero brava abbastanza e che quella non era la mia strada, iniziavo a intravedere una luce. Così, su suo suggerimento, vado da un fisioterapista, il quale però decreta che devo smettere di suonare. Un “referto” drammatico e inaccettabile. La mia insegnante mi consiglia di passare a uno strumento più grande, che possa facilitarmi con la mano e io inizio a dedicarmi alla viola da gamba, ma riscontro lo stesso problema. Quindi decido di smettere del tutto.

La pausa di Vera durerà ben 7 anni. Pesano ancora su di lei i giudizi negativi ricevuti nel tempo, il senso di inadeguatezza e la costante sensazione di sentirsi sbagliata in quella che però lei continua a riconosce come l’unica sua strada possibile. In questi lunghi anni, Vera si dedica a un’altra sua passione e inizia a lavorare come educatrice cinofila. Anche in questo percorso, solo apparentemente così distante, la musica irrompe però di nuovo nella sua vita.

Le mie lezioni erano di fatto maggiormente indirizzate ad educare i proprietari e mi servivo spesso di metodi di meditazione. In seguito, su suggerimento di un’amica, ho iniziato a introdurre la musica: suonavo l’arpa e facevo arpaterapia per i cani, per favorirne il rilassamento. Poi succede una cosa inaspettata: mia cugina mi chiede di suonare al suo matrimonio, e da lì scatta di nuovo la scintilla.

Vera riprende così a dedicarsi a tempo pieno alla musica e all’arpa: studia di continuo e si esercita tantissimo. Purtroppo il problema alla mano si ripresenta ancora più prepotentemente. Le dita della mano sinistra sono del tutto bloccate, Vera muove solo il pollice. Si ritrova ancora una volta di fronte al suo incubo. Ma poco dopo sarebbe arrivata la svolta definitiva e l’inizio di una nuova fase.

Nel 2018 un’amica mi porta a un concerto di Ezio Bosso. Lì succede qualcosa: ho visto la sua forza e la sua passione che vincevano ogni difficoltà e mi sono detta: “devo capire che cos’ho”. Ho scritto una lettera a Ezio, che mi ha risposto con parole piene di umanità. Ho ripreso a suonare e mi sono aiutata con un tutore. Un giorno stavo cercando in rete un tutore e mi imbatto in un articolo sulla distonia. Avevo finalmente trovato quello che stavo cercando da più di 15 anni.

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Le cose da quel momento in poi sembrano ritrovare il posto che avevano perduto:

Dopo molti anni, tutto ritrova finalmente un senso, e la strada che stavo da tempo cercando di abbandonare, e a cui puntualmente mi riaffacciavo senza soddisfazioni, torna di nuovo davanti a me. Questa volta però, riconosco chiaramente che è quella giusta.

È nel periodo del primo lockdown che Vera capisce qual è la sua missione. Apre un canale YouTube attraverso il quale condivide i brani da lei eseguiti su improvvisazione e inizia a delinearsi in lei un preciso percorso musicale che prenderà forma di lì a poco.

Durante i mesi del primo lockdown, mi dedico nuovamente al violoncello. Il mio problema alla mano c’è ancora, ma ora ha un volto e un nome, e io riesco ad affrontarlo con maggiore consapevolezza. Posso però suonare solo con l’anulare e il medio della mano sinistra, e questo mi impedisce di eseguire brani da orchestra, così mi dedico all’improvvisazione e all’esecuzione di brani composti da me. All’inizio è stata dura. Stonavo di continuo. Ho dovuto studiare tanto, sbagliare e imparare a non giudicarmi. Ma da quella che sembrava una difficoltà, è nato un sogno. È stato infatti proprio questo cambiamento forzato, che all’inizio suonava a tutti gli effetti come un impedimento e un ripiego, che mi ha portata a capire cosa voglio davvero fare attraverso la mia musica.

Vera, di discendenza ebraica, capisce che il suo desiderio è quello di andare a suonare nei luoghi della memoria. Non a caso il suo progetto porta il nome di Zakhòr, che in lingua ebraica significa appunto “memoria”.

Voglio suonare in luoghi che sono stati scenario di crudeltà e soprusi, come ex manicomi, campi di concentramento, musei della memoria, ex carceri. Attraverso il mio violoncello, voglio farmi portavoce di tutte quelle persone che non hanno potuto parlare o non sono state ascoltate, tutte quelle persone emarginate, deboli, considerate “diverse” dalla società. Voglio portare in scena le storie degli ultimi, di quelli che in passato sono stati reclusi, torturati e brutalmente uccisi.

Lo scorso settembre Vera ha suonato all’ex manicomio di Collegno e a breve spera di poter realizzare un suo grande desiderio: andare a suonare ad Auschwitz.

In quesi ultimi anni ho capito che la distonia è stata per me un dono, una preziosa risorsa, che devo mettere a disposizione degli altri. I miei antenati di religione ebraica sono stati vittime di una storia di grande dolore ed emarginazione, io stessa ho vissuto una vita fatta di incomprensione e sofferenza, oggi ho finalmente capito che tutto quello che ho vissuto, gli ostacoli che ho incontrato nel mio percorso, dovevano portarmi qui.

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