Sushi low-cost e all you can eat: cosa rischiate di mangiare con il pesce

E va bene, il sushi ci fa impazzire e lo mangeremmo anche tutti i giorni. Ma cosa ci offrono davvero le formule all you can eat? Gli esperti avvertono, un sushi a buon mercato non è mai una buona idea. Ecco perché

Tutti pazzi per il sushi: la cucina nipponica piace sempre di più, anche qui in Italia. E se da una parte c’è chi continua la propria crociata in difesa di pizza & carbonara, il numero di chi si lascia conquistare dalle prelibatezze orientali è in costante aumento. I motivi? Sicuramente non è solo una moda, i lati positivi di sushi e sashimi non sono pochi.

In primis il gusto, delicato e ricercato, amato dai palati più raffinati. E poi, ovviamente, la salute: mangiare riso, alghe bollite e pesce è sicuramente più dietetico del 90% dei nostri piatti. Non vale per i condimenti ovviamente (la salsa di soia è ricca di sale, tanto per dirne una); ma sicuramente il ristorante giapponese permette abbuffate relativamente ipocaloriche. E poi, ammettiamolo: è bello da vedere (e super instagrammabile!)

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Note dolenti: il costo. Eh sì, perché il pesce è un alimento caro. Ma cos’ha di tanto speciale il sushi per costare così tanto? Semplice, è crudo. E quindi, venendo a mancare la cottura (grande alleato nell’eliminazione dei batteri), il pesce deve essere freschissimo. Pena il rischio di indigestioni e infezioni anche gravi.

Fonte: Web

Ma la moda è un forte traino, la richiesta cresce costantemente, ed ecco che i ristoranti di sushi low-cost hanno iniziato a spuntare come funghi. Vorremmo scrivere “ristoranti giapponesi”, ma non sarebbe adeguato, perché quelli effettivamente a gestione nipponica sono pochissimi.

Basti un dato (La Stampa): a Milano, dove il sushi è anche più di moda che altrove, esistono oltre 500 ristoranti di questo tipo. Quelli giapponesi? Sono solo nove. La stragrande maggioranza (473) è a gestione cinese. Molti di questi sono proprio ristoranti cinesi che hanno deciso di riconvertirsi, cavalcando l’onda della moda del momento.

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Ovviamente in sé non c’è nulla di male. Il problema è che in queste catene low-cost, dove con la formula all you can eat possiamo pranzare con 10€ consumando solo pesce crudo, il rischio c’è eccome. Nei controlli effettuati in Italia negli ultimi due anni le irregolarità igienico sanitarie (ebbene sì) sono state registrate nel 70% dei casi. Il punto è che procedure di conservazione del pesce crudo sono molto meticolose; seguirle con precisione costa. Per questo, spiegano gli esperti, un pasto a base di pesce non può – in nessun caso – costare come una pizza.

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Ma allora che cosa mangiamo, in queste catene? Chi compra nei mercati all’ingrosso solitamente ci va a fine giornata, scegliendo pesce di bassa qualità (e ormai non più fresco) purché economico. Spesso è pesce non tracciato, pescato illegalmente e infrangendo regole importanti (favorendo quindi l’estinzione di alcune specie, un fatto gravissimo per l’ecosistema marino). E quando non possiamo tracciare la provenienza di un alimento non facciamo un danno solo all’ambiente: lo facciamo anche a noi stessi, perché così diventa difficile stabilirne la bontà. Un alimento non tracciato, probabilmente, verrà meno alle norme igieniche e sarà contraffatto.

Un esempio classico è l’aggiunta di coloranti chimici, usati soprattutto per vivacizzare il rosso del tonno. I gamberi appena pescati vengono trattati con l’acido borico per preservarne il colore. E ci sono anche i conservanti, come il Cafodos (illegale in Italia) che permette al pesce di mantenere tutte le caratteristiche esteriori della freschezza, ma senza impedirne il deterioramento (che quindi c’è, ma non si vede).

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Il rischio del batterio anisakis, che vive nelle interiora dei pesci ed è molto pericoloso per lo stomaco umano, è sempre dietro l’angolo. Specie con il tonno, il primo nella classifica dei pesci pescati illegalmente. Più sicuro il salmone, che quasi sempre è allevato in Nord Europa.

Ma allora dobbiamo smettere di mangiare sushi? Niente affatto. Basta informarsi e privilegiare i locali magari meno economici, ma che possono darci informazioni sicure su ciò che abbiamo nel piatto. La speranza per il futuro è il sushi a chilometro zero; preparato, sì, secondo le antiche regole giapponesi, ma con ingredienti locali, freschi e tracciabili. Le catene low-cost? Meglio evitare: mangiamolo meno spesso, il sushi, ma mangiamolo bene. E senza rischi.

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