Gli smartphone hanno ormai assunto un ruolo preponderante nelle nostre vite, tanto che per qualcuno si può parlare di vera e propria dipendenza. Se c’è chi lo usa assiduamente per lavoro, infatti, dall’altro lato molto invece non riescono a staccarsi da app e social praticamente mai, ma da anni c’è una domanda cui tentiamo di dare una risposta: il telefono cellulare potrebbe causare dei tumori?

Una risposta è arrivata dalla sentenza di un tribunale italiano.

La sentenza rivoluzionaria della Corte d’Appello di Torino

La Corte d’Appello di Torino martedì 14 gennaio 2020 ha in pratica risposto di sì alla domanda, confermando la sentenza di primo grado emessa nel 2017 dal Tribunale di Ivrea, sul caso di Roberto Romeo, ex dipendente Telecom Italia affetto da neurinoma del nervo acustico, un tumore alla testa benigno ma invalidante.

Le perizie tecniche hanno fornito “solidi elementi per affermare un ruolo causale tra l’esposizione dell’appellato alle radiofrequenze da telefono cellulare e la malattia insorta”, confermando quindi la prima sentenza in cui si condannava l’Inail a corrispondere a Romeo, assistito dallo studio legale Ambrosio&Commodo di Torino, una rendita vitalizia da malattia professionale.

Le nuove consulenze tecniche richieste dai giudici hanno preso in esame anche uno studio dell’Agenzia internazionale dell’Organizzazione mondiale della sanità per mostrare come i campi elettromagnetici ad alta frequenza siano “cancerogeni possibili per l’uomo”, rovesciando quindi quanto emerso da un rapporto curato la scorsa estate da Istituto Superiore di Sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea, che non aveva dato conferme all’aumento di neoplasie legato all’uso del cellulare.

Anzi, i periti hanno criticato proprio quella ricerca, spiegando come usasse “in modo inappropriato i dati sull’andamento dell’incidenza dei tumori cerebrali” e non tenesse conto “dei recenti studi sperimentali”.

Ma cosa ne pensa la scienza a riguardo?

Le ricerche più recenti e i pareri discordanti

Dal mondo scientifico sembrano esserci ancora pareri piuttosto discordanti circa la connessione tra uso dei cellulari e sviluppo dei tumori. Due degli studi più recenti sono stati portati avanti dal National Toxicology Program, nel marzo 2018, e dall’Istituto Ramazzini: entrambi hanno usato migliaia di cavie simulando l’uso del telefono, l’istituto americano esponendoli alle radiofrequenze a 900 MHz per tutto il giorno a intermittenza, quello italiano alle antenne 3G (1,8 GHz) in maniera continua per 19 ore al giorno.

Entrambi gli studi hanno evidenziato un aumento dei tumori del cervello (glioblastoma) e delle cellule di Schwann; e anche la dottoressa Belpoggi, direttore scientifico della Fondazione Ramazzini, nel gennaio 2020 ha aggiunto alle Iene che “Le evidenze scientifiche ci dicono che esiste un pericolo”.

Mentre la dottoressa Devra Devis, oncologa e scrittrice americana, già da tempo parla dello scandalo “Phonegate”, scoppiato grazie al medico francese Marc Arazi dopo la scoperta che i test svolti dai produttori per certificare i limiti delle emissioni delle onde elettromagnetiche sarebbero stati condotti in maniera non realistica, simulando l’uso del cellulare da una distanza di 7-10 millimetri dall’orecchio. Una distanza che praticamente nessuno di noi mantiene quando deve parlare al telefono.

Ci sono però altri tre lavori sperimentali, in cui a essere esposti sono stati un numero ridotto di ratti, per un periodo di tempo più corto e 2 ore al giorno, che hanno prodotto un risultato negativo. La scienza, quindi, continua a non avere una prova definitiva che possa rispondere con assoluta certezza alla domanda.

Come funzionano i cellulari

Il funzionamento dei cellulari dipende dall’invio e dalla ricezione di segnali verso i ripetitori più vicini all’apparecchio utilizzando onde a radiofrequenza (RF), una radiazione non ionizzante che non provoca direttamente mutamenti cancerogeni. L’intensità delle onde a radiofrequenza però determina un certo livello di riscaldamento: se sono molto intense possono infatti scaldare i tessuti con cui vengono a contatto.

I cellulari comunicano con i ripetitori tramite l’antenna da cui emettono le onde a radiofrequenza: è proprio questa la parte dell’apparecchio in cui c’è maggiore esposizione alle RF ed è quella che si avvicina alla testa dato che durante la telefonata si appoggia il telefono all’orecchio. Durante una conversazione telefonica quindi c’è assorbimento di energia da parte dei tessuti: alla fine della chiamata si può facilmente verificare il surriscaldamento dell’orecchio a cui si è tenuto appoggiato il cellulare.

Altro elemento che influisce sull’intensità di emissione delle onde a radiofrequenza è la lontananza dai ripetitori: il cellulare emetterà onde ad intensità maggiore man mano che si allontana dal ripetitore, ad esempio quando si fa una chiamata in treno o in auto e l’apparecchio deve cambiare ripetitori via via che ci si sposta.

Come diminuire la quantità di RF assorbite dal corpo

In attesa di una risposta definitiva da parte della scienza vi sono alcuni comportamenti che sarebbe comunque meglio adottare per scongiurare il rischio di assorbire meno RF:

  • Non tenere il cellulare attaccato all’orecchio.
  • Usare in alternativa il viva voce o le cuffie con il cavo.
  • Non tenere il telefono nel taschino della giacca, dei pantaloni o vicino al seno.
  • Non dormire con il cellulare acceso sotto il cuscino o sul comodino.
  • Lasciarlo ad almeno un metro di distanza se proprio lo si vuole lasciare acceso.
  • Non chiamare in macchina, treno e in generale su mezzi in movimento.
  • Ricordare che il telefono emette radiazioni anche quando non si chiama.
  • Evitare che lo usino i bambini.

Tasso specifico di assorbimento

Chiamato anche SAR (Specific Absorption Rate) è l’indice della quantità di onde a radiofrequenza che un’unità di tessuto biologico assorbe in un’unità di tempo. Il limite massimo fissato in Europa è di 2 Watt per Kg misurati su 10 grammi di tessuto. Ogni smartphone ha indicato il valore di SAR e comunque chi volesse approfondire queste caratteristiche del proprio apparecchio o di uno che si vuole acquistare può farlo sul sito del produttore.

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