Il Preservativo Femminile Deve Essere Pubblicizzato

Preservativo femminile, questo sconosciuto. Perchè in Italia è ancora un tabù? Perchè i ginecologi non sponsorizzano questo metodo contraccettivo? Proviamo a rispondere a queste domande insieme alla presidente Lila, la dott.ssa Cerioli.

La Lega Italiana per la lotta contro l’Aids (Lila) ha voluto riportare alta l’attenzione sull’importanza della contraccezione femminile.

Purtroppo questo argomento pare essere ancora tabù per molte persone e quando si parla di metodi contraccettivi il riferimento è immediato con il preservativo maschile o la pillola che però non protegge da malattie sessualmente trasmissibili.

Il preservativo femminile è stato ormai testato da anni ma nel nostro Paese è ancora sconosciuto. Come per quello maschile, esiste ancora molta disinformazione circa tali anticoncezionali e altrettanti tabù, come ci mostra questo video:

Per questo la presidente Lila, Alessandra Cerioli, denuncia la situazione e sottolinea:

“Il preservativo femminile è assente da qualsiasi programma di prevenzione sanitaria, è reperibile a pagamento al costo di sette euro per tre pezzi. Eppure andrebbe pubblicizzato e diffuso gratuitamente, cosa che attualmente avviene solo nei nostri centri. Del resto è notorio che l’80 per cento dei contagi di Hiv è dovuto proprio ai rapporti senza profilattico”.

Il direttore dell’Iss, Gianni Rezza, ammette che del preservativo femminile si conosce ancora poco e suggerisce dei nuovi studi, delle ricerche e analisi che possano spiegare il perchè questo contraccettivo è snobbato dalle donne italiane.

È un fatto di costi o di scarsa accettazione sociale di questo strumento?

E quanto inficia la sua scarsa praticità?

Secondo la presidente Lila però questi studi potrebbero rivelarsi inutili c’è solo bisogno di una promozione migliore e un’informazione base che possa partire principalmente dai ginecologici italiani. 

Loro dovrebbero essere i primi a consigliarlo e lasciar decidere alle pazienti poi se utilizzarlo o meno.

“Negli Stati Uniti viene distribuito gratuitamente da anni. Noi come Onlus abbiamo iniziato nel 2007 e da allora la percezione dell’importanza di questo strumento, che garantisce piena autonomia alla donna, è cambiata di pochissimo. E poi in Italia gli studi non sono mai stati condotti neppure sui preservativi maschili, dunque non si capisce la posizione dell’Istituto superiore di sanità”

lamenta la dott.ssa Cerioli.

I dati sono allarmanti: dal 2012 i contagi di malattie sessualmente trasmissibili nella popolazione femminile sono in continua crescita.

In totale, nel periodo tra 1985 e il 2011, nel nostro Paese sono state segnalate 52.629 nuove diagnosi di infezione da Hiv.

Perchè, nonostante quello che si è portati a pensare per colpa di stupidi luoghi comuni, la modalità di infezione più frequente è il rapporto eterosessuale non protetto.

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