"Fino a quando non mi sono ritrovata in sedia a rotelle non notavo queste cose"

Giovanna ha la distrofia muscolare dei cingoli; ma, grazie all'amore e alla forza di volontà, l'affronta sempre a viso aperto, assieme alla UILDM, l'associazione, sparsa in tutta Italia, nata proprio per dare voce alle persone con questo tipo di disabilità.

Abbiamo parlato in alcuni nostri articoli della distrofia muscolare, cercando di aprire gli occhi su una malattia che può essere distruttiva, per la psiche di una persona, invalidante, difficile da accettare.

Perché la disabilità, al di là dei tanti (e veri) messaggi di speranza, di forza, di volontà, può anche aprire profondi buchi neri nell’anima di una persona, e far attraversare momenti davvero bui, soprattutto all’inizio, quando la diagnosi è fresca e non si sa ancora bene cosa questa nuova vita riserverà.

Pensate poi cosa deve essere ricevere questa notizia quando hai 40 anni, una vita piena e felice, un marito che è letteralmente la tua anima gemella e una figlia già grande con cui esci a fare shopping e a prendere il caffè. Questo è quanto successo a Giovanna Tramonte, una bellissima signora siciliana che oggi di anni ne ha 57 e, dopo essersi ritrovata con una diagnosi che non lascia scampo, distrofia muscolare dei cingoli, ha deciso di dedicarsi anima e corpo alla UILDM – l’Unione Italiana Lotta Alla Distrofia Muscolare – diventando presidente di sezione nella sua città, Mazara del Vallo.

È sicuramente una storia romantica, quella di Giovanna, in cui la parola ricorrente è una: amore. Quello per suo marito, Rosario Saro, prima di tuto, conosciuto quando lei aveva appena 18 anni e lui 21; e poi per Sonia, la figlia che nasce a due anni dal matrimonio.

Quando la sentiamo al telefono per farci raccontare la sua storia, la voce di Giovanna è piena di emozione parlando di quello che senza ombra di dubbio è l’uomo della sua vita. L’uomo che, anche quando i primi sintomi della malattia cominciavano a farsi sentire, le è sempre stato al fianco, incoraggiandola, supportandola.

Giovanna la vera diagnosi la riceve a 40 anni, ma le prime avvisaglie, ignorate, del fatto che ci fosse qualcosa che non andava c’erano già.

Magari non davo ai sintomi la giusta collocazione, vuoi anche perché la ricerca non aveva fatto molti passi all’epoca; anche da ragazzina, i miei genitori non ne sapevano nulla del mondo delle malattie genetiche, perciò la mia andatura strana, claudicante, che si rese evidente intorno ai miei 25 anni, veniva attribuita all’ereditarietà; mi dicevano che l’avevo presa da una zia.
A 40 anni, però, sono caduta da una scala rompendomi tibia e perone; lì qualcuno capisce che c’è altro dietro a quella frattura, mi mandano a fare la biopsia muscolare… E la diagnosi recita distrofia muscolare dei cingoli“.

Perché hai ignorato i messaggi che il tuo corpo ti mandava per tanto tempo?

Quando la mia bimba aveva 3 o 4 anni iniziavo ad avere situazioni di disagio fisico, sentivo che mi mancavano le forze ai muscoli, ma davo sempre la colpa alla stanchezza, quindi continuavo ad avere una vita normale.

C’era una voce, dentro di me, che mi diceva ‘Non hai niente’, quindi non mi informavo, cercavo di convincermi che non fosse niente, mi sono creata una corazza non indifferente anche con la mia famiglia, che si è adeguata non chiedendomi nulla e non spingendomi ad approfondire il motivo di quei disagi. Se qualcuno mi faceva domande io chiudevo il rapporto, mi inventavo scuse per non andare a casa delle amiche se c’erano da fare le scale, perché sentivo male. Ho messo su un muro con le persone a me vicine, sull’argomento, che loro hanno rispettato. Con il senno di poi non lo farei mai più. Ovviamente“.

Giovanna, dopo la diagnosi, sceglie di trasferirsi a Messina, da sola, per quaranta giorni; lì frequenta uno psicoterapeuta che la aiuta a elaborare la notizia di quella disabilità. Un’esperienza che lei definisce “il miglior investimento della mia vita“.

L’ho fatto per me stessa, per riprendere in mano la mia vita, che forse sarebbe finita lì. Dopo la diagnosi la Giovanna che ero era sparita, non esistevo più, non riuscivo a controllare il mio corpo, la mia testa andava da una parte, il mio corpo da un’altra; sono sempre stata una persona indipendente, e questo per me è stato un colpo durissimo.

Era come se avessi perso la dignità. Il mio cambio di marcia è stata la mia forza di volontà.

E proprio la forza di volontà è il suo nuovo punto di partenza; quello con cui, dopo aver preso consapevolezza con la distrofia muscolare, la sedia a rotelle e la sua nuova vita, la porta a scegliere di viaggiare da sola, poi anche con Saro, che non la abbandona mai e, infine, a diventare presidente dell’UILDM di Mazara del Vallo.

Giovanna ha scelto di mettere la sua storia al servizio dell’associazione partendo da un presupposto molto semplice:

Noi abbiamo un problema, ma ci siamo, e dobbiamo essere noi ad aiutare gli altri, i normodotati, a capire. È inutile arrabbiarsi quando trovi il parcheggio per i disabili occupato, come fa mio marito, ad esempio. Occorre chiedersi, invece, cosa si può fare di più affinché anche chi non è disabile possa entrare nel nostro mondo. Non siamo ipocriti, fino a quando non mi sono ritrovata su una sedia a rotelle nemmeno io mi accorgevo di tante cose, perché gli altri dovrebbero accorgersi di me?

Quello che io faccio, oggi, è mettermi al servizio degli altri, capire i loro dubbi, spiegare come stanno le cose. Non accetto donazioni se prima le persone non vengono in associazione a conoscere la nostra realtà. Non abbiamo bisogno della beneficenza una tantum, abbiamo bisogno che le persone capiscano di cosa parliamo e perché è importante donare“.

Da una donna così forte ci aspettiamo che non abbia paure, neppure del futuro; e invece…

Sì, ce l’ho. Dire di no è da vigliacchi. Ma è di perdere Saro, o di lasciarlo solo. Non penso affatto al fatto che la mia disabilità potrebbe peggiorare, non ci penso, non ci voglio pensare. So quello che mi aspetta, mi informo, leggo, la mia malattia è quella, non ha incognite.

Ma lasciare mio marito solo, o ritrovarmi sola senza di lui, con cui ormai vivo in simbiosi, quello sì, mi spaventerebbe“.

Sfogliate la gallery, dove abbiamo messo alcuni degli scatti più belli di Giovanna, per scoprire di cosa si occupano i centri UILDM in Italia, raccontati dalla vicepresidente generale e psicologa Stefania Pedroni.

"Fino a quando non mi sono ritrovata in sedia a rotelle non notavo queste cose"
Fonte: foto inviataci da Giovanna
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