Una donna che subisce una mastectomia ha il diritto di decidere se vuole una ricostruzione del seno oppure no.
L’affermazione sembra scontata, eppure le cose sembrerebbero stare diversamente, stando a quanto emerge da un articolo di Cosmopolitan che ha indagato e raccolto testimonianze di casi in cui la volontà femminile di non ricostruire il seno dopo l’intervento di asportazione non è stata rispettata dalle équipe mediche. Sessismo, discriminazione, chiamatelo come vi pare, ma l’argomento è tutt’altro che obsoleto, e a quanto pare è il seno, in una donna, a fare – ancora – la differenza e renderla degna di essere chiamata tale. In barba al diritto di ciascuna di fregarsene di riavere un paio di tette dopo il cancro.
La storia da cui parte Cosmopolitan è quella di Kim Bowles, che vi raccontiamo, con le altre, in gallery; ma lo spunto è prezioso per parlare di un tema ancora delicato e troppo spesso sottovaluto, in primis proprio dal personale sanitario.
In Italia nel 2018 sono stimati 52.800 nuovi casi di tumore al seno, contro i 51.000 del 2017 (fonte Repubblica), negli USA le diagnosi di carcinoma mammario invasivo, secondo i dati dell’American Cancer Society, sono addirittura di 266.000, con 100.000 donne che si sottoporranno a mastectomia per curare o prevenire il tumore.
Di queste, secondo uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, circa il 25% delle pazienti con mastectomia doppia e il 50% di quelle con mastectomia singola optano per la ricostruzione. Non sono quindi tutte, ma solo una parte. Eppure, moltissimi medici sembrano non continuare a prendere in considerazione i desideri delle pazienti, e agiscono indipendentemente dalla loro volontà.
Perché?
“Nella mia ricerca ho scoperto che molte donne sono sorprese dei risultati quando escono dalla chirurgia” dice Gayle Sulik, fondatrice del Breast Cancer Consortium e autrice di Pink Ribbon Blues: How Breast Cancer Culture Undermines Women’s Health.
Secondo quello che emerge da diverse testimonianze, non solo i medici solleciterebbero le pazienti a ricostruire senza nemmeno discutere dell’opportunità di restare senza seno, molte sarebbero anche le donne che, al risveglio dall’anestesia, scoprono dei lembi di pelle lasciati volontariamente dal chirurgo “nel caso cambiassero idea sulla ricostruzione“.
Le scuse più frequenti avanzate dai dottori sono “motivi medici”, ad esempio affermano di lasciare pelle in eccesso per assicurarsi che la paziente abbia un adeguato raggio di movimento.
Anche se medici come la dottoressa Deanna Attai, chirurga specializzata nel seno e assistente professoressa di chirurgia alla David Geffen School of Medicine presso l’Università della California, a Los Angeles, confutano questa nozione: “Lasciando la pelle in eccesso, non è comunque più facile spostare le braccia“.
È tuttavia innegabile che la componente sociale giochi un ruolo rilevante nella concezione del rapporto tra donna e seno, dove quest’ultimo è visto come naturale prolungamento ed espressione della femminilità stessa.
Ci sono donne, continua Cosmopolitan, che affermano di essere state chiamate a casa dal chirurgo la sera prima dell’intervento nel tentativo di far loro cambiare idea, con la scusa del “Sei troppo giovane per vivere senza seno”, oppure addirittura discriminate con frasi come “Non ti sposerai mai se non ti ricostruirai il seno”.
Alla faccia della modernità, e con buona pace di anni di lotte femministe contro stereotipi e cliché sessuali. Amen.
Alcuni avallano il comportamento dei medici trincerandosi dietro la sibillina frase “Il medico sa”. Peccato, però, che quei medici, ovvero i chirurghi, siano donne, nel sistema sanitario americano, solo nel 15% dei casi (quando si parla di generici) e il 13% se si parla di plastici. Viene dunque piuttosto spontaneo domandarsi cosa esattamente questi medici sappiano, non avendo neppure minimamente idea di cosa significhi vivere con un paio di tette.
Ad acuire il problema ci sarebbe poi il fatto che le operazioni vengono generalmente affidate a chirurghi generici senza una formazione specifica su come gestire le malattie del seno, come sostiene uno studio del Journal of Clinical Oncology .
“Il cancro al seno è ancora considerato una procedura di chirurgia generale – ha detto a Cosmopolitan Julie Margenthaler, direttrice dei servizi di chirurgia del seno presso la Washington University School of Medicine e portavoce della American Society of Breast Surgeons – Ma ottenere un risultato esteticamente piacevole richiede sfumature difficili da imparare se si fanno solo un paio di mastectomie al mese“.
Tradotto in altre parole, ciò significa che quella “sacca” di pelle eccedente lasciata in sgradita dote alle pazienti spesso non è pensata, in origine, per ospitare il seno in caso di ripensamenti, ma solo perché i medici non sono sufficientemente preparati a ricucire senza lasciare segni e cicatrici troppo evidenti.
Kim Bowles, dopo aver raccolto le dolorose testimonianze di donne che si sono loro malgrado trovate nella sua stessa situazione ha deciso di agire per portare attenzione al problema: l’8 settembre 2018 ha portato avanti la marcia Not Putting on a Shirt, a Cleveland, nell’Ohio, e ha ideato anche la pagina Facebook omonima, che raccoglie altre storie ed esperienze.
Tutto, con il cancro, è fuori dal tuo controllo – ha detto Kim – L’unica cosa che potevo controllare era come sarebbe sembrato il mio seno, e avere qualcuno che se ne è fregato è stato insultante, demoralizzante e traumatizzante. Questo non può continuare a succedere alle donne, deve smettere.
Kim e il desiderio di avere il seno piatto
Kim, sopravvissuta al cancro al seno al terzo stadio, era appena stata sottoposta a un doppio intervento di mastectomia e aveva detto al suo chirurgo di renderla “piatta”, ovvero di non ricostruire il suo seno. Nessun innesto. Nessuna protesi né modellatura della pelle in eccesso. Niente. Ma quando Kim si riprese dall’anestesia, si rese conto che il medico aveva completamente ignorato ciò che avevano concordato.
“Il mio chirurgo decise da solo di andare contro quello che avevo specificato mentre ero sul tavolo della sala operatoria. Figlio di puttana“.
Kim ha sempre avuto un rapporto complicato con il suo seno. È cresciuta cercando di nascondere le sue tette “gigantesche”, a disagio per l’attenzione che le hanno portato, specialmente dagli uomini. E come atleta che amava correre e nuotare, viveva il seno come un impedimento.
“Tutto era più difficile con le tette di quelle dimensioni“, dice. “Quando nuotavo, dovevo indossare un costoso bikini con ferretto, altrimenti il mio seno sarebbe uscito dai lati del mio Speedo”
Cinque mesi dopo la diagnosi, nel 2016, la chemioterapia aveva sciolto il nodulo delle dimensioni di una pallina da golf nel seno destro, e, dopo aver fatto alcune ricerche, Kim decisse di non voler ricostruire il seno. Credeva che senza i suoi seni grandi sarebbe stata in grado di muoversi più liberamente, correre e nuotare con facilità.
“Ero pronta a lasciare andare il mio seno ed ero davvero contenta della prospettiva di non averlo più“, dice. Il cancro l’aveva fatta a pezzi, ma ora si stava rimettendo insieme, alle sue condizioni.
La realtà, purtroppo, è stata un’altra: Kim si è informata, dopo la sua esperienza, facendo ricerche su Internet e scoprendo gruppi Facebook come Young Survival Coalition e Flat & Fabulous, in cui molte altre donne hanno parlato della loro storia e di come si erano ritrovate con sacche di pelle penzolanti nonostante avessero chiesto di restare senza seno dopo la mastectomia.
Non potevo credere che i chirurghi lasciassero le donne in questo stato.
Kim ricorda che il chirurgo le disse, subito dopo che le era stata iniettata l’anestesia, che le avrebbe lasciato della pelle “nel caso avesse cambiato idea”, e che l’effetto anestetico l’aveva imbambolata prima che potesse ribellarsi. L’ospedale, interpellato dopo la storia della donna, ha risposto dicendo che
Prendersi cura dei pazienti è la nostra massima priorità. In questo caso, la signora Bowles ha scelto di sottoporsi a una mastectomia doppia dopo aver fatto la chemioterapia per il suo tumore. Ha optato per non avere ulteriori revisioni chirurgiche che sono comuni per i pazienti che hanno avuto una mastectomia. I medici coinvolti nella sua cura hanno una reputazione eccezionale e sono altamente qualificati. Le è stata lasciata la quantità più sicura di pelle extra per evitare di mettere a repentaglio il suo movimento del braccio.
Mi sento divisa a metà e ho perso la fiducia
Mi sento divisa a metà – dice ora Kim – Da un lato, non voglio fare un altro intervento che sarebbe puramente estetico e non voglio rischiare la mia vita per questo. D’altra parte, ogni volta che vedo il mio petto, mi viene in mente il chirurgo che mi ha violato. È impossibile dimenticarlo.
Ma questo non significa che abbia finito di combattere.
Due settimane dopo l’intervento, Bowles ha presentato una denuncia all’ospedale, ma circa due mesi dopo, gli amministratori hanno chiuso il caso, affermando che le loro indagini non hanno rilevato che il dottore avesse fatto qualcosa di sbagliato.
Nel giugno de 2018, ha condotto un sit-in da sola, in topless, fuori dall’ufficio del CEO dell’ospedale, venendo cacciata dalla sicurezza dopo pochi minuti. Alla fine del mese ha presentato una petizione che chiedeva all’ospedale di mettere in atto i sistemi per ritenere i chirurghi responsabili dei risultati scadenti della mastectomia (ha raccolto circa 37.000 firme, per lo più da pazienti con cancro al seno e familiari e amici).
Prima sicura di sé, oggi Kim ha perso molta autostima dopo quel drammatico episodio. “Non potevo sopportare di fare la doccia perché ogni volta che vedevo il mio petto mi veniva ricordata la violazione, mi fa venire la nausea“, dice. Quando il suo bambino è stato invitato alla festa in piscina di un amico, ha rifiutato di partecipare perché era troppo umiliata all’idea di indossare un costume da bagno. Indossa canottiere a strati per nascondere ciò che rimane dei suoi seni. “Spesso vado in giro con tre strati di vestiti – dice – ho molto caldo, ma sono troppo imbarazzata per togliere qualcosa.“
Becky: "Mi hanno detto che sono fortunata a essere viva, ma questa non è vita"
Becky Fitz ha detto al suo medico che voleva non ricostruire il seno, e lui ha accettato la sua richiesta. Ma quando si è svegliata dalla sua doppia mastectomia, il risultato non rispecchiava quello che aveva chiesto. Invece, sul suo petto c’erano due picchi appuntiti di tessuto, e la pelle in eccesso lasciata dietro le sue braccia pendeva come pasta.
Crede che il tessuto in eccesso sotto il suo braccio destro potrebbe riempire una coppa A, il lato sinistro addirittura una B. È così grave che non riesce a dormire sul lato o addirittura ad abbassare completamente le braccia.
“Mi fa avere una forma strana” dice.
Secondo Becky, quando ha chiesto al suo chirurgo cosa è successo, lui le ha spiegato che era preoccupato al pensiero che avrebbe potuto cambiare idea e avrebbe potuto voler ricostruire più avanti. “Mi è stato detto che sono fortunata ad essere viva, ma questa non è vita“. Ma poiché ha una malattia autoimmune, Becky ha deciso che dovrà convivere con il risultato. “La chirurgia è incredibilmente dura sul mio corpo“, dice. “Non riesco a passare attraverso un altro intervento“.
BethAnn: "Non volevo guardare gli avanzi di pelle ogni giorno"
BethAnne King, dopo aver saputo nel 2015 che aveva un tumore al seno, sapeva di voler diventare piatta, la stessa opzione che sua nonna aveva scelto dopo la sua doppia mastectomia. “Volevo essere come lei e non avere ricostruzioni” ha detto. Ma quando si è svegliata, si è trovata con il tessuto in eccesso.
Sembravo incasinata – dice, soffocando le lacrime – C’era una parte contorta della pelle che era bitorzoluta, mi sentivo così imbarazzata e stupida, mi sono fidata del fatto che il chirurgo avrebbe fatto quello che avevo chiesto. Era già abbastanza brutto che avessi il cancro, non volevo assolutamente guardare gli avanzi di pelle ogni dannato giorno.
Non ha mai affrontato il suo medico né ha presentato una denuncia formale, come molte altre donne. Alcune si preoccupano del fatto che denunciare possa avere un impatto sul loro trattamento medico in futuro. E storicamente, le donne hanno faticato a convincere i medici a prendere sul serio le loro lamentele
Le conseguenze a cui nessuno pensa
Quello a cui i medici sembrano non pensare è che ci possono essere anche gravi conseguenze per la salute delle donne sottoposte a chirurgia ricostruttiva. Molte donne scelgono di restare piatte perché vogliono minimizzare i tempi di recupero. La ricostruzione dopo il tumore al seno spesso comporta più interventi chirurgici e un nuovo studio pubblicato da JAMA Surgery ha rilevato che una donna su tre che sceglie la ricostruzione dopo un tumore al seno può andare incontro anche a gravi complicazioni, in primis infezioni.
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