Se l’evidenza, il nostro cuore o la nostra testa ci dicono che è una storia sbagliata… perché non riusciamo ad interromperla?

Mi fa soffrire ma non riesco a stare senza di lui!

Non è la donna per me ma non riesco a lasciarla!

Litighiamo sempre, ma non riusciamo a lasciarci!

Non facciamo che lasciarci e riprenderci… lasciarci e riprenderci…

Quante di voi hanno sentito dire queste frasi?

Racconti del genere sono sempre più frequenti e sono spesso storie caratterizzate da problemi insolubili, sofferenze continue e trascinate, litigate furiose, svantaggi e disaccordi che vengono comunque accettati e dei quali “non si può” o “non va” di discutere col partner.

E quanto durano queste situazioni? Forse mesi o addirittura anni e dal di fuori verrebbe da chiedere: “Perché allora non vi lasciate?”.

Ma la risposta non è chiara né semplice: “Non ce la faccio, io lo amo!”, oppure, “Ci sono cose che non vanno ma so bene che lui/lei mi ama davvero!”, e risposta ancor più singolare “Non lo so, non ce la faccio neanche a pensarmi senza di lui/lei”.

Scendere a compromessi, essere disponibili e comprensivi sono senz’altro aspetti positivi nella relazione di coppia ma in questi casi è necessario riflettere su quale sia la qualità e la quantità del disagio che è giusto sopportare.

Se comincia a risentirne il nostro benessere fisico e psicologico e si presentano problematiche legate all’ansia, attacchi di panico, disturbi del sonno, somatizzazioni, irrequietezza e umore depresso… allora è il caso di domandarsi seriamente se vogliamo ancora accettare questa situazione. È giusto anche domandarsi: perché accettiamo relazioni infelici caratterizzate magari da ossessioni, gelosie, tradimenti, offese, rifiuti e umiliazioni o peggio ancora violenze fisiche e psicologiche?!

“L’amore è un’altra cosa” canta Arisa…

La spiegazione della Psicologia

Dal punto di vista psicologico, le persone che non riescono ad interrompere una relazione considerata negativa o più in generale relazioni burrascose interminabili sono legate alla dipendenza affettiva.

Una dipendenza che ha gli stessi meccanismi di una dipendenza da alcool o da droghe ma che ha come “oggetto di desiderio” un rapporto amoroso o una persona: c’è infatti l’euforia e la gratificazione che quella persona (o quella situazione) offrono e la cui assenza provoca una vera e propria “crisi d’astinenza”, brividi, problemi, dolore esattamente come per la privazione di una sostanza. Una crisi che spinge a ricadere nuovamente nella ricerca della presenza dell’altro o della conferma della relazione di coppia.

Ci sono coppie che “non riescono a lasciarsi”, così come ci sono persone non riescono a smettere di “farsi”.

Chi non riesce a lasciare malgrado l’infelicità della propria relazione di coppia, vive una forma disfunzionale di gratificazione, dove a venire gratificati non sono il bisogno di autorealizzazione personale e sentimentale, il desiderio di un progetto e una serenità di coppia ma il bisogno di riempire lacune emotive (bisogno d’affetto, traumi da separazione, difficoltà di distacco, difficoltà a star soli…) e riproporre modelli di relazione e comportamenti appresi dall’infanzia magari proprio in famiglia

Non ci si riesce a staccare da una relazione frustrante proprio perché tutte le sofferenze vengono concepite come il normale prezzo da pagare per il mantenimento di un equilibrio apparente e per quei momenti di “fusione” col partner che offrono un minimo di soddisfazione ai propri bisogni.

Come uscirne?

Il libro “Donne che amano troppo” di Robin Norwood illustra molto bene la tendenza ad “amare troppo” e la sottile ma netta differenza tra “amare tanto” ed “amare davvero”, un problema tipicamente femminile ma frequente anche tra gli uomini nonostante non sia molto pubblicizzata. Per comprendere che c’è qualcosa che non va, per prima cosa rispondete con sincerità alle domande indicate ad inizio articolo: qual è la mia soglia di sopportazione? È questo il tipo di relazione che voglio? Sono felice? Di cosa ho bisogno?

Provate poi a mettere le vostre riflessioni nero su bianco, prendete un foglio e disegnate una bilancia: su un piatto scrivete i vantaggi e sull’altro gli svantaggi.

Da che parte penderà?

Guardatevi poi intorno, confidatevi con gli amici, sentite anche il parere di chi vede la coppia dal di fuori e quindi può offrire un punto di vista esterno più lucido. Parlatene con uno psicologo così che possa aiutarvi a comprendere se le vostre sensazioni e le vostre insoddisfazioni possono essere considerati “sintomi” di una dipendenza affettiva. Spesso bastano pochi incontri, parlarne ad alta voce e ricevere il parere di un professionista aiuta sempre a fare chiarezza.

Guarire da una dipendenza affettiva è possibile! Ed il percorso terapeutico, guarda caso, è lo stesso di chi vuole vincere la dipendenza da alcool o dalle droghe. Proprio perchè i meccanismi sono gli stessi. E ricordatevi che la scelta è sempre la vostra: riflettere sulla vostra storia non significa decidere di lasciarsi definitivamente, significa fare un punto sulla vostra vita, capire cosa vi fa stare bene e perseguirlo.

Quindi potreste arrivare a scegliere di rimanere con il vostro partner perché i lati positivi sono comunque di più o perché siete entrambi d’accordo ad impegnarvi per migliorare la vostra storia oppure potreste capire che il vostro futuro lo volete diverso.

In qualsiasi caso, una volta presa la decisione, dovrete assumervi le conseguenze del caso:

  • rimango con lui/lei perché ho deciso io e quindi se continuo ad essere insoddisfatto è perché lo voglio;
  • voglio interrompere perché ho deciso io e quindi sopporto il dolore per star meglio.

Interrompere una storia è doloroso e lacerante ma il dolore non è per sempre ed il risultato sarà finalmente la felicità quindi affrontate con coraggio il distacco, chiedete l’appoggio degli amici, dei genitori o dei fratelli e piangete tutte le lacrime che avete dentro…

Ne uscirete più forti e potrete dimostrarvi quanto vi volete bene!

 

Ho scritto questo articolo con l’aiuto della Dott.ssa Eleonora Arezzo

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