Spesso pensiamo all’ipnosi come al classico trucco da maghi, fatto con il pendolo, di cui gli scettici dubitano fortemente. Ciò di cui non si può dubitare, però, è che l’ipnosi sia una tecnica effettivamente usata, non dagli illusionisti ma da professionisti specialisti, soprattutto nell’aiuto per il superamento di traumi di varia natura o di attacchi di panico. In questo caso, il trattamento cui ci si sottopone prende il nome di ipnosi regressiva, che altro non se non una tecnica sperimentale, che può essere utilizzata durante una psicoterapia, la quale, come chiarisce lo stesso sito ipnosiregressiva.it, permette di “ricercare le cause dei conflitti attuali nel mondo remoto di sogni di trance che possono assumere l’aspetto di precedenti vite”.

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Detto così, certamente, suona un po’ complesso, allora cerchiamo di fare chiarezza: durante una seduta di ipnosi regressiva il paziente può ritornare indietro nel tempo, recuperando contenuti assimilabili a esistenze precedenti, nelle quali andrebbero ricercate le radici simboliche dei suoi attuali conflitti. La terapia si basa sulla legge induista del karma, per cui la responsabilità dei problemi del presente dipende esclusivamente dalle nostre azioni passate.

L’ipnosi regressiva funziona?

ipnosi regressiva
Fonte: web

Vediamo prima di tutto come si svolge una seduta di ipnosi regressiva: durante la prima visita si ascolta l’anamnesi del paziente, la sua storia personale, attraverso le quali si azzarda un prima diagnosi clinica, la quale tuttavia potrà essere successivamente rivista. Nel primo incontro, poi, non si parte immediatamente cercando di portare il paziente in uno stato di trance, con sogni di vite precedenti, ma piuttosto vengono valutate le attitudini dei soggetti all’ipnosi e alla regressione. In effetti, l’ipnosi regressiva non è per tutti, tanto che circa un 20% di pazienti non risulta idoneo al trattamento.

In generale, l’obiettivo dell’ipnosi regressiva è tentare di risolvere un conflitto nucleare, la causa di un disagio, recuperando risorse biologiche e spirituali che permettano al paziente di evolversi, superando le difficoltà che sarebbero legate al karma, ovvero a quanto compiuto in vite precedenti.
In questo modo, la psicoterapia che chiede l’ausilio dell’ipnosi regressiva può trattare l’ansia, il panico, la depressione, i disturbi alimentari, le ossessioni, ma non le psicosi.

Uno dei metodi più usati durante una seduta è quello dell’ascensore, la cui immagine è ritenuta strategica, perché serve come appiglio, rendendo possibile l’accesso a ricordi dimenticati. La voce del terapeuta invita il paziente a descrivere ciò che può vedere non appena le porte dell’ascensore si aprono. Similmente, si può usare la tecnica del treno, in cui si chiede ai pazienti di descrivere ciò che osservano fuori dal finestrino. Così facendo, sarebbe possibile riuscire a far rievocare momenti importanti della vita, favorendo l’emergere di materiale inconscio.
L’ipnosi regressiva è praticabile solo su pazienti maggiorenni, e comporta un profondo impegno psicologico e spirituale, che richiede incontri all’incirca ogni quindici giorni, a cui affiancare il lavoro domiciliare, da ripetere circa una decina di volte.

I rischi dell’ipnosi regressiva

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Fonte: web

Sono numerose le persone che chiedono di accedere alla una psicoterapia che sfrutti l’ipnosi regressiva, ma, secondo il pensiero e l’esperienza dei terapeuti associati all’AIIR, è estremamente importante rispettare alcuni punti per non incorrere in rischi: prima di tutto, la psicoterapia con l’utilizzo dell’ipnosi regressiva deve essere condotta individualmente e non in gruppo, e ovviamente solo da un medico o uno psicologo psicoterapeuta. Chi si affida a questo tipo di psicoterapia deve sempre chiedere la qualifica di chi lo sta curando, perché non ci si può improvvisare psicoterapeuti, e si deve avere necessariamente come guida uno psicologo dotato di opportuna preparazione e qualifica.

Non devono essere utilizzati, in seduta, Cd o audiovisivi di autoregressione, che potrebbero esporre il soggetto a rischi di grave scompenso.

Occorre una diagnosi preventiva seria, attuata da un medico o psicologo psicoterapeuta competente, prima di accedere al trattamento, dato che è importante escludere in anticipo i soggetti che non sono idonei all’ipnosi regressiva, come le persone affette da psicosi, da depressione maggiore acuta, i bambini, gli adolescenti, le donne in gravidanza, le persone in terapia con farmaci anticonvulsioni. Perché queste categorie devono evitare l’ipnosi regressiva?

Un paziente psicotico potrebbe sviluppare, ad esempio, uno scompenso con conseguente deragliamento del normale stato di coscienza; i depressi con istinti di suicidio, potrebbero reagire alla metodologia attuando i loro propositi autolesivi; i bambini e gli adolescenti non sono ancora in possesso di una sufficiente stabilità nella struttura della loro personalità, e potrebbero trovarsi sopraffatti e disorientati dall’impatto emozionale dell’ipnosi. Allo stesso modo, in gravidanza si manifesta una sensibilità amplificata, perciò è meglio escludere forti emozioni. Per le donne in stato interessante può essere però interessante sottoporsi a un training ipnotico non regressivo di preparazione al parto. Infine, chi è in cura con farmaci antiepilettici, dovrebbe astenere dalle pratiche di ipnosi per non far emergere eventuali accessi.

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