Utente anonomi

chiede:

Mia sorella è stata picchiata dal marito, non è la prima volta che succede ma questa volta è stata troppo violenta per essere accettata anche da noi familiari. L’ho accompagnata in pronto soccorso dove ho scoperto che la denuncia va poi formalizzata entro 60gg ed ecco che tutto quello di cui senti parlare e ti sembra lontano, lo vivi sulla sua pelle… Lei ha paura, lei ha oltre 60 anni, lei non sa cosa fare… e io non so come aiutarla

Utente

risponde:

Carissima,
parliamo di un argomento molto delicato e purtroppo sempre attuale. Agli occhi di chi osserva (parenti, amici, forze dell’ordine) è una situazione da interrompere al più presto ma troppo spesso le donne che ne sono vittima hanno difficoltà a prendere una posizione contro il partner violento.
E la maggior parte delle volte è un atteggiamento legato al rapporto patologico che si crea tra un uomo violento e la sua donna: è la cosiddetta dipendenza affettiva cioè il legame che si instaura con un partner considerato indispensabile e necessario per la propria vita.
È un rapporto patologico perché si attribuisce all’altro una tale importanza che annulla sé stessi poiché spinge a non ascoltare più i propri bisogni e necessità a favore dei desideri (e spesso imposizioni) dell’altro al fine di scongiurare la paura maggiore: la fine della relazione.
Chi è invischiato in questa situazione, vive emozioni e stati d’animo molto intensi: terrore dell’abbandono, paura di perdere il partner, devozione estrema, gelosia morbosa, tendenza all’isolamento, incapacità di tollerare la solitudine, simbiosi e fusione col partner, rabbia e sensi di colpa.
L’aspetto che più sconvolge è che non si tratta di relazioni casuali… cioè non è una coincidenza trovarsi a scegliersi un uomo di un certo tipo ed a creare una relazione dipendente: è il perfetto incastro tra un uomo (spesso narcisista) sicuro di sé, dominante, affascinante e coinvolgente ed una donna insicura, fragile, manipolabile e spesso con alle spalle una famiglia violenta o dedita alla dipendenza da sostanze (la maggior parte delle volte uno dei genitori è un alcolista).

Si instaura così una relazione vittima-carnefice che si autoalimenta di meccanismi patologici e che imprigiona la donna in una situazione da cui non riesce ad uscire: l’uomo prima attira con lusinghe e dimostrazioni d’amore la sua partner, poi passa al giudizio, alla critica, al rimprovero, al continuo confronto con un “altro” migliore, un lavoro di svilimento prima impercettibile e poi sempre più evidente che annienta la donna ma al tempo stesso le fornisce attenzione e presenza di un partner di cui non può fare a meno, nonostante sia una figura così negativa e svilente.
La paura dell’abbandono, irrazionale e quasi istintuale, lega la sua vittima al suo carnefice, anche in presenza di violenza fisica e aggressioni.
È per questo motivo che l’unico modo per interrompere definitivamente un rapporto del genere è l’intervento di familiari o amici che dal di fuori hanno la lucidità di riconoscere la situazione ed agire di conseguenza.
Probabilmente è la stessa situazione che sta vivendo tua sorella ma sicuramente sei tu che devi aiutarla concretamente: insisti nel farla allontanare da casa, nel spingerla a chiedere aiuto, nell’interrompere i rapporti con il partner con messaggi chiari e fermi…

Rivolgiti alle forze dell’ordine perché in questi casi si innesca un protocollo specifico che aiuta a difendere le donne: il pronto soccorso fa la prima segnalazione, poi è necessario formalizzare la denuncia così da procedere al collocamento in una struttura “sicura” (le case per le donne vittima di violenza cioè luoghi sicuri, protetti e situati in una località spesso segreta) ed alla contemporanea misura restrittiva imposta al partner violento.
È una situazione molto dolorosa e delicata ma che richiede un intervento deciso e tempestivo.
Agisci in aiuto di tua sorella il prima possibile.
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* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento