L’emicrania è la sesta malattia più invalidante al mondo: spesso sottovalutata, tanto che il 40% dei pazienti che ne soffrono finiscono per non ricevere una diagnosi, banalizzata, in realtà non può essere ridotta al rango di semplice “mal di testa”, dato che può causare gravi scompensi e momenti di reale disagio in chi la accusa.

Per aumentare la consapevolezza sul tema, proprio in virtù delle informazioni frequentemente lacunose sull’argomento, a Milano, nel corso della Design Week 2019, si potrà prender parte a Reimage Medicine: re-DESIGN Migraine, un vero e proprio percorso, tra innovazione e design, realizzato da Novartis in Via Tortona 30, che aiuta a sensibilizzare sull’argomento.

Di cosa parliamo: di un viaggio che vuole invitare tutti a immergersi nel mondo di chi convive spesso e volentieri con l’emicrania, per convidiverne i disagi fisici, ma anche emozionali, relazionali e comportamentali, al fine di comprendere quanto la malattia possa influire sulla qualità della vita, impoverendo le relazioni affettive e sociali.

Il percorso è sviluppato nello spazio di tre sale: due, diametralmente opposte, pensate dal designer milanese Davide Radaelli, e un terzo ambiente, un prototipo di stanza proposto da Novartis allo scopo di dare sollievo a chi accusa l’emicrania durante il lavoro.

Si parte dall’ “Experience room“, dove si può scoprire la sintomatologia dell’emicrania con la stimolazione visiva e uditiva per descrivere il disagio generato da fotofobia e fonofobia, due sintomi comuni dell’attacco di emicrania, da un lato, e con la narrazione realistica in video delle conseguenze quotidiane della malattia, dall’altro.

Si arriva poi all’installazione “In/Out“, in cui si interpreta il concetto di Migraine Room, attraverso l’isolamento, il comfort e la protezione in cui è necessario rifugiarsi all’apice della sofferenza.

Sono rappresentate coperte che, sospese a mezz’aria, creano al loro interno un volume vuoto, con cui si vuole raccontare appunto il dualismo tra l’interno, ovvero il luogo di rifugio e di isolamento, e l’esterno, ossia l’ambiente che, abbondante di elementi disturbanti, contribuisce a peggiorare lo stato di sofferenza del soggetto colpito da emicrania. Tutta l’installazione ruota attorno al concetto di security blanket, dove la coperta riveste il ruolo protettivo e confortevole in cui ci si vorrebbe rifugiare durante i momenti di sofferenza.

Alla conclusione del percorso troviamo il “Migraine relief room“, un ambiente in grado di dare sollievo negli ambienti lavorativi, alle persone che soffrono di emicrania. Si tratta di una piccola stanza pensata per gli ambiti aziendali, costituita da elementi che sono il frutto di un dialogo aperto con i pazienti, riuniti in un advisory board.
Ovvero toni neutri per azzerare le stimolazioni dei colori, delle sedute regolabili per assumere la posizione più confortevole e contrastare anche gli attacchi di nausea; una tenda oscurante e le luci regolabili in wireless per contrastare la fotofobia, ma anche una tenda trasparente per poter guardare oltre la finestra; ancora, un angolo cucina dotato di microonde, tazze e frigo, per idratarsi, una libreria con coperte e cuscini di materiali e consistenze diverse, per trovare il proprio comfort, e un tappeto soffice per stare a piedi nudi o sdraiarsi a terra; infine, un wall paper per andare oltre lo spazio chiuso, senza perdere il senso di protezione e calma.

Un’iniziativa del genere è importante proprio per aiutare a prendere coscienza rispetto a quella che, lo abbiamo detto, è una malattia invalidante a tutti gli effetti, non un semplice “capriccio” da parte di chi ne soffre.

Che cos’è l’emicrania

Fonte: web

Parliamo di una malattia neurologica, caratterizzata da episodi ricorrenti di cefalea con un’intensità che spazia da moderata a grave. Tra i sintomi, ci sono il dolore, tipicamente pulsante, ma anche nausea, vomito, ipersensibilità a luce, suoni e odori.

L’emicrania si manifesta attraverso quattro fasi distinte:

  • il prodromo, ovvero i segnali che ci “avvisano” dell’approssimarsi dell’emicrania: alcuni esempi,  il desiderio di dolci, le variazioni dell’umore, la sensazione di sete e di rigidità del collo.
  • l’aura, i disturbi neurologici reversibili, tipicamente visivi: ad esempio l’apparizione di luci lampeggianti, linee a zig zag o una temporanea perdita della vista.
  • la fase di cefalea: parliamo dell’attacco di emicrania vero e proprio, che può durare dalle 4 alle 72 ore.
  • il postdromo: la fase finale in cui alcune persone manifestano i sintomi simili a un post sbornia, con scarsa concentrazione e annebbiamento della mente.

Quante persone colpisce

L’emicrania colpisce 1 persona su 10 in tutto il mondo e di questi il 90% dichiara di non essere in grado di lavorare o di svolgere le normali attività quotidiane quando ha un attacco. Il 51% dei pazienti manifesta una riduzione del 50% della produttività scolastica o lavorativa, perdendo il 10% di giornate lavorative a causa degli attacchi di mal di testa. In Italia ne soffrono circa 10 milioni di persone.

Ma l’emicrania è anche una malattia di genere, almeno per quanto riguarda il nostro paese, come emerge da uno studio del Cergas Bocconi, in cui a soffrirne maggiormente sarebbero le donne (4 milioni di donne rispetto a 2 milioni di uomini).

Le donne sono anche coloro che perdono più giorni di lavoro (16,8 l’anno contro i 13,6 dei maschi) e giornate di vita sociale (26,4 contro 20), ma anche le stesse più soggette al cosiddetto “presentismo”, ovvero alle giornate in cui si presentano al lavoro in condizioni di disagio (51,6 giorni contro 35,6).

Colpa anche di un reddito inferiore rispetto ai colleghi maschi, però, spendono meno in diagnosi e cura (1.132 euro l’anno contro 1.824) e, chiaramente, proprio in virtù del presentismo riportano una perdita di redditività minore. I motivi li ha spiegati a Vanity Fair Rosanna Tarricone, associate dean della SDA Bocconi e responsabile scientifico del progetto: “Le donne sembrano essere vittime dei numerosi e fondamentali ruoli che ricoprono a livello sociale. Soffrono di emicrania più degli uomini, ma non possono concedersi il privilegio di assentarsi dal posto di lavoro o accantonare le tradizionali mansioni domestiche. Per di più, avendo un reddito mediamente inferiore a quello degli uomini, le donne rinunciano a effettuare visite ed esami, acquistare farmaci non dispensati dal Sistema sanitario nazionale, sottoporsi a trattamenti non medici e ricevere assistenza formale”.

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